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Come funziona un geyser?

Anni di esperimenti tra il Parco di Yellowstone e il deserto di Atacama cominciano a rivelare il funzionamento di questi spettacoli della natura.
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Ogni documentario sul Parco di Yellostone, negli Stati Uniti, deve per forza fare tappa a The Old Faithful, il geyser del Wyoming celebre per il suo comportamento matematicamente prevedibile: se l'eruzione precedente è durata meno di di 2 minuti e mezzo, allora quella successiva avverrà dopo 65 minuti; se invece è durata più di 2,5 minuti, allora si può essere certi che la prossima eruzione avverrà in 91 minuti. Eppure queste icone della natura selvaggia sono tanto appariscenti quanto scarsamente comprese: dopo 200 anni di studi e poco meno di 1000 geyser descritti, nessuno sa di preciso come funzionano. Oggi, grazie al lavoro di un gruppo geofisici guidati dal professor Michael Manga (University of California a Berkeley), le cose stanno cominciando a cambiare. Da Bunsen a oggi I ricercatori hanno lavorato per anni sui geyser di Yellostone (che ospita la metà di quelli conosciuti) e su quelli del deserto di Atacama, in Cile. Gli scienziati hanno cominciato a misurare non solo le condizioni di temperatura e pressione, cioè i due principali parametri che guidano l'eruzione dei geyser, ma hanno anche raccolto raccolto dati fondamentali sulla forma dei condotti sotterranei. Quando possibile, hanno mandato in esplorazione delle telecamere, e grazie a sismometri e inclinometri sono riusciti a capire meglio cosa accade nel sottosuolo durante un'eruzione. Dopo migliaia di misurazioni, cominciava a emergere uno schema: i dati raccolti sembrano accordarsi con le intuizioni di Robert Bunsen (sì, quello del famoso bruciatore da laboratorio), che fu tra i primi a studiare i geyser islandesi misurando, secondo i limiti dell'epoca, la temperatura e la pressione.
Un geologo infila un termometro nel condotto di un geyser in Cile (Immagine: Michael Manga via UC Berkeley Newscenter)
La teoria di Bunsen era che vicino alla superficie la colonna d'acqua cominciasse a bollire: questo avrebbe abbassato la pressione sulle masse d'acqua sottostanti, che sarebbero bollite a loro volta, e così via per tutta la colonna causando l'eruzione. Quello che Bunsen non aveva immaginato era invece il contributo determinate delle cavità laterali nel condotto: il vapore si accumula in queste camere, e quando comincia a fuggire verso la superficie sarebbe in grado di trasferire il calore alla sommità della colonna d'acqua scatenando l'ebollizione e quindi l'eruzione. Dopo è necessario un certo tempo perché siano di nuovo raggiunte tutte le condizioni minime per una nuova eruzione, e questo determina la periodicità.
Le quattro fasi dell'eruzione identificate dagli studiosi sul geyser El Jefe, nel deserto di Atacama. I pallini blu indicano il vapore, che dopo aver riempito la cavità laterale tende a sfuggire verso la superficie innescano l'eruzione nel condotto principale. Immagine: Carolina Munoz-Saez et al., Journal of Volcanology and Geothermal Research (2015)
Un geyser in laboratorio Dopo Yellostone, dove sono consentite solamente misure esterne, gli scienziati hanno studiato in particolare un geyser, da loro soprannominato "El Jefe", che si trova nel campo geotermico El Tatio, in Cile. Lo scorso mese, dopo quasi tre anni di lavoro sulle misurazioni, hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista Journal of Volcanology and Geothermal Research. Ma se questi dati raccolti nel 2012 cominciano ad avere un senso, lo si deve anche a un ingegnoso modello costruito dagli studenti del professor Manga per testare l'idea che fosse una cavità laterale identificata nel condotto di The Old Faithful a determinarne il comportamento. Questo modello, infatti, riproduce molto bene il comportamento del più famoso geyser del mondo, anche se non è altrettanto prevedibile. I geyser, insomma, cominciano a rivelare i loro segreti ma c'è ancora tanto da scoprire e il prossimo autunno il team di Manga sarà di nuovo nel parco di Yellowstone con una grande quantità di strumenti scientifici al seguito. Lo scienziato ha dichiarato: «Uno dei nostri obiettivi è capire perché i geyser esistono, cioè perché non abbiamo solamente delle sorgenti calde, e quali condizioni influiscono sulle modalità delle loro eruzioni, inclusi il tempo atmosferico e i terremoti».
Immagine in apertura: una veduta del campo geotermico di El Tatio, foto di Simon Prisner, Pubblico Dominio via Wikimedia Commons Immagine box: Michael Manga via UC Berkeley Newscenter
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Geyser El Tatio

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