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Nobel per la Fisica 2012: un approfondimento

Alla scoperta del Nobel per la Fisica 2012 con Rosario Fazio (Scuola Normale Superiore di Pisa)
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Approfondiamo i Nobel del 2012 grazie all’aiuto di alcuni esperti. Continuiamo col secondo premio assegnato, il Nobel per la Fisica, andato quest’anno a Serge Haroche e a David Wineland per i loro studi sul'interazione quantistica tra la luce e la materia. Ne abbiamo parlato con il professor Rosario Fazio, fisico teorico che si occupa di informazione quantisitica, oggi ordinario di Fisica della materia presso la Scuola Normale Superiore di Pisa.
 
Il 18 settembre 2012, Serge Haroche, professore di Fisica quantistica presso l’Ecole Normale Supérieure di Parigi, si trova a Otranto in provincia di Lecce, in occasione dell’International School of Physics and Technology of Matter. Tra una lezione e l’altra, mentre approfitta dei coffee break per godersi il tepore di un’estate salentina che volge al termine, non immagina neanche lontanamente quello che gli capiterà appena tre settimane dopo. Insieme a David Wineland, del National Institute of Standards and Technology (NIST) e University of Colorado Boulder, l’8 ottobre Serge Haroche riceverà infatti il premio Nobel per la fisica «per aver sviluppato rivoluzionari metodi sperimentali che hanno permesso la misurazione e la manipolazione di sistemi quantistici individuali». Da più di trent’anni i due scienziati si occupano dell’interazione quantistica tra la luce e la materia e sono stati i primi a sviluppare metodi sperimentali per manipolare atomi e fotoni senza alterarne le proprietà quantistiche. Oggi queste tecniche pioneristiche sono considerate le pietre miliari dell’informazione quantistica, la disciplina che studia le tecniche di calcolo che utilizzano stati quantistici per memorizzare ed elaborare le informazioni.
 
Per capire meglio la portata di questo premio e delle ricerche insignite del Nobel, abbiamo intervistato Rosario Fazio, che si occupa di informazione quantistica, trasporto quantistico e superconduttività. Fazio, dopo anni di ricerca trascorsi all’estero presso l’Institut fuer Theoretische Physik di Karlsruhe e al CNRS-CRTB di Grenoble, è stato ordinario di Fisica della materia prima all’Università di Catania, poi alla Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati (SISSA) di Trieste, mentre oggi ricopre la stessa carica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. L’ultima volta che ha incontrato Serge Haroche è stata circa un mese fa, in occasione dell’International School of Physics and Technology of Matter di cui è stato direttore scientifico.
 
Un'immagine di Rosario Fazio (fonte: Scuola Normale Superiore di Pisa)
 
Professor Fazio, è stata una sorpresa anche per lei che il Nobel per la fisica non sia stato assegnato a Peter Higgs, ma a quelli che la stampa ha definito due outsider?
Io non li definirei affatto outsider. Nel mondo accademico i loro lavori erano arcinoti e non c’è stata sorpresa. Senza dubbio Haroce e Wineland non sono noti al grande pubblico come Higgs, anche perché gli esperimenti per cui sono stati premiati si fanno su un tavolo. Certo non è il tavolo della cucina…
 
Quali sono le caratteristiche delle tecniche sperimentali sviluppate dai due scienziati?
Serge Haroche ha inventato quella che viene chiamata cavity QED, cioè una cavità all’interno della quale è possibile intrappolare un singolo fotone. Haroche ha avuto poi l’idea di far passare all’interno di queste cavità degli atomi e questo gli ha consentito di studiare in maniera controllata l’interazione tra un singolo fotone e un singolo atomo. David Wineland invece si è concentrato sullo studio di ioni in trappola, cioè è riuscito a confinare in vere e proprie trappole fatte di particolari campi elettrici degli ioni, studiandone in maniera accurata le proprietà quantistiche. Ma penso che la cosa veramente importante sia che entrambi abbiano sviluppato delle tecniche che gli hanno permesso di manipolare degli stati quantistici a loro piacimento, costituiti da atomi e fotoni, nel caso di Haroche, o da ioni, nel caso di Wineland. Credo che sia il primo caso in cui un premio Nobel venga assegnato a dei ricercatori che hanno realizzato dei sistemi artificiali, che non si sono occupati cioè di fenomeni che avvengono spontaneamente in natura, ma che hanno progettato a tavolino un sistema in base a come volevano che si comportasse.
 
Che cosa vuol dire «manipolare» un sistema quantistico?
Essenzialmente significa essere in grado di fissare i valori delle grandezze che ne caratterizzano lo stato, come l’energia e lo spin per esempio, ed essere capaci poi di farlo evolvere in maniera controllata. Haroche e Wineland sono stati i primi a fare questo, cioè sono riusciti a decidere come uno stato quantistico dovesse evolvere al passare del tempo. Questo ha delle ricadute fondamentali nell’informazione quantistica, una disciplina che nella sua essenza studia le possibilità di controllare e sfruttare dei sistemi quantistici per eseguire algoritmi. Non a caso, infatti, alcuni gruppi di ricerca nel settore considerano i sistemi sperimentali di Haroche e Wineland il punto di partenza per la costruzione di un computer quantistico.
 
Che cosa si intende per computer quantistico e in che cosa si differenzia da un computer classico? Un computer classico utilizza essenzialmente dei registri di bit, cioè una stringa di 0 e 1, e li dà in pasto ha una sequenza controllata di porte logiche che cambiano lo stato di ciascun bit in maniera tale da realizzare un certo algoritmo. Se per esempio vogliamo sommare due numeri, li mettiamo in un registro poi eseguiamo tante operazioni binarie che ci consentano di arrivare al risultato, cioè alla somma dei due numeri. In un computer quantistico si definisce invece un bit quantistico o qubit, utilizzando un sistema a due livelli, per esempio lo spin di un elettrone, che fungono da 0 e 1. La prima differenza fondamentale sta già qui, perché il sistema quantistico può stare non solo nello stato di 0 o di 1, ma anche in uno stato dato dalla sovrapposizione dei due livelli. Benché l’input e l’output degli algoritmi resti classico, cioè stringhe di 0 e 1, le porte logiche che definiscono l’algoritmo non agiscono più sullo stato 0 o 1, ma su una qualsiasi sovrapposizione dei due stati logici. Durante la computazione il sistema si trova effettivamente in uno stato che non è classico. Di fatto la computazione quantistica consiste nell’inventare nuove porte logiche che sfruttino la natura di questi sistemi a due livelli.
 
Qual è il vantaggio di avere a che fare con macchine di questo tipo?
In teoria con un computer quantistico si potrebbero sviluppare con estrema semplicità algoritmi difficilmente realizzabili con un normale computer. Per non parlare poi della velocità di calcolo. Ogni anno possiamo acquistare computer sempre più potenti, che eseguono lo stesso numero di passi di un certo algoritmo in tempi più brevi. Si tratta però solo ed esclusivamente di un potenziamento dell’hardware. Se un algoritmo per essere eseguito richiede un certo numero di passi, ecco, da cinquant’anni quel numero di passi è sempre lo stesso. In un computer quantistico è la struttura stessa dell’algoritmo a cambiare, la sua logica. Queste macchine saranno più efficienti perché si ridurrà il numero dei passi che si devono eseguire per compiere qualsiasi operazione. L’aumento della velocità di calcolo di cui spesso si sente parlare sta proprio in questo.
 
Quanto dovremo aspettare allora per poter inviare una email da un computer quantistico?
Al momento è difficilissimo fare previsioni di questo tipo. Ci sono diversi gruppi di ricerca che hanno sviluppato macchine quantistiche che lavorano con una decina di qubit in grado di realizzare algoritmi molto semplici. La sfida è quella di aumentare la complessità di questi sistemi. Il fatto che aziende del calibro di Microsoft stiano investendo nella computazione quantistica e che il premio Nobel sia stato assegnato ai padri di questo settore indica però che la strada tracciata è quella giusta.

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