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L’anno in cui la sigaretta perse l’innocenza

Sappiamo dal 1948 che il fumo uccide. Oggi sappiamo anche che uccide tantissime persone: 100 milioni nel '900, fino a un miliardo (stimato) entro il 2100. È quasi la popolazione della Cina! Non ci bastano questi numeri per smettere?
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Ogni volta che vedo qualcuno fumare, nella testa mi si accende, come una lampadina, il numero 1948. E nel corso della giornata questo numero mi torna in mente tante volte: tante quante sono le persone che incontro con la sigaretta accesa. Molti ragazzi, tante donne, quasi tutti per strada.
Nel 1948 la Seconda guerra mondiale è finita da soli tre anni e uno studio inglese dimostra per la prima volta che il fumo di sigaretta è la sola abitudine costante e comune ai pazienti, malati di cancro al polmone, che l’analisi ha preso in considerazione.
L’autore dello studio, Richard Doll, ha all’epoca 36 anni ed è un epidemiologo alle prime armi. Per l’analisi che gli è stata affidata dal suo capo, un eminente biostatistico di nome Austin Bradford Hill, Doll riceve una borsa di studio talmente misera che è poco più di un rimborso spese.
Richard Doll (foto di CJ DUB tratta da Wikipedia)
Ad aiutare Doll ci sono soltanto due assistenti sociali, che distribuiscono questionari sull’abitudine al fumo, e una macchina curiosa: una specie di computer primitivo, che ordina e conta le schede perforate, contenenti le risposte ai questionari.
a sinistra il classificatore di schede perforate, utilizzato da Richard Doll per lo studio sul fumo;
a destra un articolo pubblicato da A.B. Hill e R. Doll sul British Medical Journal nel 1950
(foto di Lisa Vozza, scattate al Science Museum di Londra)
La pochezza delle risorse è un segno tangibile dell’incredulità e dell’indifferenza verso il grande problema di salute pubblica che sta emergendo proprio allora. Giusto un anno prima, nel 1947, alcuni statistici del governo britannico informavano infatti il Ministro della Salute di una strana epidemia di tumori al polmone, la cui incidenza era aumentata di ben 15 volte nei 20 anni precedenti. In seguito a questa segnalazione il Medical Research Council richiede uno studio esplorativo sui fattori di rischio per questa malattia, che prima era molto rara. Lo studio è affidato Doll.
Negli Stati Uniti le cose non vanno diversamente. Anche oltreoceano subito dopo la guerra quasi tutti fumano e praticamente nessuno è disposto a credere che le sigarette siano dannose per la salute. Nemmeno i chirurghi che, aprendo i pazienti, trovano bronchi macchiati di catrame e polmoni anneriti dal fumo.
un tumore del polmone (foto National Cancer Institute)
Tutti sono scettici tranne Ernst Wynder, un giovane studente di chirurgia che, sempre nel 1948, rimane folgorato dall’immagine di un tumore che emerge dai polmoni di un fumatore. Nonostante l’ostilità generale, Wynder riesce a condurre un piccolo studio esplorativo sui pazienti dell’ospedale di St. Louis in Missouri. Qui lavora un chirurgo toracico di grande fama, Evarts Graham, che non abbandona la sigaretta neppure in sala operatoria. Graham accetta di collaborare col giovane Wynder soltanto per provare che ha torto. Ma i risultati, come quelli dello studio di Doll, sono talmente eclatanti che non lasciano nessun dubbio: moltissimi fumatori si ammalano di tumore al polmone. Graham mette da parte l’orgoglio e smette di fumare.
Dal 1948 sono passati quasi 70 anni: un lungo periodo in cui prove su prove hanno continuato ad accumularsi e a irrobustire i risultati di questi primi studi, eroici e pionieristici, con casistiche sempre più numerose. Ciò nonostante, convincere la gente che il fumo uccide, e tanto, non è stato facile per Doll, Wynder e gli altri epidemiologi che nel tempo li hanno seguiti. La gente, abituata a vivere in nuvole costanti di fumo, ha fatto fatica a crederci, e i comportamenti straordinariamente criminosi delle grandi industrie del tabacco, di cui tanto si è detto e scritto, hanno mantenuto alto lo scetticismo e disseminato dubbi e confusione sul lavoro degli scienziati.
Oggi nessuno può dire di non sapere che il fumo è nocivo, ma forse non molti si rendono conto di quante morti sono causate dalle sigarette: sono state 100 milioni nel Novecento e un miliardo sono stimate entro il 2100. Stiamo parlando grosso modo dell’equivalente della popolazione di un paese grande come l’India o la Cina!
A questa catastrofe Robert Proctor, uno storico della scienza dell’Università di Stanford, ha dedicato un libro dal titolo provocatorio: Golden Holocaust, o Olocausto dorato (University of California Press, 2012). L'uso della parola olocausto a sproposito non mi piace, ma visti i numeri, viene da perdonare questo autore per il suo titolo iperbolico. Del libro ha parlato anche Science, in una recensione dove fra l'altro ho trovato un altro dato che mi ha colpito: il fumo causa una morte in eccesso ogni milione di sigarette, una quantità che una sola macchina "sforna bionde" produce in meno di un’ora.
la copertina del libro di Robert Proctor Golden Holocaust (UCP, 2012)
La sigaretta è “l’artefatto più letale della storia umana”, tanto per continuare a citare Proctor. In effetti l’80% dei tumori al polmone è dovuto al fumo e la malattia è difficile da curare. Eppure il messaggio ancora non passa in pieno. Nelle scuole si fanno tante giornate di sensibilizzazione sui rischi del fumo, ma proprio attorno alle scuole si accendono quasi sempre le prime sigarette. Forse non si raccontano abbastanza storie convincenti? Forse si danno pochi numeri efficaci?
Provate a scrivere sulla lavagna 1948 e poi in fila gli altri numeri che vi ho dato. Quindi raccontate la storia che vi ho riassunto in questo post. Mi piacerebbe vedere l’effetto che fa.
Ho letto la storia dei primi studi epidemiologici sul fumo in The emperor of all maladies di Siddharta Mukherjee, un libro da cui non smetto ancora di imparare. Il libro di Richard Proctor è recensito su Science. La foto di apertura proviene dell'archivio Shutterstock.
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