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Migrazioni sballate

Uno studio sugli uccelli migratori getta luce sulla relazione tra cambiamenti climatici e tempi di migrazione
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Una rondine non fa primavera, recita un vecchio adagio. Ma se tutte le rondini arrivano con settimane di anticipo, il dubbio viene. Come i ciliegi giapponesi e gli orsi polari, anche gli uccelli migratori devono fare i conti con i cambiamenti climatici, e adattarsi per sopravvivere. In questo caso, modificando i tempi della migrazione. Molti uccelli migratori, infatti, negli ultimi anni sono giunti sempre prima nei luoghi di riproduzione, anticipando la deposizione e la cova delle uova. Gli esperti hanno sospettato a lungo che questo comportamento fosse legato al riscaldamento globale, ma molti aspetti sono rimasti oscuri. Non si sapeva, per esempio, perché questa tempistica sfasata riguarda soprattutto le specie che si spostano su distanze più brevi, ma non quelle che compiono lunghe migrazioni, le cui popolazioni, non a caso, sono in costante declino.
Oche granaiole in migrazione. Molte specie di uccelli migratori, soprattutto quelle che percorrono le distanze più lunghe, fanno fatica a stare al passo con i rapidi cambiamenti climatici (Immagine: Wikimedia Commons)
Un team di ricercatori della University of East Anglia ha risolto questi misteri, in un articolo pubblicato sui Proceedings of the Royal Society. Il team ha esaminato una popolazione di pittime reali islandesi per oltre 20 anni, nell’arco dei quali gli stormi hanno progressivamente anticipato il loro arrivo di ben due settimane. Nella raccolta dei dati i ricercatori sono stati supportati da una rete di più di 2000 appassionati di birdwatching, che hanno riportato gli avvistamenti di esemplari inanellati lungo tutta la rotta migratoria, dall'Islanda alla Spagna e al Portogallo .
Una pittima reale, un uccello migratore oggetto dello studio (Immagine: Wikimedia Commons)
La spiegazione più semplice sarebbe che i singoli uccelli semplicemente migrano prima ogni anno, ma non è così. Monitorando l’arrivo degli stessi esemplari, di età nota, anno dopo anno e per lungo tempo, i ricercatori si sono accorti che il loro comportamento non è cambiato. In altre parole, arrivano sempre esattamente nello stesso periodo, rispondendo a un orologio interno. "Abbiamo scoperto che gli uccelli nati alla fine del 1990 arrivano a maggio, mentre quelli nati in anni più recenti tendono ad arrivare nel mese di aprile. Così le date di arrivo vengono anticipate perché le nuove generazioni migrano prima”, spiegano i ricercatori. Qual è, allora, la relazione tra questi comportamenti e il cambiamento climatico? Il riscaldamento globale gioca un ruolo fondamentale, perché le pittime reali nidificano prima in anni più caldi. Di conseguenza, gli uccelli che nascono in anticipo hanno più tempo per raggiungere la condizione fisica necessaria ad affrontare la migrazione e trovare luoghi adatti dove trascorrere l'inverno. Ciò significa che saranno pronti prima degli altri a tornare in Islanda per riprodursi. Lo studio spiega anche perché l’anticipo nella tempistica di migrazione non è comune tra le specie che percorrono lunghe distanze. "Molti migratori su lunga distanza arrivano così tardi nei luoghi di riproduzione che hanno poche possibilità di far fronte al riscaldamento climatico nidificando prima”, denunciano i ricercatori. Ecco perché le popolazioni di molte specie stanno subendo una drastica riduzione. Per loro, l’unica speranza è riuscire in qualche modo a resettare il proprio millenario orologio biologico, regolandolo sui tempi rapidi, e ancora imprevedibili, dei cambiamenti climatici.
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