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Attivisti bloccano arrivi di animali

Gli animalisti stanno cercando di bloccare a suon di proteste gli arrivi di animali ai laboratori, mentre in Italia è al vaglio una legge che di fatto renderà più difficile la ricerca sul campo
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Gli animalisti stanno cercando di bloccare a suon di proteste gli arrivi di animali ai laboratori, mentre in Italia è al vaglio una legge che di fatto renderà più difficile la ricerca sul campo

All’inizio del 2012 tutti i traghetti che trasportavano topi di laboratorio in Inghilterra si sono fermati. Parliamo di 15.000 esemplari all’anno, destinati alla ricerca medica. L’associazione animalista National Anti-Vivisection Alliance inglese infatti ha fatto pressione affinché questi trasporti cessassero, e le compagnie di bandiera inglesi di fronte a lettere di protesta e a un calo di immagine non sostenibile aziendalmente hanno deciso lo stop.

Scimmie in volo
Allo stesso modo questo mese anche gli animalisti americani hanno fortemente osteggiato il trasporto aereo di scimmie destinate alla ricerca. Per la maggior parte le scimmie venivano dall’Asia, soprattutto Cina, e i voli più importanti erano quelli della compagnia China Southern su Los Angeles. Ma la situazione in questo momento è caotica: a causa delle proteste già diversi voli sono stati cancellati e la compagnia aerea stessa non ha nessun interesse a continuare questo servizio, così lesivo per la loro immagine ed economicamente irrilevante. La stessa situazione ha comunque contagiato il resto del mondo: Air Canada ha chiesto alla Canadian Transportation Agency, che regolamenta gli spostamenti aerei, di avere il permesso di rifiutare il trasporto di scimmie da esperimento.

Trasporto di scimmie da esperimento nel 2011 (Immagine: Nature)


Le motivazioni degli animalisti
Gli animalisti contestano il fatto che gli animali allevati per scopi di ricerca non vengano cresciuti e tenuti in condizioni di rispetto, e gli antivivisezionisti sono del tutto contrari a questo tipo di ricerca. Le immagini toccanti e di forte impatto che questi espongono durante le loro proteste sono profondamente disturbanti, tanto che istintivamente l’unica soluzione proponibile sarebbe quella di fermare la ricerca animale, erroneamente chiamata vivisezione (come ci ha ricordato Marco Pierotti). La componente emotiva non è affatto da trascurare: in Italia le immagini dell’allevamento di Green Hill di Montichiari, dove vengono cresciuti cani di razza beagle per i laboratori, hanno fatto il giro della penisola e in questi giorni a Roma verranno consegnate 75.000 firme per chiederne la chiusura.

La nuova legge italiana
Probabilmente Green Hill chiuderà se il testo di legge approvato dalla Camera dei Deputati, e ora in discussione in Senato, diventerà definitivo. Infatti secondo questa legge, che accoglie una Direttiva Europea in materia di diritti animali, sarà impossibile allevare sul suolo italiano cani, gatti e primati a scopo sperimentale. Alcuni scienziati hanno scritto una lettera aperta destinata ai senatori, per chiedere di rivedere il testo di legge, che contiene alcune limitazioni importanti allo svolgimento della ricerca in Italia (vedi articolo su Aula di Scienze).

Una soluzione
Se gli animali non possono essere allevati all’interno del Paese e non possono essere trasportati il problema si fa serio. Purtroppo a oggi non esiste un’alternativa altrettanto valida alla sperimentazione animale in certi campi, e la legge già prevede che questa inizi solo quando non esistano alternative. La ricerca comunque non si fermerà, come dice in un’intervista su Nature Tipu Aziz, neurochirurgo dell’Università di Oxford. Secondo lui infatti questo significherà solamente che questo tipo di ricerche e i medici che ci lavorano saranno costretti a trasferirsi in Paesi dove questa pratica sia accettata con meno difficoltà.

Immagine della protesta animalista contro la China Southern airlines (Immagine: lidafirenze)



Scienziati con picchetti
Grazie alla sperimentazione animale infatti in questi giorni è stato possibile sviluppare un nuovo farmaco contro l’ictus per esempio, ma queste notizie sono meno pubblicizzate. In un redazionale di Nature infatti si invitano gli scienziati ad adottare le stesse strategie propagandistiche degli animalisti: cartelloni con immagini di ammalati di Parkinson sofferenti, picchetti con il numero di famiglie coinvolte da malattie debilitanti che la ricerca sta cercando di aiutare. Il primo problema è di accettabilità della ricerca animale per l'impossibilità di avere riscontri e benefici diretti (sacrifico oggi un animale ma chissà se domani questo significherà salvare una vita umana), e in secondo luogo anche di comunicazione: gli scienziati sono pragmatici, non è facile pensarli marciare con immagini che sfruttano l’emotività collettiva, immagini altrettanto disturbanti delle malattie che le causano.

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