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I neuroni che misurano tempi e distanze

Le cellule griglia, considerate il GPS interno presente nel nostro cervello, sono anche in grado di registrare le distanze percorse e il tempo impiegato per compiere uno spostamento.
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Nel nostro cervello esiste un complesso sistema di navigazione satellitare in grado non solo di registrare la posizione in cui ci troviamo ma anche di tenere conto della distanza percorsa e del tempo che abbiamo impiegato per spostarci da un punto all'altro. Sembra incredibile, ma a dimostrarlo è uno studio compiuto sui topi appena pubblicato sulla rivista Neuron . A fungere come un vero e proprio GPS nel nostro cervello sono le cellule griglia.  

Il GPS del cervello

Se vi sembra di averle già sentite nominare non vi sbagliate. Le cellule griglia, infatti, sono valse il premio Nobel per la Medicina a John O’Keefe, a May-Britt Moser e al marito Edvard I. Moser nel 2014. Si tratta di un particolare tipo di neurone localizzato in una regione denominata corteccia entorinale dell'ippocampo che si "attiva" quando viene percorso un certo tipo traiettoria. Gli studi compiuti  sui ratti dai coniugi Moser hanno dimostrato che, quando i ratti seguivano una certa traiettoria esagonale nello spazio, queste cellule erano in grado di "attivarsi" e registrare la posizione, fornendo un vero e proprio sistema di coordinate spaziali. Le cellule griglia, tuttavia, non fanno tutto da sole ma si avvalgono della preziosa collaborazione delle cellule di posizionamento, scoperte da O’Keefe. Presenti anch'esse nell'ippocampo, una vera e propria centralina di controllo del nostro satellite interno, sono in grado di attivarsi quando l'animale passa due volte attraverso lo stesso punto, creando una vera e propria mappa "mnemonica" dello spazio.

Le cellule griglia nella corteccia entorinale e le cellule di posizionamento nell'ippocampo formano un vero e proprio sistema di posizionamento del cervello, in grado di riconoscere la posizione e la direzione del movimento (Immagine: The Nobel Commitee for Physiology or Medicine).

Cronometro e contachilometri

Il nuovo studio pubblicato da Howard Eichenbaum e dai colleghi della Boston University aggiunge un tassello in più. Le cellule griglia dei topi, infatti, sono in grado non solo di registrare la posizione e la direzione del movimento ma anche la distanza percorsa e il tempo impiegato. Per dimostrarlo è stata analizzata l'attività delle cellule griglia nei topi impegnati a correre all'interno di una ruota per distanze ben precise o per tempi definiti, mantenendo come unica variabile la velocità della corsa (questo video mostra come è stato eseguito l'esperimento). Durante la corsa il 92% delle cellule griglia ha lanciato dei segnali in specifici momenti o distanze percorse. Circa la metà delle cellule griglia è risultata essere influenzata dal tempo. Ciò significa che, ad esempio, una cellula si è attivata dopo 8 secondi di corsa indipendentemente dalla velocità e dalla distanza percorsa. L'altra metà delle cellule griglia è stata influenzata dalla distanza (attivandosi ad esempio dopo 400 cm di corsa), senza curarsi di velocità e durata. Il 41% delle cellule, invece, è risultato influenzato sia dalla distanza che dal tempo. Questo significa che quando la posizione rimane costante e le cellule griglia non sono impegnate a registrare la posizione, queste posso codificare anche il tempo e lo spazio in assenza di input visivi. La visione dell'ambiente circostante per il topo che corre nella ruota non varia, infatti, e quindi non può essere usata dall'animale come sistema di orientamento.  

Verso la strada di casa

A cosa può servire un sistema di "navigazione" così sofisticato nel mondo animale? Ovviamente a trovare la strada verso il nido o la tana anche in assenza di input visivi, capacità che spesso permette di sopravvivere ed evitare i predatori. Nel caso in cui, invece, l'animale si trovasse in uno spazio aperto si è visto che gli input visivi possono modellare l'attività delle cellule griglia in modo da aumentare ancora di più l'accuratezza della rappresentazione spaziale dell'animale. Anche in questo caso, però, queste cellule tengono traccia del tempo e della distanza percorsa e si pensa che questo possa contribuire alla formazione della memoria delle esperienze vissute dall'animale. I risultati, infine, supportano l'ipotesi che la memoria si sia evoluta in modo comune in tutti i mammiferi utilizzando meccanismi che incasellano le esperienze nello spazio e nel tempo, creando così la trama dei nostri ricordi. Immagine box:  Tryfonov / Fotolia  Immagine banner: Flickr
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