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Una nuova arma contro le specie aliene

Un nuovo studio basato su dati genetici fornisce un utile strumento per determinare modi e tempi delle colonizzazioni da parte di specie invasive. Comprendere le dinamiche delle invasioni è fondamentale per contrastarle.
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Le invasioni biologiche di specie aliene, o meglio alloctone, possono avere conseguenze drammatiche sull’ambiente. In tutto il mondo, decine di piante e animali sono stati introdotti volontariamente o accidentalmente nel corso dei secoli, e specialmente negli ultimi tempi, vista la facilità dei trasporti. Alcuni sono diventati invasivi, portando all’estinzione molte specie native, e causando danni incalcolabili all’economia locale. L'aiuto della genetica Ora un nuovo studio pubblicato sulla rivista Heredity fornisce un nuovo strumento per contrastare questi flagelli. Ricercatori dell’Università di Ferrara e del National Institute for Mathematical and Biological Synthesis (NIMBioS) hanno messo a punto un metodo, basato su dati genetici, per ottenere preziose informazioni su tempi e modi di queste colonizzazioni indesiderate. Invasioni a onde Il nuovo metodo è in grado di distinguere le diverse ondate di una singola invasione biologica. Questo aspetto è fondamentale perché la maggior parte degli studi precedenti ha esaminato seconde ondate provenienti da aree geograficamente diverse e da fonti genetiche separate, sostenendo che fosse impossibile distinguere ondate multiple aventi la stessa origine. Ma il nuovo studio dimostra il contrario.
Lo scoiattolo grigio nordamericano (Sciurus carolinensis), illustrato anche nell'immagine del banner, è una specie aliena invasiva che ha provocato l'estinzione di molte popolazioni locali di scoiattolo rosso europeo (immagine: Wikimedia Commons)
Modi e tempi della colonizzazione Simulando un gran numero di situazioni invasive, i ricercatori sono riusciti a distinguere con successo le invasioni caratterizzate da una o due ondate, stimando correttamente il numero di individui introdotti e in una certa misura perfino i tempi delle introduzioni. Per esempio il metodo è stato testato sull’introduzione di bombi in Nuova Zelanda, di cui esistono documenti che accertano due spedizioni nel 1885 e nel 1906. I risultati hanno suggerito che una di queste introduzioni è fallita, mentre l’altra ha avuto fin troppo successo, trasformando i bombi in una specie invasiva.
Un bombo europeo (Bombus terrestris) ripreso nel santuario del Monte Tutu, in Nuova Zelanda. La specie è stata introdotta sull'isola all'inizio del secolo scorso (fonte: YouTube)
Conoscere per contrastare Distinguere tra colonizzazioni di una, due o più ondate potrebbe aiutare a comprendere l’ecologia delle invasioni biologiche, per esempio il motivo per cui molte specie non indigene impiegano così tanto tempo prima di aumentare rapidamente di numero. Informazioni preziose per chi si occupa della gestione e del controllo degli invasori. Sorvegliati speciali Nel caso in cui le seconde ondate risultassero la norma, per esempio, i gestori dovranno decidere se, come e quando isolare o eliminare piccole popolazioni introdotte, e non abbassare la guardia nei confronti di quelle che sembrano essersi stabilite senza arrecare troppi danni. Il rischio di nuove ondate incontrollabili, infatti, è sempre in agguato.   Immagine banner in evidenza: Wikimedia Commons Immagine box in homepage: Wikimedia Commons
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