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Decadenza Maya: il clima ci mise lo zampino

Che cosa ha portato all'estinzione della civiltà Maya? Colpa dei cambiamenti climatici. Non è una battuta, ma il risultato di uno studio internazionale che ha unito climatologi e archeologi.
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Che cosa ha portato all'estinzione della civiltà Maya? Colpa dei cambiamenti climatici. Non è una battuta, ma il risultato di uno studio internazionale che ha unito climatologi e archeologi.

Non c’è dubbio che, negli ultimi anni, si sia fatto un gran (stra)parlare del calendario Maya e del suo presunto significato catastrofico. Ma mentre tutto il mondo si chiedeva se davvero il prossimo 21 dicembre segnerà la fine della nostra civiltà, c’è chi invece ha deciso di studiare una reale catastrofe: quella che ha causato l’improvvisa scomparsa della civiltà Maya. I risultati di uno studio pubblicato di recente sulla rivista Science mostrano come alla base della decadenza di questa civiltà ci sia stato un repentino sconvolgimento climatico.
 

Estensione della civiltà Maya (linea rossa) e confronto con le altre culture del Mesoamerica (in nero) (Immagine: Wikimedia Commons)

 
Civiltà Maya: una scomparsa troppo improvvisa
Per molto tempo antropologi ed archeologi si sono chiesti che cosa abbia provocato la velocissima decadenza della civiltà Maya. Spesso si parla di “scomparsa”, ma si tratta di un termine non del tutto preciso, visto che discendenti del popolo Maya vivono ancora oggi in Centro America. Allo stesso tempo, però, il termine “scomparsa” rende bene l’idea della veloce inversione di fortuna che nel giro di pochi secoli ha portato la civiltà Maya a disperdersi.
Un cambiamento tanto repentino da far ipotizzare un qualche evento catastrofico alla sua base. Un’eruzione vulcanica, un terremoto o un’epidemia devastante: gli esperti di Maya non hanno escluso nessuna possibilità, ma forse nessuno avrebbe mai pensato che a far scomparire una civiltà tanto evoluta e culturalmente raffinata fossero stati improvvisi cambiamenti climatici.
 
La scomparsa dei Maya: lo zampino dei cambiamenti climatici
Per capire se il clima abbia giocato un ruolo nella fine della civiltà Maya, un team di ricercatori internazionali si è concentrato su reperti archeologici molto particolari: le stalagmiti presenti sul pavimento di una grotta nei pressi dell’antica città di Uxbenka (nel Sud dell’attuale Belize).
Le stalagmiti, raccogliendo le gocce d’acqua miste a minerali che gocciolano dal tetto di una grotta, tendono a crescere di più negli anni più piovosi e rappresentano così un'affidabile testimonianza delle precipitazioni in una certa area nel corso del tempo. Per carpire questi segreti alle stalagmiti, è necessario prima sezionarle, datarle con il metodo dell’uranio-torio e infine misurarne il contenuto in isotopi dell’ossigeno, la cui presenza nelle stalagmiti è direttamente correlata alla quantità di pioggia caduta. Analizzando le stalagmiti della caverna di Uxbenka, gli archeologi hanno rinvenuto un esemplare con fluttuazioni nella crescita che risalgono fino a duemila anni fa!
 

Stalagmiti sul fondo di una caverna: raccogliendo le gocce di acqua mista a minerali che sgocciolano dal soffitto della grotta, le stalagmiti rappresentano un affidabile record delle precipitazioni avvenute in una certa zona geografica nel corso dei secoli. (Foto;: Wikimedia Commons)

 
Le stalagmiti della caverna di Uxbenka mostrano che il maggior periodo di sviluppo della civiltà Maya (tra il 300 e il 600 AC) si ebbe proprio in corrispondenza di periodi in cui le precipitazioni erano particolarmente generose nella zona, rendendo i terreni fertili e produttivi. Ma qualcosa poi cambiò drasticamente: le stalagmiti analizzate indicano che tra il 1020 e il 1100 AC la regione attraversò quello che costituisce il più intenso periodo di siccità degli ultimi duemila anni. L’improvviso impoverimento delle colture e il prolungarsi della siccità causarono carestie. I superstiti migrarono, disperdendosi verso le regioni costiere e abbandonando per sempre le meravigliose città di pietra di cui erano stati i geniali artefici: città che vennero rapidamente fagocitate dalla giungla circostante, decretando di fatto la fine della civiltà Maya. Quando gli spagnoli arrivarono in Centro America nel XVI secolo, trovarono una popolazione già decimata del 90%.
 
Maya: artefici della propria fine?
Niente cataclismi improvvisi, quindi. A decretare la fine della civiltà Maya fu il concorrere di più cause: sovrappopolazione, siccità, carestie e cambiamenti climatici. Secondo quanto riportato dagli studiosi, i cambiamenti climatici che portarono allo stravolgimento del clima nel Centro America potrebbero in parte essere dovuti all’attività dei Maya stessi. Come evidenziato dal climatologo della NASA Benjamin I. Cook, «Decine di milioni di persone vivevano in quell’area» e la continua ricerca di terreni coltivabili, così come la costruzione di città, andava a scapito della foresta.
«La deforestazione», continua Cook, «ridusse il flusso di umidità dal terreno all’atmosfera, interrompendo il naturale ciclo della pioggia e causando di conseguenza una riduzione nelle precipitazioni».
 
Per sapere se davvero i Maya sapessero leggere il futuro non rimane che aspettare il 21 dicembre. Ma forse questa grande civiltà ci ha lasciato qualcosa in più di una presunta profezia: ci ha lasciato le tracce del proprio passato, un monito a non sottovalutare le risposte del nostro ambiente alle trasformazioni cui continuamente l’attività dell’uomo lo costringe. Ascoltare il nostro ecosistema e impararne a leggere i cambiamenti prima che sia troppo tardi. Forse è questa la vera profezia dei Maya.

Per chi volesse scoprire qualcosa in più sulla civiltà Maya, o semplicemente mettere alla prova le proprie conoscenze in materia, il sito di National Geographic mette a disposizione un quiz (in inglese) sulla religione, la lingua, le abitudini alimentari e la cultura estetica dei Maya.

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