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Sviluppo software

Immagine di copertina per gentile concessione di Massimo Morbiato

Dopo essere entrato giovanissimo in una grande azienda informatica, nel 2014 ha fondato EZ Lab, startup con sede presso il parco scientifico di Padova e oggi presente anche in California e Francia. Ha sviluppato AgriOpenData, la piattaforma online per la tracciabilità e la certificazione dei prodotti agricoli, che utilizza le tecnologie blockchain e smart contracts come sistema di sicurezza per la filiera agroalimentare.

INDICE

  • Se dovesse descriversi in poche parole cosa direbbe?
  • L’azienda che ha fondato, EZ Lab, svolge un’attività particolare...
  • Origine garantita, sostenibilità, etica: non è un caso che lei abbia scelto questi valori
  • Qual è stata la sua formazione e quale il percorso che ha seguito?
  • Quali sono gli aspetti del suo lavoro che le piacciono di meno e quali invece quelli che la gratificano?
  • Gestire un gruppo, al di là degli aspetti amministrativi, significa delegare il lavoro. Da inventore appassionato qual è, quanto è “geloso” delle proprie creazioni?
  • Quale futuro vede per sé e per la sua azienda?
  • Quale consiglio si sente di dare a chi si trova all’inizio del proprio percorso di formazione e vuole immaginare il proprio futuro?
  • SCIENZA IN PRATICA – Che cos’è la blockchain
  • LE PROFESSIONI

Se dovesse descriversi in poche parole cosa direbbe?

Mi considero un appassionato dell’innovazione digitale, che mi ha affascinato da sempre e della quale sono riuscito a fare un lavoro. Ho iniziato vincendo un concorso all’IBM e da allora ho sempre lavorato nel settore, occupandomi all’inizio di sistemi operativi aziendali, poi della parte “wired” – internet provider e mantainer, dalla registrazione del dominio alla rappresentazione delle informazioni – ma sostanzialmente cercando di sfruttare sempre il massimo della tecnologia disponibile per le aziende. Ho una moglie, due figli, una laurea, qualche master, mi piace lavorare e svolgere quando è possibile attività sociale.

L’azienda che ha fondato, EZ Lab, svolge un’attività particolare, sempre legata al mondo della tecnologia e dell’innovazione…

All’inizio ci occupavamo di trovare tecnologie che si sfruttavano in altri settori – industria, commercio, supply chain – e applicarle all’agricoltura. Con il tempo ci siamo focalizzati sulla valorizzazione dei prodotti per fare in modo che le aziende trovino un vantaggio economico grazie al nostro intervento. In particolare abbiamo scoperto la possibilità di applicare la tecnologia blockchain per il tracciamento dei dati e delle informazioni, fino a quel momento usata solo nell’ambito delle criptovalute, al settore vinicolo. Siamo stati i primi al mondo a farlo e abbiamo subito riscontrato un grande interesse economico. Oggi abbiamo una sede a San Francisco e una a Reims, in Francia, dove ci ha invitato l’equivalente francese del ministero dello sviluppo economico italiano per lavorare sullo champagne.

Oggi la blockchain è diffusa nei settori più disparati, noi stessi lavoriamo in tutti gli ambiti in cui avviene una trasformazione, vale a dire dove una materia prima di qualità diventa un prodotto finito: dal settore tessile, in cui il cotone diventa un vestito, alla cosmetica, dove le erbe diventano creme. Tracciare i diversi passaggi serve a dare garanzie sul prodotto: esiste un mercato fatto da consumatori che cercano informazioni su quello che comprano, vogliono sapere per esempio se un prodotto è davvero biologico, o un dato aceto è davvero balsamico, e sono disposti a pagare di più per averlo. Un prodotto acquista valore in base alla provenienza, al grado di sostenibilità – che impatto ha sull’ambiente rispetto agli altri prodotti dello stesso tipo – alla garanzia del rispetto dei valori etici nella produzione.

Origine garantita, sostenibilità, etica: non è un caso che lei abbia scelto questi valori

Non è un caso, corrispondono alla mia sensibilità e sono condivisi dalle persone che lavorano con me. Siamo così anche al di fuori del lavoro. Quando tempo fa abbiamo tentato di trasformarci da startup ad azienda manageriale ci siamo scontrati con il fatto che secondo i manager occorre lavorare “con le funzioni”, considerando cioè i ruoli e non le persone. È l’opposto di quello che siamo abituati a fare. Ci piace lavorare con le persone e valorizzarle per quello che sono, in azienda come nella vita di tutti i giorni. Ritengo che questo atteggiamento sia vantaggioso anche dal punto di vista lavorativo ed economico.

Qual è stata la sua formazione e quale il percorso che ha seguito?

Studiavo ingegneria a Padova quando ho vinto il concorso per entrare in IBM. Era il lavoro che faceva per me, guadagnare da vivere attraverso l’informatica era la mia aspirazione. Per questo ho lasciato temporaneamente gli studi. Più tardi ho ripreso e mi sono laureato in economia con una tesi in informatica sul cosiddetto web semantico e ho fondato una società che si occupa di semantica applicata ai testi online che adesso vive di vita propria. Ho continuato gli studi con un master in semantica alla IULM e successivamente uno in gestione del rischio a Verona. Oggi sto seguendo un master in intelligenza artificiale al Politecnico di Milano. In generale ho sempre cercato di lavorare e in parallelo sviluppare la mia formazione. Questo ha permesso a me di restare aggiornato e alle società che ho creato di trovarsi avanti rispetto al mercato.

Ho sempre fatto anche attività di volontariato, in particolare con l’associazione “Informatici senza frontiere” ho insegnato per diversi anni informatica agli anziani. È servito molto anche a me: me ne accorgo quando devo spiegare a un cliente come funziona un software o una tecnologia.

Quali sono gli aspetti del suo lavoro che le piacciono di meno e quali invece quelli che la gratificano?

All’inizio l’azienda era piccola e il lavoro mi divertiva molto. Con il tempo siamo cresciuti e all’attività di ricerca, sviluppo e vendita si è affiancata quella gestionale, che in quanto amministratore delegato devo seguire in prima persona. Devo occuparmi di aspetti amministrativi e burocratici di ogni tipo, come firmare documenti per la banca o assicurarmi che negli uffici non manchi la cancelleria, questioni che non corrispondono alle mie attitudini. A volte penso di avere creato un mostro e spero che prima o poi riuscirò a delegare ad altri questi compiti.

Continuo però a divertirmi con il lavoro vero e proprio. Andare ogni giorno in ufficio, condividere idee con i colleghi, affrontare i problemi dei clienti e riuscire a risolverli magari spingendosi oltre le richieste e constatando poi la loro soddisfazione è l’aspetto che preferisco e che mi gratifica di più.

Gestire un gruppo, al di là degli aspetti amministrativi, significa delegare il lavoro. Da inventore appassionato qual è, quanto è “geloso” delle proprie creazioni?

Provengo da una famiglia con una mentalità da artigiani. Siamo sempre stati abituati a lavorare in autonomia, mettendo in pratica le nostre idee e risolvendo i problemi da soli. Ancora oggi, se vedo che qualcosa non va come dovrebbe la affronto in prima persona. Un manager più bravo probabilmente riuscirebbe a mettere in condizione di farlo chi di dovere. Con il tempo però ho imparato a condividere le mie attività e delegare il lavoro: oggi se vedo un collega sviluppare un lavoro iniziato da me sono la persona più felice al mondo.

Il percorso che l’ha portata fino qui è stato molto vario e articolato. Pensa che cambierà ancora? Quale futuro vede per sé e per la sua azienda?

Vorrei presto riuscire a fare in modo che l’azienda vada avanti anche senza di me e continui a garantire un posto di lavoro alle persone che hanno avuto fiducia in noi che l’abbiamo fondata. Non abbiamo mai licenziato nessuno, né durante la grande crisi economica degli scorsi anni, né tanto meno durante la pandemia. Vorrei continuare a occuparmi solo del mio laboratorio di ricerca e continuare a fare quello che mi piace. Già adesso quando posso mi dedico a tempo pieno allo sviluppo dei prodotti da proporre ai clienti. In futuro vorrei ogni volta poter affidare i nuovi prodotti a qualcuno perché li gestisca in autonomia e ricominciare con uno nuovo. Un giorno magari l’azienda verrà assorbita da un gruppo più grande e cambierà organizzazione. Non mi spaventa l’idea di non essere più utile, anzi credo che mi farà piacere constatarlo.

Quale consiglio si sente di dare a chi si trova all’inizio del proprio percorso di formazione e vuole immaginare il proprio futuro?

È difficile dare consigli, ma dalla mia esperienza ho imparato che è fondamentale acquisire un bagaglio di competenze e aggiornarlo sempre in modo da non dipendere mai dalle circostanze. Qualsiasi lavoro si scelga, riuscire ad essere autonomi consente di sopravvivere se il lavoro cambia, se l’azienda de-localizza, se si logorano i rapporti con il datore di lavoro. Prima i percorsi erano molto più segnati: chi studiava meccanica si dedicava alla meccanica, chi studiava elettronica restava tutta la vita nel settore. Oggi non c’è lavoro che nel giro di pochi anni rimanga uguale a sé stesso, nemmeno nei settori tradizionali. Il trucco è mantenere viva la curiosità e la voglia di imparare, e al tempo stesso sviluppare una certa dose di flessibilità per potersi sempre reinventare. Bisogna avere il coraggio di abbandonare un lavoro che non piace e cercarne uno migliore, ed essere sempre umili e disposti a imparare, perché non si è mai davvero arrivati.

SCIENZA IN PRATICA

Che cos’è la blockchain

La blockchain è una tecnologia informatica che permette la creazione e gestione di una grande banca dati distribuita per la gestione di transazioni condivisibili tra più nodi di una rete. La banca dati è strutturata in blocchi collegati in rete in modo che ogni transazione avviata sulla rete debba essere convalidata dalla rete stessa. Applicate alle filiere agroalimentari, le blockchain possono permettere di seguire lo sviluppo dei prodotti di una filiera dalla sorgente delle materie prime fino alla vendita. In questo modo si può per esempio certificare (e rendere quindi verificabile) l’origine di un prodotto “Made in Italy” rispetto a un falso.

LE PROFESSIONI

La tracciatura informatizzata delle filiere coinvolge:

  • personale tecnico informatico adetto all’area di ricerca e sviluppo
  • persone esperte dei diversi settori in cui opera l’azienda: agronomi, enologi, esperti di supply chain, di modelli di business ecc.
  • persone con una formazione grafica e addette alla rappresentazione e all’analisi dei dati
  • personale amministrativo e commerciale

Immagine di copertina per gentile concessione di Marco Mazzaglia

Marco Mazzaglia si è laureato in Scienze dell'informazione all’Università di Torino con una tesi sull’intelligenza artificiale e gli agenti intelligenti ed è video game evangelist in un’azienda che si chiama Synesthesia. Si occupa di tutti i progetti che riguardano i videogiochi o l’utilizzo di essi nel campo della formazione, i cosiddetti applied game, oppure nel campo del marketing, gli advergame. È inoltre docente di Game design e gamification al corso di laurea magistrale in Ingegneria del cinema e di informatica. Ci racconta che quando stava per laurearsi tutti gli dicevano che il campo che si era scelto, quello dell’intelligenza artificiale, sarebbe stato completamente inutile. E invece…

INDICE

  • Dove e quando è nata la sua passione?
  • Com’è arrivato fino a qui? Ci racconta il suo percorso?
  • È stato proprio in questa azienda che è diventato video game evangelist. Ci aiuta a capire di che cosa si tratta?
  • Dal punto di vista pratico, di cosa si occupa?
  • Perché le piace tanto il gioco?
  • Che cosa consiglia a chi vuole fare il suo lavoro?
  • SCIENZA IN PRATICA – Quali competenze scientifiche utilizza nel suo lavoro?
  • LE PROFESSIONI – Sviluppare videogiochi

PER APPROFONDIRE

  • Leggi altre interviste relative allo sviluppo di software
  • Scopri dove si studia informatica

Dove e quando è nata la sua passione?

Sono sempre stato un bambino che si stufava facilmente e cercava continuamente di costruire dei mondi nuovi a partire dai giochi che aveva. Da piccolo mischiavo i giochi di società per farne di nuovi con nuove regole e nuove storie e a un certo punto a quattro anni e undici mesi ad agosto del 1979 in Sicilia mentre ero nel piccolo paese dei nonni ho visto il mio primo videogioco: per me è  stata una folgorazione immediata! Mio padre, poi, ha iniziato a portarmi giochi elettronici che comprava nei suoi viaggi in America e a otto anni ho avuto il mio primo computer con il quale ho iniziato a programmare giochi. Da lì mi si è aperto un mondo. Dopo tre mesi i miei genitori mi comprarono il Commodore 64 che, per i tempi, era uno sforzo economico davvero importante, ma avevano capito che non mi sarei stufato in fretta. Dicevano che avevo una luce negli occhi diversa. Da lì a poco avrei trasformato quella luce nel mio lavoro.

Com’è arrivato fino a qui? Ci racconta il suo percorso?

Il mio percorso è stato abbastanza regolare. Ho iniziato con il liceo scientifico perché mi piaceva la matematica, ma non posso dire di aver vissuto bene quegli anni. Ero molto concentrato sui voti,  pensavo di non essere all’altezza e disperdevo un sacco di energie. Arrivato in quinta, studiando gli scrittori francesi, ho scoperto che potevo avere un altro approccio allo studio e cercai di scoprire che cosa le diverse materie potessero dirmi della mia vita: quell’esperienza mi fece vedere le cose in modo diverso e mi fece capire quanto potesse essere bello studiare. Finito il liceo, oltre alla passione per i videogiochi avevo sviluppato il desiderio di fare qualcosa per gli altri. Trovai il percorso universitario che faceva per me: si chiamava Filosofia e analisi delle lingue informatiche e metteva insieme una parte umanistica orientata all’intelligenza artificiale e l’informatica. Peccato che proprio nell’anno in cui mi sarei dovuto iscrivere io quel corso è stato eliminato. Ho quindi ripiegato su Scienze dell’informazione e all’inizio è stata abbastanza dura. Il mio approccio è cambiato quando sono diventato rappresentante degli studenti. Questa esperienza mi ha permesso di conoscere alcuni docenti straordinari che sono diventati miei maestri di vita.

Durante gli studi ho avuto l’opportunità di entrare in una cooperativa che offriva servizi informatici agli enti non profit: è stata una bella occasione per capire come applicare quello che stavo imparando anche a un’altra realtà. Tante cose diverse, ma mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle ho iniziato a capirne il senso. Dopo la laurea cercavo un lavoro che mi permettesse di fare anche qualcosa di utile per gli altri e tra le tante opportunità ho scelto di lavorare in un’azienda che si occupava di servire nel modo più rapido possibile le segnalazioni di emergenze. Dopo sette anni ho trovato un’offerta di lavoro per Milestone, l’azienda di videogiochi più grande e importante del nostro Paese, ho deciso di mandare la mia candidatura senza pensarci troppo.

È stato proprio in questa azienda che è diventato video game evangelist. Ci aiuta a capire di che cosa si tratta?

Sono entrato in Milestone come IT manager, un ruolo tecnico di gestione dei sistemi informativi e, per la produzione, di sviluppo delle architetture che permettono il gioco online, ovvero fare in modo che le persone in varie parti del mondo possano giocare insieme. Nel 2008 alla View Conference, un evento internazionale dedicato al cinema e ai videogiochi che si svolge ogni anno a ottobre a Torino, sono stato contattato da una docente di un istituto tecnico per periti informatici che mi ha invitato a raccontare il mio lavoro ai suoi studenti di terza e quarta. Andò molto bene, al punto che poi iniziai a essere chiamato a parlare nelle università e in altri eventi. Un giorno la persona responsabile delle risorse umane mi convocò all’improvviso. Io già pensavo che ci fosse qualche messaggio funesto, ma si trattava invece della comunicazione che ero stato nominato video game evangelist, cioè la persona che sarebbe andata in giro a raccontare l’azienda con l’obiettivo anche di coinvolgere persone giovani in gamba interessate a lavorare con noi. Quel titolo mi è rimasto ancora adesso che lavoro a Synesthesia.

Dal punto di vista pratico, di cosa si occupa?

Dal punto di vista delle attività, il lavoro è molto vario. Da una parte come direttore tecnico dell’Academy della mia nuova azienda penso al contenuto e alla realizzazione tecnica dei nostri corsi che hanno come base l’utilizzo del videogioco o della gamification come strumento per aumentare il coinvolgimento dei discenti. Sto svolgendo poi un lavoro di ricerca che utilizza le reti neurali per mitigare i problemi di connessione durante il gioco online. Lo faccio rappresentando Synesthesia dentro un’organizzazione in cui sono presenti aziende e università da tutto il mondo fondata da Leonardo Chiariglione, uno dei “papà” dell’MP3.

Perché le piace tanto il gioco?

Perché il gioco è un’esperienza che coinvolge totalmente e permette di vivere e vedere reazioni emotive in un modo protetto e sicuro. Il gioco consente di immedesimarsi in ruoli che molto difficilmente si potrebbero avere nella realtà. Senza i videogiochi non sarei mai potuto diventare un super allenatore di calcio! Il gioco è utile dal punto di vista formativo e può anche avere un impatto sul benessere psicofisico e sulla salute. Esistono giochi per tutte le fasi della vita.

Che cosa consiglia a chi vuole fare il suo lavoro? Ci sono elementi al di là del corso di studi che possono essere rilevanti per la sua professione?

Sicuramente, uno degli elementi più importanti è cercare di individuare le proprie passioni e provare a seguirle. Si tende a pensare che i videogiochi siano una perdita di tempo, ma in realtà possono essere uno strumento prezioso non solo per soddisfare il bisogno di leggerezza e divertimento, ma anche per la formazione a tutte le età. A me piace pensare che il mio lavoro possa essere utile per gli altri e magari anche dare un piccolo contributo per cambiare il mondo in cui viviamo. Ripenso sempre alla frase mio padre: “È importante alzarsi la mattina e andare al lavoro contenti di quello che sta facendo”. Lo auguro a tutti.

SCIENZA IN PRATICA

Quali competenze scientifiche utilizza nel suo lavoro?

Può sembrare strano, ma questo lavoro così divertente e affascinante si basa quasi totalmente sulla matematica, dall’algebra all’informatica teorica più ostica. Avere una formazione scientifica mi aiuta a "unire i puntini", cioè a inquadrare i diversi problemi e trovare indizi e modalità che permettano di risolverli nel modo più efficiente e duraturo.

Il mondo dei videogiochi è in continua evoluzione, nel corso degli anni nascono sempre nuovi linguaggi e nuove tecnologie, e il patrimonio di conoscenze che ho acquisito nel mio percorso scientifico mi permette di rimanere sempre aggiornato. È difficile ricondurre questa attitudine a un singolo concetto o a uno specifico corso, ma credo che quella che ho costruito con i miei studi sia una forma mentis che mi permette di trovare sempre la chiave giusta per affrontare i problemi.

 

LE PROFESSIONI

Sviluppare videogiochi

Lo sviluppo di videogiochi richiede la collaborazione di diverse figure professionali:

  • programmatori e programmatrici: le persone che si occupano dello sviluppo del gioco in termini di codice
  • artiste e artisti 2D/3D: si occupano di costruire le risorse grafiche di un videogioco, di un applied game, di un sito.
  • audio designer/compositori e compositrici: scelgono e mixano effetti sonori e compongono musica che si possa adattare alle possibili situazioni di gioco
  • user experience designer: è la persona che immagina come l'utente navigherà nel gioco o nell'applicazione, è quella che fa comunicare il gioco con l'utente in modo che l'utente possa capire che cosa sta succedendo e agire di conseguenza
  • game designer: si occupa della progettazione delle meccaniche di gioco e di che cosa può essere divertente e interessante proporre; ci sono diversi ruoli vicini al game designer quali il/la narrative designer che si impegna a scrivere una storia che possa "servire" sia la parte di interazione divertente sia una storia emotivamente intrigante
  • tester/QA(quality assurance): è la persona che verifica i contenuti del gioco e la sua correttezza, comunicando i bug eventuali trovati
  • producer/project manager: sono le persone che controllano i costi e le tempistiche del progetto;  fanno da collettore di tutte le richieste dei differenti reparti e li coordinano
  • personale dell’ufficio commerciale: sono le persone che vendono le applicazioni dell'azienda o intercettano delle necessità del mercato che diventano successivamente progetti
  • personale del marketing: si occupano di promuovere tutto quello che si fa in aziende oppure di seguire la clientela che chiede di promuovere i loro prodotti
  • persone della comunicazione: hanno la responsabilità della “voce” dell'azienda e dei prodotti sulla rete e sui diversi canali di comunicazione
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