Il lancio del razzo TEXUS-49 dall’Esrange Space Center di Kiruna, nel nord della Svezia (immagine: Adrian Mettauer)
Un esperimento nato per caso
DARE (DNA atmospheric re-entry experiment), come è stato chiamato l’esperimento, è frutto di un’idea spontanea dei ricercatori dell'Università di Zurigo. Durante i preparativi di una precedente missione del 2011, finalizzata a studiare il ruolo della gravità nella regolazione dell’espressione genica di cellule umane, stavano installando un hardware telecomandato a bordo del razzo TEXUS-49. A un certo punto si sono chiesti se la struttura esterna del razzo potesse essere adatta anche per prove di stabilità sulle cosiddette biosignatures (firme biologiche), molecole che possono dimostrare l’esistenza di vita extraterrestre passata o presente.
Un video che mostra il razzo scientifico TEXUS-49 e il suo lancio dallo Esrange Space Center in occasione di un precedente esperimento del 2011 (fonte: Youtube).
DNA estremo
Non solo i 1000 gradi raggiunti dalla fusoliera al rientro in atmosfera non sono bastati a grigliare il DNA, ma buona parte di quello recuperato era ancora in grado di trasferire le informazioni genetiche di cellule batteriche e del tessuto connettivo. «Questo studio fornisce la prova sperimentale che le informazioni genetiche del DNA sono essenzialmente in grado di sopravvivere alle condizioni estreme dello spazio e del rientro nella densa atmosfera terrestre», ha dichiarato il professor Oliver Ullrich dell’Istituto di Anatomia dell’Università di Zurigo, che ha guidato l’esperimento.
I ricercatori dell'Università di Zurigo recuperano con una pipetta il DNA dalla fusoliera del razzo dopo il volo spaziale (immagine: Adrian Mettauer)
DNA intergalattico?
Diversi scienziati ritengono che il DNA potrebbe certamente raggiungerci dallo spazio dal momento che la Terra non è isolata: ogni giorno circa 100 tonnellate di materiale extraterrestre fatto di polvere e meteoriti colpiscono il nostro pianeta. Il nuovo studio, pubblicato su PLOS ONE, dimostra che il DNA può resistere alle condizioni più estreme come quelle di un viaggio nello spazio. E fornisce una base scientifica alla cosiddetta teoria della panspermia, la propagazione della vita grazie a molecole organiche sparse nell'Universo.
Contaminazione: un rischio concreto
Questa insospettata stabilità della molecola della vita avrà di sicuro un profondo impatto sulla ricerca di vita extraterrestre: «I risultati dimostrano che non è affatto improbabile che, nonostante tutte le precauzioni di sicurezza, le navi spaziali possano trasportare DNA terrestre al loro sito di atterraggio. Dobbiamo avere la situazione sotto controllo per la ricerca di vita extraterrestre», sottolinea Ullrich.
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