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Non solo ROS per gli antibiotici

Tutte le classi di antibiotici hanno un meccanismo d'azione similare che passa per la produzione di specie reattive dell'ossigeno (ROS)? Fino a una recente ricerca su Science sembrava fosse così. Ora si riapre il dibattito.
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Gli antibiotici vengono usati da oltre 70 anni, ma i loro meccanismi d’azione restano per molti aspetti sconosciuti. Una ricerca pubblicata su Science aiuta a far luce, smentendo i risultati di molti studi recenti che parlavano di un meccanismo d'azione comune che implicava la produzione di specie reattive dell'ossigeno (ROS).

Il progresso scientifico, com’è noto, si fonda su nuove ipotesi, teorie e scoperte che sfidano le precedenti idee su un particolare argomento. Questo vale anche per la microbiologia, la branca della biologia che studia i microrganismi. Le sue conoscenze sono fondamentali in campo medico e farmacologico, per il controllo delle infezioni batteriche. Non stupisce, quindi, che molti ricercatori siano pronti a metterle in discussione, rischiando a volte di prendere qualche granchio.

Vecchie conoscenze... tutte da comprendere
Gli antibiotici sono in commercio dal 1941 – il primo fu la penicillina, scoperta casualmente da Alexander Fleming nel 1928 – e i loro effetti letali su specifici bersagli batterici sono ben noti. Vengono suddivisi in varie classi, a seconda della struttura o del meccanismo cellulare su cui agiscono: alcuni, come la penicillina, impediscono la formazione della parete cellulare; altri attaccano la membrana plasmatica; altri ancora interferiscono con la sintesi delle proteine - per esempio con la traduzione o l’allungamento della catena  peptidica - o degli acidi nucleici; infine alcuni interferiscono con il metabolismo energetico.  

Per la scoperta del primo antibiotico, la penicillina, Alexander Fleming ricevette il Nobel per la medicina nel 1945 (Immagine: Wikimedia Commons)

Se il target è quasi sempre conosciuto, le risposte cellulari che gli antibiotici sono in grado di innescare sono ancora oggetto di dibattito negli ambienti scientifici. Negli ultimi anni, per esempio, si è venuto accumulando un corpo di pubblicazioni che mettevano in discussione tutte le conoscenze acquisite su come gli antibiotici uccidessero i batteri. In particolare, alcune ricerche sembravano suggerire che funzionassero tutti allo stesso modo, inducendo le cellule batteriche a produrre composti tossici chiamati specie reattive dell’ossigeno, o ROS. I ROS comprendono l'anione superossido O2-, il perossido d’idrogeno H2O2 e il radicale ossidrilico •OH e sono tra i più comuni radicali liberi, atomi o molecole molto reattivi grazie alla presenza un elettrone spaiato. 

Una delle principali sfide dei ricercatori che lavorano alla Northeastern University di Boston è l'identificarzione di pro-farmaci, antibiotici che non hanno una propria attività , ma vengono convertiti in composti reattivi da specifici enzimi di una cellula batterica (Immagine: Northeastern University) 


Un esperimento illuminante

Un recente articolo pubblicato su Science, tuttavia, rivela che non tutti gli antibiotici sono uguali, agendo piuttosto da killer superspecializzati. Gli autori Kim Lewis, professore di biologia e direttore dell’Antimicrobial Discovery Center, presso la Northeastern University di Boston, e Iris Keren, ricercatrice nel laboratorio di Lewis, non hanno dubbi: i sostenitori di un meccanismo d’azione comune basato sui ROS si sbagliano. «Se avessero avuto ragione, sarebbe stato un risultato importante che avrebbe potuto cambiare il nostro modo di curare i pazienti», ha detto la Keren. Ma la ricerca su Science dimostra che anche i batteri incapaci di produrre ROS restano vulnerabili agli antibiotici. Inoltre, alcuni di essi svolgono la loro azione letale in condizioni sia aerobiche sia anaerobiche, mentre le specie reattive dell’ossigeno, ovviamente, possono formarsi solo in presenza di questo gas.
 

Il professor Kim Lewis nel suo laboratorio (Immagine: Mary Knox Merrill)

«Abbiamo allestito l’esperimento più semplice e più mirato in grado di falsificare questa ipotesi», spiega Lewis. Il suo team ha infatti trattato colture batteriche con antibiotici, sia in presenza che in assenza di ossigeno. A parte il diverso ambiente gassoso, i due trattamenti erano identici, così come i risultati: la morte cellulare nelle due popolazioni era la stessa. Prima di effettuare questi esperimenti, il team di Lewis ha studiato i segnali di un colorante fluorescente, che altri ricercatori avevano utilizzato in precedenza come indicatore per i livelli di ROS.

Quindi le cellule batteriche sono state sottoposte a una varietà di antibiotici ed è stata misurata la forza di questo segnale. Se, come si presumeva, gli antibiotici fossero stati capaci di incrementare i livelli di ROS, allora un aumento delle concentrazioni di antibiotici avrebbe dovuto essere associato a segnali più forti. I ricercatori, però, non hanno registrato alcuna correlazione. Per essere sicuri di avere in mano dati inequivocabili, hanno perfino separato fisicamente le cellule con forti segnali fluorescenti da quelle con segnali deboli e le hanno trattate entrambe con gli stessi antibiotici: anche in questo caso, non vi era differenza nella mortalità cellulare. 
 

Lo Stafilococco aureo resistente alla meticillina (MRSA) è un tipico esempio di resistenza batterica agli antibiotici, un fenomeno in allarmante crescita (Immagine: Wikimedia Commons)

A quanto pare, dobbiamo rassegnarci a una constatazione poco rassicurante: le risposte dei batteri sono molto più complesse di quanto ci piacerebbe pensare e coinvolgono probabilmente diverse vie genetiche e metaboliche. I risultati, confermati da un’altra ricerca dell’Università dell’Illinois, sono piuttosto inequivocabili, ma resta il mistero di come molti farmaci riescano a sbaragliare i batteri sconfiggendo le infezioni. Un problema di enorme importanza, visto il preoccupante aumento del fenomeno della resistenza, in seguito all’abuso di antibiotici. Gli autori dello studio sperano che i loro risultati aiutino i ricercatori a concentrare i propri sforzi sui veri meccanismi d’azione e su possibili talloni d'Achille dei batteri.

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