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Il minerale più abbondante della Terra ha finalmente un nome

Un antico meteorite e i raggi X ad alta energia hanno aiutato gli scienziati a identificare e caratterizzare la bridgmanite, il minerale più abbondante della Terra.
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Il nome non è propriamente dei più pronunciabili, ma bridgmanite è quello scelto per il minerale più abbondante della Terra. Dopo 50 anni di speculazioni e tentativi infruttuosi, un team di scienziati guidati da Oliver Tschauner, mineralogista dell’Università di Las Vegas, negli Stati Uniti, è riuscito nell’impresa di caratterizzarlo e di definire i vincoli per la sua formazione. Comunissima, ma sfuggente La bridgmanite, chiamata così in onore di Percy Bridgman, pioniere della ricerca sulle alte pressioni, è un silicato di ferro e magnesio ad alta densità. Per decenni gli scienziati hanno ipotizzato che la perovskite densa, un altro nome con cui è conosciuta, costituisse il 38 per cento del volume della Terra. Ma il minerale rimane stabile solo sotto i 660 kilometri di profondità, a pressioni superiori a 230 kbar. Quando viene portato in superficie, le pressioni più basse trasformano nuovamente la bridgmanite in minerali meno densi. Per questo motivo, nonostante la sua abbondanza, nessuno finora è stato in grado di testare e dimostrare la sua esistenza - un requisito necessario per ottenere un nome dall’International Mineralogical Association. Prima di questo studio, pubblicato su Science, la conoscenza sulle proprietà della bridgmanite si è basata solo su campioni sintetici. Meteoriti rivelatori Per fortuna gli scienziati hanno a disposizione anche una rara fonte naturale di questo minerale: i meteoriti. Lo shock da compressione che si verifica durante le collisioni di asteroidi nel sistema solare crea le stesse condizioni estreme della Terra profonda - circa 2.100 gradi Celsius e pressioni di circa 240.000 volte superiori a quella dell’aria a livello del mare.
Il meteorite Tenham, precipitato in Australia nel 1879 (immagine: Wikimedia Commons)
Lo shock si verifica abbastanza velocemente da impedire la degradazione della bridgmanite che avviene a pressione inferiore, e la bridgmanite resta “congelata” all’interno di vene di fusione create dall’urto. Test precedenti eseguiti su meteoriti utilizzando la microscopia elettronica a trasmissione avevano causato danni da radiazioni ai campioni e avevano quindi fornito risultati incompleti.
Una sezione del meteorite Tenham, in cui è stata identificata e caratterizzata la bridgamanite. Il minerale si è formato ed è rimasto intrappolato nelle vene scure in seguito al violento impatto della collisione (immagine: Tschauneret et al, Science)
L’analisi ai raggi x Il team di Tschauner ha quindi deciso di tentare una nuova tattica: raggi X micro-focalizzati non distruttivi per l’analisi di diffrazione e nuove tecniche di rivelazione con l’Advanced Photon Source, uno strumento situato presso l’Argonne National Laboratory del Dipartimento dell’Energia americano. I ricercatori hanno sfruttato l’alta energia e l’intensa brillantezza dei raggi X per svelare i segreti del meteorite Tenham, che si è schiantato in Australia nel 1879, praticamente senza causare danni. I granuli di bridgmanite sono rari nel meteorite Tenham, e sono più piccoli di 1 micrometro di diametro. Così il team ha dovuto utilizzare un fascio fortemente focalizzato e condurre una mappatura di diffrazione ad alta risoluzione per identificare un aggregato di bridgmanite e condurre un’analisi strutturale e compositiva. Questo primo esemplare naturale di bridgmanite ha rivelato alcune sorprese: contiene infatti una quantità inaspettatamente alta di ferro ferrico e di sodio rispetto ai campioni sintetici. Le informazioni ottenute non solo consentiranno di riempire una lacuna mineralogica, ma anche di comprendere meglio la struttura interna della Terra e il modo in cui gli elementi e il flusso di calore attraversano il mantello terrestre.   Immagine banner in evidenza: Wikimedia Commons Immagine box in homepage: Science
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