Il gatto domestico si è separato da quello selvatico (nella foto) in tempi relativamente recenti. Il confronto tra i loro genomi rivela però alcune differenze significative (immagine: Wikimedia Commons)
Soprattutto l’offerta di una ricompensa in cibo, considerata una molla della domesticazione, potrebbe avere motivato i mici a reprimere la loro indole solitaria. In cambio, gli umani hanno acquisito preziosi alleati per controllare i topi che devastavano le loro scorte di cibo.
Il cat genome project
Il progetto di sequenziamento del genoma del gatto, finanziato dal National Human Genome Research Institute, è partito nel 2007. L’obiettivo iniziale del progetto era quello di studiare le malattie ereditarie nei gatti domestici, alcune delle quali affliggono anche gli umani, tra cui disturbi neurologici e malattie infettive e metaboliche.
Sono stati scelti gatti di razza per meglio rintracciare caratteristiche della domesticazione come colore e lunghezza del pelo, forma del muso e docilità. Un genoma analizzato appartiene a una femmina di gatto Abissino chiamata Cinnamon (Cannella). Questa razza è stata scelta in quanto la sua genealogia può essere ricostruita per molte generazioni ed è inoltre afflitta da una malattia degenerativa degli occhi che i ricercatori volevano studiare.
Il team ha esaminato anche il gatto Birmano, dai tipici piedi bianchi. Questa caratteristica dipende da due piccole variazioni in un gene associato al colore del pelo, ed è stata acquisita in tempi molto rapidi grazie alla selezione operata dagli allevatori.
Tutti i gatti birmani hanno piedi con dita bianche, un carattere dovuto a due piccole varianti genetiche favorite dalla selezione artificiale (immagine: Wikimedia Commons)