Puoi approfondire l'argomento di questo articolo con il libro di Alessandro Minelli Le forme del divenire (Einaudi, 2007).
A questo proposito, l'evo-devo ha introdotto il concetto di evolvibilità: può spiegarci di che si tratta?
Facciamo un esempio concreto. La giraffa ha un lungo collo, utile per brucare le foglie dai rami più alti, e che i maschi usano anche per combattere tra loro. Come si costruisce un collo così lungo durante lo sviluppo? In teoria, ci sono tre possibilità: si aumenta il numero delle vertebre, si allungano le vertebre, o entrambe le cose. In termini di biologia evoluzionistica non possiamo fare previsioni al riguardo, perché, come abbiamo già detto, la selezione naturale agisce sul fenotipo e nel nostro caso quello che conta è avere un collo lungo, non importa il numero o la lunghezza delle vertebre. Quando però andiamo a studiare lo scheletro della giraffa scopriamo che il collo è sostenuto da sette vertebre molto allungate. Non solo: quasi tutti i mammiferi, dalle balene ai lama, hanno sempre sette vertebre cervicali. Come mai? Perché l'evoluzione per selezione naturale di una certa caratteristica fenotipica non può prendere tutte le strade teoricamente possibili, ma solo quelle permesse dai meccanismi di sviluppo. L'evolvibilità (evolvability in inglese) è quindi definibile come il quadro delle possibili strade che possono essere imboccate dall'evoluzione a partire dalle condizioni attuali. Facciamo un paragone con il gioco degli scacchi. Ogni pezzo può muoversi solamente per andare in certe posizioni, i suoi spostamenti, cioè, sono soggetti a vincoli proprio come il processo di sviluppo che crea la forma di un organismo. A mano a mano che la partita va avanti, ai vincoli specifici ai quali è soggetto ogni pezzo si sommano quelli determinati dalla posizione degli altri pezzi sulla scacchiera, che nella nostra metafora rappresentano l'ambiente in cui gli organismi lottano per la sopravvivenza. Solo aprendo la "scatola nera" dello sviluppo possiamo guardare l'evoluzione nella sua totalità, e capire cosa può evolversi e perché.
In questo breve video del New York Times il biologo molecolare Sean B. Carroll spiega come l'evo-devo ci sta aiutando a comprendere meglio l'evoluzione:
Per saperne di più sulla storia della sistematica e sul suo significato per la moderne ricerche biologiche, puoi leggere il nostro speciale A ogni cosa il suo nome.
Se esiste addirittura una sintassi del corpo condivisa tra tutti gli animali, dovremmo cambiare anche la nostra idea di omologia?
La questione è ancora controversa. Dai tempi di Richard Owen (1843), in biologia si dice che due organi sono omologhi se condividono la stessa struttura di base, indipendentemente dalla funzione che ricoprono. Per esempio, sono classicamente considerati omologhi l’arto superiore dell’uomo e l'ala di un pipistrello. Ma se prendessimo in esame il mutante di Drosophila con le zampe al posto delle antenne e ci chiedessimo a che cosa sono omologhe quelle zampe, che cosa risponderemmo? Dal punto di vista della posizione, dovremmo rispondere che le zampe sulla testa del mutante sono omologhe alle antenne di una mosca normale, mentre dal punto di vista della struttura sono omologhe a una qualsiasi altra zampa di Drosophila. Questo è un esempio estremo per far capire che la relazione di omologia non può essere trattata in termini di "tutto-o-niente", ma come il risultato di un complesso sistema combinatorio, le cui componenti è necessario specificare di volta in volta.
Per ripassare il concetto di omologia in biologia, puoi leggere questa scheda del libro Invito alla biologia.
L'evo-devo dovrebbe essere incluso in una ipotetica Sintesi estesa, o lo possiamo considerare all'interno della Sintesi Moderna?
L'evo-devo non è in contrasto con il cosiddetto neodarwinismo, però in molti si chiedono da tempo se non sia ormai venuta l’ora di aggiornare la Sintesi Moderna, in particolare proprio per includervi quello che avviene nella "scatola nera" dello sviluppo, che era stata lasciata fuori nel secolo scorso. La mia posizione è che tutto dipende da quanto rigidamente vogliamo intendere il classico programma di ricerca della Sintesi.
Se leggiamo quello che scriveva Julian Huxley in Evolution: the modern synthesis (1942), troviamo in realtà che i temi della biologia dello sviluppo applicata all'evoluzione erano già presenti. Lo stesso accadeva negli scritti di un altro dei padri della Sintesi, J.B.S. Haldane. Huxley e Haldane, infatti, furono entrambi influenzati dal lavoro dell'embriologo britannico Gavin de Beer. Questo significa che al momento della definizione della Sintesi, nonostante le conoscenze molto limitate, l'importanza dello sviluppo era ben nota. Non c’è dubbio, però, che la versione "scolastica" della teoria dell’evoluzione, che continua a essere insegnata sotto il nome di Sintesi Moderna, non deve più essere presentata come il modello completo e definitivo dei processi evolutivi.
Tutti i biologi concordano sull'importanza di discipline e fenomeni che, come l'evo-devo, non poterono essere inclusi nella Sintesi Moderna; ma mentre alcuni ne propongono una ufficiale estensione, altri ritengono che di fatto questi siano già entrati a far parte della moderna biologia evolutiva. Per comprendere meglio il dibattito in corso, puoi leggere puoi leggere questo recente scambio di opinioni sulla rivista Nature.
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Immagine box: Amazonas Chagas, Jr. via Natural History Museum