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Il glutine è un veleno?

La smania di evitare il glutine fa crescere un'industria, ma i veri celiaci sono l'un per cento della popolazione. Le diagnosi di celiachia sono cresciute e non sappiamo perché. E poi, gli altri disturbi di pancia, da che cosa dipendono?
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Se il pizzaiolo può fare le sue acrobazie senza che l’impasto della pizza si laceri, è grazie alla membrana elastica che formano due proteine, la glutenina e la gliadina. Insieme le due fanno il glutine. Ingeriamo glutine da almeno 10.000 anni. Lo troviamo nel grano e in altri cereali come l’orzo e la segale. Nell’insieme questi cereali forniscono il 20% circa delle calorie agli esseri umani del pianeta (una percentuale che in Italia è verosimilmente maggiore, dato l’alto consumo di pasta). Facili da coltivare, trasformare, conservare, i cereali che contengono glutine sono una fonte importante di cibo nel mondo. Una persona su cento però sta molto male se mangia glutine. Il problema è del sistema immunitario, che scambia questa proteina un po’ coriacea, insolubile in acqua, per qualcosa di tremendamente nocivo, causando la cosiddetta celiachia. Le colline ondulate dell’intestino si riducono a una piatta pianura nei celiaci che mangiano glutine. La risposta immune si attiva infatti contro il glutine o altre molecole associate, e a soffrirne sono i villi che con le loro curve estendono di molte volte la superficie dell’intestino. Con i villi danneggiati lo spazio per assorbire i nutrienti si riduce in modo drastico e il dimagrimento è assicurato, insieme a molti altri sintomi spiacevoli, dall’infiammazione cronica al mal di pancia alla diarrea persistente. Basta non mangiare glutine e l'intestino torna normale.

A sinistra i villi intestinali normali, a destra i villi appiattiti nella malattia celiaca (foto: UCLA).

La diagnosi di celiachia si fa cercando nel sangue anticorpi contro la gliadina, la transglutaminasi e qualche altra molecola collegata al glutine. Se si trovano gli anticorpi in una concentrazione significativa, il sospetto di celiachia va confermato con una biopsia: un prelievo di tessuto intestinale da osservare al microscopio, in cerca dei segni di appiattimento dei villi. Vigilanza massima al ristorante, al bar, al supermercato per chi ha ricevuto una diagnosi di celiachia. Il glutine, usato come addensante dall’industria alimentare, si nasconde in alimenti non sospetti. Si stima che circa un terzo dei prodotti industriali possa contenere tracce di farina di grano, e quindi di glutine. Fino a una decina d'anni fa il glutine era un ingrediente oscuro del pane e della pasta, conosciuto dai celiaci che dovevano guardarsi dai suoi spiacevoli effetti. Oggi è sulla bocca di tutti. Come mai? Due libri americani di grande successo e poca scienza hanno dato fama di “mostro” al glutine. “Wheat Belly” è un manuale per dimagrire scritto da un cardiologo, William Davis, che considera i cereali industriali una sorta di droga tossica. Fra le righe c’è qualcosa di vero: troppi cereali raffinati non fanno bene. Ma che il glutine sia all’origine di malattie come l’artrite, l’asma e la sclerosi multipla non è dimostrato. In “Grain Brain”, un neurologo che si chiama David Perlmutter considera i carboidrati i peggiori nemici del cervello. Inutile dire quanto le industrie siano andate a nozze con queste tesi strampalate. Tesi che hanno però permesso a piccoli produttori di alimenti di nicchia di trasformarsi in colossi. Per il 2016 il fatturato previsto dei prodotti alimentari senza glutine è di 15 miliardi di dollari. Più di un terzo degli americani adulti sta cercando di eliminare il glutine dalla dieta. La diagnosi che queste persone cercano, e che quasi nessun medico è disposto a scrivere, è di intolleranza non celiaca al glutine. I veri celiaci un po’ sono contenti. Il glutine è una star da evitare, sempre più vari e numerosi i prodotti alternativi, più facile mangiare in giro. Attenzione, però. Con la mania anti-glutine che impazza, tanti ristoratori improvvisano. Senza rendersi conto che mantenere una cucina incontaminata dal glutine non è un gioco da ragazzi. Guai per esempio a cuocere la pasta senza glutine nell’acqua appena usata per una pasta normale! Se la smania dei non celiaci per il senza glutine è un po’ folle, c’è però qualcos'altro che non torna. Le diagnosi di celiachia sono in effetti aumentate dal 1950 a oggi, e per un po’ la crescita è stata attribuita al miglioramento delle tecniche diagnostiche. Prima dello sviluppo degli anticorpi monoclonali, alla fine del secolo scorso, non c’era un esame strumentale adeguato e la diagnosi di celiachia si faceva in base a sintomi generici, come il mal di pancia e la diarrea. Basta il miglioramento diagnostico a spiegare l’aumento dei casi? Pare di no. Joseph Murray, un gastroenterologo della Mayo Clinic di Rochester in Minnesota, ha cercato gli anticorpi contro la transglutaminasi nel sangue conservato di 9000 soldati dell’aviazione americana reclutati fra il 1948 e il 1954. Se l’esame avesse trovato gli anticorpi nell’1% del sangue dei soldati, allora l’aumento del numero dei casi sarebbe stato soltanto apparente, dovuto a diagnosi più precise – aveva ipotizzato Murray. Ma le cose non sono andate così: il test ha dato esito positivo soltanto nello 0,2% della popolazione di oltre mezzo secolo fa, rispetto all’1% della popolazione attuale. Un aumento reale, di ben cinque volte il numero dei casi. Perché ci sono più casi di celiachia? Le teorie abbondano e le certezze scarseggiano. Quel che è sicuro è che la concentrazione di glutine non è aumentata nel grano, come confermano gli studi di Donald Kasarda, ricercatore al Dipartimento americano dell’agricoltura a Albany in California. Un’ipotesi è che il problema stia nella proteina concentrata in polvere che è usata come additivo nel pane e in altri alimenti. Additivo che garantisce rapidità e riuscita alla lievitazione industriale, emancipando da millenni di lavoro notturno le nuove generazioni di panettieri. Basta questa spiegazione? Non è detto. Un’altra cosa inspiegata è il dolore da pancia gonfia di tante persone negative al test per la celiachia. C’è chi pensa che il glutine sia in questo caso un passeggero innocente. Peter Gibson, professore di gastroenterologia alla Monash University di Melbourne, in Australia, ritiene che il fastidio sia piuttosto dovuto ad alcuni zuccheri, i cosiddetti FODMAPs. La sigla sta per “oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli fermentabili”. Il problema sarebbe da un lato l’osmosi, ossia la capacità di queste sostanze di attirare acqua nella cavità intestinale; dall’altro il fatto che i FODMAPs passano indigeriti fino al colon, per poi subire la fermentazione, con la conseguente, fastidiosa produzione di gas. In un piccolo studio che ha coinvolto 37 volontari non celiaci, con colon irritabile  e difficoltà con alimenti a base di farina di grano, Gibson ha osservato che la dieta senza FODMAPs, ma non quella senza glutine, era in grado di eliminare i sintomi. Bastano i FODMAPs a spiegare l’arcano? Probabilmente no. La sigla racchiude molte sostanze diverse che vanno caratterizzate meglio in relazione ai disturbi di ogni paziente. Mancano poi gli anticorpi per gli eventuali test diagnostici e le biopsie. Infine lo studio australiano, seppur serio e ben condotto, è piccolissimo: ci vogliono ben più di 37 casi per validare l’ipotesi che per alcuni pazienti il problema siano i FODMAPs e non il glutine. È chiaro che eliminando ciò che contiene glutine si tagliano non solo i FODMAPs, ma più in generale tutta una categoria di cereali molto calorici che contribuiscono a pancette, altre cicce e gonfiori. Spesso chi dà un taglio ai carboidrati si sente meglio se ne mangiava in eccesso, pur non avendo alcuna intolleranza. Attenzione però! Quando manca la diagnosi di celiachia, una dieta priva di glutine può essere ben poco salutare, oltre che inutile. Molti sostituti sono infatti cibo spazzatura, in cui la perdita di consistenza e gusto è compensata con l’aggiunta di sale e grassi. Da evitare quindi il fai-da-te. Se si hanno problemi all'intestino bisogna rivolgersi a un gastroenterologo, aspettare una diagnosi seria e affidarsi alle cure e indicazioni del medico. Se la diagnosi di celiachia non arriva, è prima di tutto un'ottima notizia. Dopodiché non c'è alcuna ragione per togliersi il piacere di pane, pasta e pizza. Gran parte delle informazioni contenute in questo post vengono dall’ottimo reportage di Micheal Specter "Against the grain – Should you go gluten free?" pubblicato sul New Yorker del 3 novembre 2014. Fra gli altri articoli che ho consultato; Alberto Rubio-Tapia et al., Increased Prevalence and Mortality in Undiagnosed Celiac Disease, Gastroenterology. Jul 2009; 137(1): 88–93; Donald D. Kasarda, Can an Increase in Celiac Disease Be Attributed to an Increase in the Gluten Content of Wheat as a Consequence of Wheat Breeding? Journal of Agricultural and Food Chemistry (2013) 61, 1155−1159; Biesiekierski J.R. et al., No effects of gluten in patients with self-reported non-celiac gluten sensitivity after dietary reduction of fermentable, poorly absorbed, short-chain carbohydrates, Gastroenterology. 2013 Aug;145(2):320-8.e1-3. Le spighe di grano in apertura provengono da Wikipedia.
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