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Antropocene: la specie umana come forza geologica

Plastiche, isotopi radioattivi, cemento. Le tracce del passaggio umano sulla Terra sono così evidenti, che la comunità scientifica si sta domandando se siamo entrati in una nuova epoca geologica che porta la nostra firma. Mancano ancora le prove definitive, ma i dubbi sembrano pochi.
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Inquinamento, sfruttamento delle risorse, trasformazione dei paesaggi, alterazione irreversibile del clima: la nostra specie ha impattato e compromesso il funzionamento dell'intero sistema di relazioni ecologiche della Terra, tanto da aver convinto molti a dire e a scrivere che siamo in una nuova era geologica, l'Antropocene (l'«era dell'uomo»). La scienza però non ha ancora ufficializzato il termine, anche se le prove dell'impatto dell'umanità sono schiaccianti.  

Come si definisce la cronologia della Terra?

La storia della Terra è scritta nelle rocce. L'evoluzione del pianeta dalla sua formazione, 4 miliardi e mezzo di anni fa, fino ai giorni d'oggi è suddivisa in categorie (eoni, ere, periodi ed epoche) chiamate “unità geocronologiche”, basate sull'osservazione scientifica degli strati rocciosi sovrapposti nella crosta terrestre (le ”unità cronostratigrafiche”), secondo il principio intuito dagli studi pionieristici del danese Niccolò Stenone (1638-1686) e via via affinatosi nel corso dei secoli.
Orologio geologico: una proiezione dei 4,5 miliardi di anni della Terra sotto forma di orologio ("Ma" = Megaanno = un milione di anni fa; "Ga" = Gigaanno = un miliardo di anni fa (fonte: Wikimedia)
Ogni passaggio da un'unità ad un'altra è quindi giustificato da criteri scientifici. Per esempio, la transizione tra Cretaceo e Paleogene, avvenuta circa 66 milioni di anni fa quando cadde un enorme meteorite sulla Terra, è testimoniata da un preciso indicatore, il «picco di iridio», elemento non comune sulla Terra, ma presumibilmente presente nelle rocce extraterrestri. Per distinguere un'unità da un'altra viene usato, sin dal 1977, il sistema dei GSSP (Global Stratigraphic Section and Point). Si tratta di decine di formazioni rocciose diffuse per il mondo che inglobano dei chiari segni del passaggio da una età all'altra della Terra. Questi GSSP – detti anche “chiodi d'oro” perché spesso sulla roccia vengono apposti dei veri e propri dischi di bronzo dorati che indicano il confine tra un periodo e l'altro – sono considerati dalla comunità dei geologi degli standard a cui potenzialmente rapportarsi per capire se una formazione rocciosa trovata in una parte del mondo, anche molto lontana dal GSSP, appartenga o meno a una determinata unità stratigrafica.
Sezione e punto stratigrafico globale del periodo Ediacariano, nella catena dei Monti Flinders (Australia meridionale). Attorno al disco di bronzo (il «chiodo d'oro» o golden spike, in inglese) sono visibili i fori nella roccia risultanti dal prelievo di piccole carote raccolte per le analisi paleomagnetiche (fonte: Wikimedia)
Non sempre i GSSP sono formazioni rocciose. Per esempio il confine tra Plesitocene, l'epoca in cui è comparso l'uomo moderno, e l'Olocene, l'epoca in cui viviamo, è visibile in una sezione di una carota di ghiaccio prelevata in Groenlandia e attualmente conservata all'Università di Copenaghen (nell'ambito del progetto NGRIP). Non tutti i confini stratigrafici hanno però ancora un GSSP. La loro definizione e individuazione è sempre terreno di dibattito all'interno della comunità scientifica.  

Chi decide che è nata una nuova era geologica?

L'ente che rappresenta la comunità scientifica mondiale dei geologi è l'International Union of Geological Sciences (IUGS) con sede a Pechino. Lo IUGS è articolato in molte Commissioni. Una di queste è l'International Commission on Stratigraphy (ICS) che tra i suoi compiti ha anche quello di definire e armonizzare la scala geologica ufficiale, validando i GSSP e i loro “chiodi d'oro”.
Tabella cronostratigrafica del tempo geologico terrestre (fonte: IUGS)

Perché parliamo ora di Antropocene?

L'impatto del meteorite di 66 milioni di anni fa ha ridefinito la storia della Terra, provocando probabilmente l'estinzione di massa del Cretaceo e facendo slittare la cronologia geologica nel Pliocene. Dato che è lecito pensare che l'impatto di Homo sapiens stia cambiando radicalmente e irreversibilmente le dinamiche ecosistemiche del pianeta, a tal punto che ci stiamo avviando verso una sesta estinzione di massa, è anche lecito supporre che le attività dell'uomo ci abbiano fatto entrare in un nuovo periodo geologico, che qualcuno ha chiamato Antropocene. La parola “antropocene” nasce in un contesto scientifico, ma non geologico. Il primo ad usarlo fu il biologo americano Eugene Stoermer negli anni '80. Il successo della parola si deve però all'olandese Paul Crutzen, chimico dell'atmosfera, Nobel per la chimica nel 1995 ed efficace comunicatore scientifico. Crutzen nel 2000 scrisse con con Stoermer un breve - ma per la comunità scientifica dirompente - articolo sulla newsletter dell'International Geoshpere-Biosphere Programme in cui i due autori suggerivano che l'Olocene, l'epoca geologica iniziata 11.700 anni fa con la fine dell'ultima glaciazione e caratterizzata da un grande innalzamento dei mari, fosse finita, per lasciare spazio a una nuova epoca dominata dai processi fisici e chimici innescati dall'uomo. La fama di Crutzen, la sua attività divulgativa, accompagnata dai dati relativi ai grandi impatti dell'uomo sull'ambiente, hanno reso il termine estremamente popolare. La parola “antropocene” è stata usata spesso in articoli scientifici e ancor di più dalla politica e dai media.  

Da quando i geologi si stanno occupando di Antropocene?

Il successo del concetto è stato tale che la comunità internazionale dei geologi ha deciso di capire se ci fossero le basi per poter parlare scientificamente di una nuova epoca geologica che mettesse la parola fine all'Olocene. Nel 2009 la Sottocommissione per la stratigrafia del Quaternario dell'ICS ha avviato i lavori del Working Group on the Anthropocene (WGA) composto da 35 scienziati la cui missione era quella di motivare scientificamente la nuova epoca geologica, raccogliendo prove e chiari segni distintivi che introducessero una nuova specifica unità stratigrafica. A differenza del tradizionale approccio – lo studio degli antichi strati rocciosi - gli scienziati si sono dovuti porre da un punto di vista inedito, il futuro. Hanno dovuto individuare cioè quali segni attuali potranno essere riconosciuti anche fra milioni di anni come distintivi dell'influsso umano sul pianeta. Dopo 7 anni di lavoro, l'attività del WGA è arrivata ad una conclusione. Con 30 voti favorevoli, 3 contrari e 2 astenuti, il gruppo ha ritenuto di poter affermare che siamo in una nuova epoca geologica. Un documento sulla questione è stato presentato al 35simo Congresso Internazionale della Geologia (Città del Capo, Sud Africa, 27 agosto-4 settembre 2016) con molta eco sulla stampa. Ma, a differenza di quanto scritto su molte testate giornalistiche non è ancora stata formalizzata la nuova epoca.  

Quali sono i principali marcatori geologici dovuti alle attività umane?

Il gruppo WGA ha definito tutti i traccianti utili per definire l'unità cronostratigrafica dell'Antropocene. Questi possono essere ad esempio le plastiche che stiamo producendo in centinaia di milioni di tonnellate all'anno i cui tempi di decomposizione sono geologici e che si disperdono e sedimentano in particelle inferiori ai 5 mm, rilevabili dall'occhio del futuro geologo. Candidate come indicatore dell'Antropocene sono anche le particelle carboniose prodotte dalla combustione di metano, carbone e altri combustibili fossili. Un altro segno indelebile nella geosfera sono le intense emissioni di anidride carbonica che nel 2016 ha superato la soglia psicologica dei 400 ppm nell'atmosfera e che, accumulandosi, sono analizzabili nei carotaggi di ghiaccio. Metano e ossidi di azoto, la cui concentrazione si è impennata negli ultimi anni, sono altri marcatori papabili, come anche tutte le sostanze che contaminano i sedimenti e possono persistere all'interno di essi: prodotti tossici, insetticidi, fertilizzanti. Il marcatore più chiaro dell'Antropocene è forse il cemento, prodotto in miliardi di tonnellate ogni anno, che rappresenta la più grande quantità di roccia antropogenica presente sulla crosta terrestre. Il dibattito però si sta orientando verso gli isotopi radioattivi, diffusi nella troposfera nei test nucleari in un momento storico preciso, gli anni '40, che sono diventati ubiquitari in tutto il mondo e la cui presenza può persistere per milioni di anni. Per tal motivo il gruppo WGA ha proposto come momento di inizio dell'Antropocene proprio il periodo tra il 1940 e il 1950, decennio in cui ha iniziato la «grande accelerata» che ha fatto impennare tutti i marcatori suggeriti.
Questo slide show prodotto dall'International Geosphere-Biosphere Programme riassume i principali indicatori per l'Antropocene:

Quali sono i dati mancanti per poter annunciare la nascita dell'Antropocene?

Per fare rientrare la nuova epoca nella stratigrafia ufficiale, gli scienziati del WGA devono individuare una matrice fisica e reale dove apporre il “chiodo d'oro” o comunque trovare un criterio scientifico condiviso sul momento in cui fare iniziare l'Antropocene. Il gruppo di lavoro deve quindi determinare quali segnali sono i più adatti, quali matrici li rappresentano più correttamente, dimostrando che sul pianeta è rilevabile una brusca transizione di traccianti geochimici. Solo a quel punto l'ICS può approvare formalmente la nuova epoca e lo IUGS ratificare la fine dell'Olocene. Fino ad allora i geologi non potranno utilizzare il termine “antropocene” ufficialmente, anche se è già entrato nel linguaggio per il suo chiaro significato filosofico, politico ed evocativo.
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