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Dialoghi intestinali: il ruolo del microbioma nella regolazione immunitaria

I ricercatori fanno luce per la prima volta sulle complesse interazioni che legano batteri intestinali, molte cellule del sistema immunitario e i geni espressi nell'intestino
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L’intestino umano ospita circa 100 miliardi di batteri, appartenenti a un numero di specie diverso compreso tra 250 e 500. Questa variegata comunità di microrganismi, nel complesso nota come microbioma, è fondamentale per la nostra salute. Tra le molte funzioni benefiche, favorisce la digestione di particolari alimenti, partecipa alla formazione delle feci, sintetizza alcune vitamine, ma soprattutto ci difende da alcune malattie. Stimola infatti il sistema immunitario quel tanto che basta a tenere sotto controllo i patogeni, ma allo stesso tempo frena la risposta immunitaria per evitare erronei attacchi contro il nostro stesso corpo.

 

Nell'intestino umano vivono centinaia di specie di batteri. Molte di queste sono utili, mentre altre possono provocare disturbi di varia natura. Nel complesso, il numero di cellule batteriche che forma il microbioma umano equivale circa a quello delle cellule corporee (Immagine: microbiomehq.com)  
Alterazioni nella composizione e nelle funzioni del microbioma sono state associate a molte patologie, dall’infiammazione cronica dell’intestino a gravi malattie autoimmuni, come la sclerosi multipla, l’artrite reumatoide, la malattia di Crohn e il diabete. Oltre al sistema immunitario, i microbi controllano anche l’espressione dei geni nell’intestino. In effetti, batteri, cellule immunitarie e geni dialogano costantemente fra loro. Finora però gli scienziati sono stati in grado di ascoltare solo piccoli pezzi di queste conversazioni, studiando l’influenza dei microbi su singole cellule immunitarie o su una manciata di geni.  

Un coro a tre voci

Ora, per la prima volta, scienziati dell’Harvard Medical School (HMS) sono riusciti a decifrare l’intero dialogo a tre, unendo le competenze di microbiologi, immunologi e genetisti. I risultati dei loro esperimenti, pubblicati sulla rivista Cell, offrono il modello più completo finora realizzato delle complesse interazioni a livello dell’intestino. Si tratta di un passo avanti importante per capire l’origine di molte malattie, ma anche per progettare terapie immunitarie più mirate. Queste ultime potranno avvalersi di microbi presenti in natura, o di specifiche molecole, in grado di modulare finemente la risposta immunitaria, con effetti collaterali ridotti al minimo. Precedenti ricerche hanno preso in esame i legami tra malattia e presenza o assenza di alcune classi di batteri nell’intestino. Al contrario, il team dell’HMS si è focalizzato su una singola specie alla volta, esaminando i suoi effetti su gran parte delle cellule del sistema immunitario e su tutti i geni intestinali.
Un grafico dell'esperimento degli scienziati dell'HMS, che ha esaminato il ruolo di 53 specie di batteri su geni e cellule del sistema immunitario. Una specie alla volta è stata inserita nell'intestino sterile di topo (immagine: Cell)
Per i loro esperimenti, gli scienziati hanno raccolto 53 specie batteriche comuni nell’intestino umano e le hanno seminate in intestini sterili di topo, una specie alla volta. Due settimane più tardi, il team ha effettuato analisi genomiche e del sistema immunitario, confrontando i risultati con quelli di intestini completamente privi di microbi. Sono stati valutati gli effetti di ogni microbo su 21 tipi di cellule del sistema immunitario e sull’attività dell’intero set di geni che regolano l’immunità intestinale. E non sono mancate le sorprese.  

Effetti inattesi

Per prima cosa, si è visto che ogni tipo di cellula immunitaria era influenzata dai batteri in vari modi. Alcune specie esercitavano una forte influenza, potenziando l’attività delle cellule, mentre altre avevano effetti molto più blandi, o al contrario la inibivano. Quando poi i ricercatori hanno analizzato gli effetti sui geni batterici che regolano l’attività delle citochine - molecole segnale che inducono un’infiammazione in risposta a infezioni, cancro e altre malattie - hanno osservato la stessa dinamica. Alcuni batteri amplificavano l’attività di questi i geni, presumibilmente per creare un ambiente a loro più favorevole, mentre altri la inibivano, per contrastare i batteri nocivi. In generale, sono risultati pochissimi i microbi apparentemente ininfluenti.
Una microfotografia di batteri intestinali (Escherichia coli). Scienziati dell’Harvard Medical School sono stati in grado di monitorare per la prima volta il “dialogo” tra i microbi intestinali, le cellule del sistema immunitario e i geni responsabili dell’immunità a livello dell’intestino (Immagine: Wikimedia Commons)  
Questi effetti contrapposti, secondo i ricercatori, suggeriscono un meccanismo evolutivo molto raffinato. In questo modo infatti è improbabile che una specie batterica possa soverchiare le altre nella sua azione sul sistema immunitario. Altra sorpresa, batteri che appartengono alla stessa classe non hanno necessariamente lo stesso effetto, e neppure effetti simili, sulle cellule del sistema immunitario. Ciò potrebbe essere utile per garantire la conservazione delle funzioni immunitarie, anche qualora intere classi di batteri siano perdute. Un quarto delle 53 specie di batteri studiate aumentano fortemente il numero di cellule immunitarie conosciute come cellule T regolatorie, che riducono l’infiammazione e mantengono l’auto-tolleranza immunitaria, per proteggere il corpo da attacchi autoimmuni.  

Batteri iperattivi

Un’osservazione interessante riportata dai ricercatori è che una singola e poco nota specie di microbo, il Fusobacterium varium, ha nel complesso gli effetti più potenti sulle cellule immunitarie. Questi effetti includono la soppressione di antimicrobici prodotti naturalmente e la capacità di attivare geni che promuovono l’infiammazione. La classe più bersagliata di cellule immunitarie è quella delle cellule dendritiche plasmacitoidi, che influenzano l’attività delle cellule T regolatorie e la secrezione di interferoni, proteine ​​antivirali. Il 38% dei microbi incrementa i livelli di queste cellule dendritiche, mentre l’8% li abbassa. Ma la sfida per i ricercatori non è finita. Il prossimo passo sarà infatti valutare gli effetti sinergici delle varie specie, in un quadro sempre più complesso di interazioni reciproche. Perché, si sa, in biologia nulla è semplice.   -- Immagine banner in evidenza: pixabay Immagine box in homepage: Cell
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