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La storia nei ghiacci della Groenlandia

Due studi ripercorrono le fluttuazioni dei ghiacci della Groenlandia nel corso della storia: uno sguardo al passato per capire come potranno rispondere ai cambiamenti climatici del futuro
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Con una superficie ghiacciata grande quattro volte la California, la Groenlandia custodisce una quantità d'acqua tale da far potenzialmente innalzare il livello del mare di circa 7 metri, se tutti i suoi ghiacci dovessero sciogliersi. Capire quanto velocemente il processo di scioglimento dei ghiacci terrestri stia procedendo è diventato quindi di primaria importanza per immaginare gli scenari futuri e quale miglior metodo per fare previsioni sul futuro che guardare al passato? Lo hanno fatto due gruppi di ricercatori dell'Università del Vermont (USA) e della Columbia University (USA) che hanno pubblicato i propri risultati in due articoli apparsi sullo stesso numero della rivista Nature. Entrambi hanno analizzato, in modi diversi, i ghiacci della Groenlandia per capire come si siano evoluti nel tempo. Quella che ne esce è la fotografia di una terra ricoperta da oltre 7.5 milioni di anni da una calotta ghiacciata che, in almeno un punto, si è sciolta completamente almeno una volta nel corso della storia.  

Dai raggi cosmici informazioni sui ghiacci

Entrambi gli studi hanno hanno utilizzato una nuova tecnica, particolarmente utile negli studi paleogeologici. Parliamo della misurazione della quantità di due particolari isotopi radioattivi, il berillio-10 e l'alluminio-26 provenienti direttamente dallo spazio. La Terra, come qualunque altro corpo celeste, viene continuamente colpita dai raggi cosmici, particelle e nuclei atomici ad alta energia provenienti dallo spazio. Quando i raggi colpiscono le superfici terrestri esposte vengono prodotti dei radioisotopi che si possono trovare "intrappolati" all'interno delle superfici stesse anche a distanza di tempi incredibilmente lunghi e che, proprio per questo, vengono utilizzati nelle datazioni di fossili, rocce o reparti archeologici. Entrambi i gruppi di scienziati hanno usato proprio questa tecnica per capire quando e per quanto tempo le rocce della Groenlandia siano state esposte ai raggi cosmici e per quanto, invece, siano state ricoperte dai ghiacci.  

Risultati diversi, un unico quadro

Bierman e colleghi, dell'università del Vermont, hanno analizzato i sedimenti marini derivanti dall'erosione dei ghiacciai provenienti dalla zona est della Groenlandia. I risultati hanno confermato quanto già predetto dai modelli computerizzati: la zona orientale della Groenlandia è ricoperta dai ghiacci da almeno 7,5 milioni di anni, senza che questi si siano mai sciolti del tutto. Risulta chiaro, inoltre, che la fredda calotta che ricopre questa zona della Terra abbia tenuto e stia tutt'ora tenendo "traccia" dei cambiamenti climatici, espandendosi durante ogni glaciazione e vivendo, ora per la prima volta, uno scioglimento inusuale. Il secondo studio, guidato da Joerg Schaefer della Columbia University, si è focalizzato sull'analisi del letto roccioso di una particolare località nel mezzo dell'attuale calotta di ghiaccio, circa al centro dell'isola. L'analisi dei radioisotopi intrappolati nel quarzo di queste rocce ha rivelato uno scenario diverso dal primo. Sembra, infatti, che questa zona della Groenlandia sia stata libera dai ghiacci per almeno 280.000 anni durante la metà del Pleistocene, circa 1,1 milioni di anni fa.
I ricercatori al lavoro tra i ghiacci della Groenlandia. Immagine: Joshua Brown, University of Vermont
Nonostante si tratti di risultati apparentemente contrastanti, secondo gli stessi autori rappresentano due scenari perfettamente compatibili, in quanto potrebbero rappresentare le "fluttuazioni" subite nel corso dei millenni dai ghiacci dell'isola, sempre presenti nel "cuore" orientale ma passibili di mutamenti in risposta ai cambiamenti climatici nel resto della Groenlandia. Si tratta di due studi diversi che, insieme, possono dare delle prime precise informazioni su come una riserva di ghiaccio tanto importante abbia risposto ai cambiamenti climatici del passato e predire come potrebbe comportarsi in futuro.   -- Immagine box di apertura: Joshua Brown, University of Vermont Immagine banner in evidenza: Pixabay    
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