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Nuovi indizi sull’evoluzione dell'intelligenza umana

Come si siano evolute capacità cognitive e intelligenza è uno dei quesiti più intriganti delle neuroscienze. Due nuovi studi hanno individuato alcuni dei responsabili: si tratta dei geni post-sinaptici.
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Come si siano evolute capacità cognitive e intelligenza è uno dei quesiti più intriganti delle neuroscienze. Due nuovi studi hanno individuato alcuni dei responsabili: si tratta dei geni post-sinaptici.

Come si siano evolute e sviluppate le capacità cognitive è da sempre uno dei quesiti più intriganti per chi si occupa di neuroscienze. L’apprendimento di nuove capacità, l’attenzione, la capacità di eseguire determinate operazioni sono tutte caratteristiche per le quali finora è stato difficile ripercorrere a ritroso il percorso evolutivo. Due studi pubblicati fianco a fianco sulle pagine della rivista Nature Neuroscience aiutano finalmente a districare in parte questo groviglio di domande, individuando nei geni post-sinaptici uno dei punti chiave dell’evoluzione dell’intelligenza.

L'intelligenza umana: una varietà di funzioni cognitive il cui sviluppo iniziò cinquecentocinquanta milioni di anni fa. (Immagine: Wikimedia Commons)

Cos’è l’intelligenza?
Definire cosa sia l’intelligenza non è cosa semplice, soprattutto perché a questo termine possono venire attribuiti significati diversi a seconda del contesto. Dal punto di vista delle neuroscienze, la parola intelligenza abbraccia una serie molto varia di funzioni cognitive, che vanno dalla capacità di rispondere in modo congruo all’ambiente esterno all’apprendimento, dalla comprensione al pensiero astratto. Nonostante in tutti gli animali si riscontrino capacità cognitive basilari (come l’attenzione, la percezione degli stimoli ambientali o semplici forme di apprendimento), la specie umana si differenzia per la maggiore ricchezza e varietà di funzioni cognitive.
Dal punto di vista evolutivo, questo repertorio più ampio e più complesso si traduce in una maggiore capacità di adattamento dell’uomo rispetto alle altre specie. Ma quali sono gli elementi che, dal punto genetico ed evolutivo, hanno portato l’intelligenza umana ad un simile sviluppo?

Duplicazione e diversificazione: le parole d’ordine per un miglioramento dell’intelligenza
Stando ai risultati delle indagini condotte dai ricercatori dell’Università di Edimburgo, il viaggio dell’intelligenza umana ebbe inizio qualcosa come cinquecentocinquanta milioni di anni fa. A quel tempo, un nostro antenato del gruppo dei vertebrati ebbe, geneticamente parlando, un incidente: il gene codificante per una proteina post-sinaptica si duplicò, generando una copia in più di se stesso. Da allora il processo si è ripetuto diverse volte e ogni volta la funzione del nuovo gene si diversificava un po’ da quella del gene originario: nel corso di tempi evolutivi, questo ha generato un intero repertorio di geni in grado conferire versatilità alle funzioni neuronali, regalando così all’uno una ricchezza cognitiva senza precedenti.

Questo è stato possibile perché i geni in questione sono alla base della trasmissione del segnale sinaptico, quello che permette di trasferire l’informazione da un neurone all’atro creando l’immensa rete di connessioni su cui poggia il nostro cervello. L’analisi dei ricercatori mostra che questa famiglia di geni (chiamati Dlg) è coinvolta nella maggior parte delle capacità cognitive, nei topi come nell’uomo. A regolare in modo più o meno fine un certo comportamento sarebbe quindi il diverso assortimento e la combinazione dei diversi geni Dlg nelle diverse specie.

 

Le funzioni cerebrali dell'uomo sono il risultato di un lungo percorso evolutivo che ha portato al progressivo arricchimento delle funzioni post-sinaptiche (Foto: Wikimedia Commons)


Malattie mentali: l’altra faccia della medaglia

Capire quale percorso abbia seguito l’evoluzione dell’intelligenza umana è però solo uno degli aspetti di questa ricerca. Come sottolineato da John Williams, uno dei fondatori del progetto, «questo tipo di indagine ha implicazioni importanti anche sulla comprensione di certi disordini psichiatrici e quindi sullo sviluppo di nuove terapie».

Gli stessi geni che hanno reso possibile, nel corso dell’evoluzione, il miglioramento progressivo delle nostre capacità mentali potrebbero quindi essere coinvolti anche in diversi disordini neurologici. Nelle parole di Seth Grant, leader del gruppo di ricerca impegnato nello studio, il concetto si può riassumere così: «il prezzo da pagare per un’intelligenza più sviluppata e per risposte comportamentali più complesse è un aumento delle malattie mentali».

Un simile commento va ovviamente interpretato in termini evolutivi e in riferimento alla specie nel suo complesso, non certamente al singolo individuo. Una specie – come quella umana – in cui l’ampia varietà di funzioni cognitive è il risultato di un aumento nel numero di geni preposti a controllare la nostra intelligenza, aumenta purtroppo anche la probabilità che uno di questi geni sia bersaglio di una mutazione. Mutazione che, in alcuni casi, può portare allo sviluppo di disturbi psichici. Ad esempio, la mutazione di alcuni geni post-sinaptici è stata riscontrata in persone affette da schizofrenia, fornendo un appiglio genetico per chi da anni è alla ricerca di soluzioni terapeutiche efficaci per questi pazienti.

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