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Ti consiglio un libro: L’universo meccanico

Il «racconto dell’astronomia moderna» dalla penna dello scrittore americano Edward Dolnick: un’avventura che parte nel 1665 da una Londra devastata dalla peste e dagli incendi e finisce per essere teatro, contro ogni aspettativa, della nascita della scienza moderna.
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Anche da ingredienti poco promettenti a volte è possibile ottenere risultati strabilianti, in grado letteralmente di cambiare la storia del mondo. Prendete Londra nella seconda metà del Seicento: una città in cui malattie e assassini rendevano i decessi superiori alle nascite. Aggiungete la peste del 1665, che da sola si portò via un quinto della popolazione di Londra. Mescolate per un altro anno appena e aggiungete l’incendio devastante che nel 1666 distrusse gran parte della città e, con essa, uccise molti dei suoi abitanti. Sembra l’incipit di un romanzo storico dai toni gotici e invece è l’inizio di una grande avventura. Luniverso meccanico dello scrittore americano Edward Dolnick (edito in Italia da Bollati Boringhieri) racconta la storia dei personaggi e degli eventi che portarono alla nascita dell’astronomia moderna e con essa alle più grandi scoperte nel campo della fisica.
 

La copertina del libro "Luniverso meccanico: il racconto dellastronomia moderna" di Edward Dolnick, edito da Bollati Boringhieri (Foto: Bollati Boringhieri)

1666: anno dellApocalisse o annus mirabilis?
Quando il calendario segnò l’inizio dell’anno 1666, erano in molti a credere – e lo credevano seriamente – che l’Apocalisse fosse alle porte. Gli eventi catastrofici degli ultimi anni non erano che un segno premonitore della crescente ira di Dio e anche molti scienziati erano convinti che la fine del mondo fosse una possibilità tutt’altro che recondita. La peste del 1665 non poteva che rappresentare l’apice dell’ira divina prima della fine. In quei mesi di epidemia, gli studenti del Trinity College di Cambridge furono rimandati a casa. Tra di essi vi era un ragazzo schivo e dal carattere a dir poco difficile: aveva ventiquattro anni, si chiamava Isaac Newton e di lì ad un anno la sua mente avrebbe partorito una quantità di leggi matematiche da superare il sapere di tutti quelli che l’avevano preceduto. Fu proprio grazie al congedo dal Trinity College che il giovane Newton si rintanò nella campagna inglese, nel podere della madre, e sdraiato sotto il famoso albero di mele ebbe l’intuizione – come la leggenda vuole – che cambiò la storia della fisica per sempre. Correva l’anno 1666 e per il giovane Isaac aveva inizio quello che verrà ricordato come l’annus mirabilis della sua produzione scientifica. Tutta l’Europa pensava che la fine fosse vicina e non sapeva invece che questo era solo l’inizio di un nuovo mondo.
 
La fine del disordine
Da Newton in poi, a cambiare non furono soltanto i libri di fisica e astronomia: cambiò il modo stesso in cui l’uomo guardava al mondo, a se stesso e al proprio rapporto con Dio: un Dio che smise di essere colui che elargiva epidemie e catastrofi per punire i peccati dell’umanità e iniziò ad essere il “Dio-matematico” dell’Illuminismo europeo. E se Dio era matematico, il linguaggio con cui la sua creazione parlava all’uomo non potevano che essere formule matematiche e leggi fisiche: all’uomo non restava che scoprire e comprendere queste leggi per poter svelare l’enigma della creazione e “dialogare” con il suo fautore. Un concetto che traspare dai versi di Alexander Pope, poeta inglese contemporaneo di Newton, che scrisse «Tutto ciò che chiamiamo disordine è armonia non compresa».
 
 

Ritratto di Isaac Newton (1642 - 1727) ad opera di Godfrey Kneller (Immagine: Wikipedia)


A passeggio con i grandi dellastronomia moderna.
La lettura de L’universo meccanico è qualcosa di simile ad una passeggiata rilassante in compagnia di quel gruppetto di scienziati che accese la miccia della scienza in senso illuministico: quella da cui non solo il nostro sapere, ma anche la nostra forma mentis deriva. Una passeggiata che per essere apprezzata non richiede un bagaglio completo di conoscenze matematiche e fisiche: anzi, queste conoscenze ci vengono fornite durante la lettura. Meglio ancora, l’autore Edward Dolnick ci guida per mano alla loro scoperta: ci spiega il contesto storico che ha portato i tempi ad essere “maturi” per certe domande della scienza; ci fa entrare nelle stanze della Royal Society di Londra ad assistere ad alcuni esperimenti strampalati e ad altri che invece segnano già l’inizio del metodo scientifico; ci fa sedere in carrozza con l’instancabile Leibniz e ci lascia guardare mentre il geniale filosofo e matematico tedesco scriveva fiumi di dimostrazioni sul calcolo infinitesimale, la cui scoperta si contese a lungo con Newton; ci lascia entrare nelle stanze dello stesso Newton – un privilegio forse raro ai suoi stessi contemporanei – e ci permette di sbirciare tra le innumerevoli copie della Bibbia mescolate agli appunti dei Principia, il volume in cui Newton condensò le sue leggi fondamentali. Dalle pagine di questo volume esce un resoconto che non è la solita raccolta delle leggi fondamentali della fisica: è il racconto di come queste leggi siano nate, da quali domande siano partiti i loro scopritori e chi fossero, non gli scienziati, ma le persone che le scoprirono e, svelandole, ne fecero dono al mondo intero.

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