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Apriti, sesamo: dischiudere le porte della barriera emato-encefalica

Dischiudere le porte della barriera emato-encefalica, il baluardo a difesa del cervello, per aprire la strada a farmaci per malattie e tumori al cervello. Un nuovo studio dimostra che è possibile farlo, dando nuove chance di cura a malattie difficilmente trattabili.
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Il cervello è un organo troppo prezioso perché il nostro organismo si possa permettere di esporlo a rischi. La barriera emato-encefalica(o BEE) impedisce il passaggio a tutte le sostanze che potrebbero causare danni: talvolta, però, queste sostanze potrebbero essere farmaci necessari a curare un tumore. Come fare per lasciare che le porte della BEE si dischiudano alla terapia? Un nuovo studio dimostra che gli ultrasuoni potrebbero fornire la tanto attesa parola d'ordine, permettendo a farmaci e chemioterapici di raggiungere il cervello.
La barriera emato-encefalica: avvolgendosi attorno alle cellule endoteliali, gli astrociti creano un filtro che limita il passaggio di sostanze dal sangue al celrvello. (Immagine: adattata e tradotta da Wikimedia Commons)
BEE, la sentinella a guardia del cervello A proteggere il cervello da urti e scosse ci pensano la scatola cranica e le meningi, ma non tutte le minacce arrivano dall'esterno. Sostanze potenzialmente tossiche potrebbero essere veicolate nel cervello tramite il sangue: ad evitare che ciò avvenga ci pensa la BEE, un baluardo protettivo a cavallo tra il sangue (emato-) e il cervello (-encefalica). La BEE è costituita da una schiera di astrociti che avvolgono le cellule endoteliali dei vasi sanguigni (in figura): insieme, queste cellule svolgono alla perfezione il ruolo di rigorose sentinelle, lasciando passare solo ciò di cui il cervello ha bisogno: acqua, ossigeno e sostanze nutritive. Batteri, sostanze tossiche e farmaci vengono invece in gran parte bloccati, preservando il cervello da potenziali danni. Pur nel suo ruolo protettivo, la BEE può talvolta essere un ostacolo indesiderato: è il caso dei tumori al cervello, difficili da curare anche per la difficoltà dei farmaci chemioterapici a superare la barriera.
Un capillare periferico e un capillare cerebrale a confronto: rispetto agli altri vasi del corpo, i vasi cerebrali non hanno fenestrazioni e sono protetti da un manicotto di astrociti che formano la BEE (Immagine: adattata e tradotta da Wikimedia Commons).
Dischiudere a comando le porte della BEE Per ovviare a questo problema, un gruppo di ricercatori ha messo a punto un sistema per controllare a comando l'apertura della BEE in pazienti con glioblastoma, un tumore al cervello tra i più difficile da trattare. Il sistema si basa sulla capacità degli ultrasuoni di innescare vibrazioni in microbolle presenti nel sangue (precedentemente iniettate nei pazienti): queste vibrazioni agiscono come piccoli terremoti, separando le cellule della BEE e minando la solidità della barriera. Se a questo punto il paziente viene sottoposto a chemioterapia, per circa sei ore il farmaco avrà il via libera e potrà penetrare liberamente all'interno della zona del cervello esposta agli ultrasuoni. Anche se è ancora prematuro stabilire gli effetti sul tumore, la risonanza magnetica ha dimostrato che il trattamento ad ultrasuoni apre le porte della BEE e permette il passaggio di sostante che normalmente verrebbero bloccate. Porte aperte, ma in modo controllato La grande innovazione di questa tecnica è data non solo dalla possibilità di controllare a comando la permeabilità della BEE - e solo in certe aree del cervello - ma anche dalla sua reversibilità, limitando così effetti dannosi a lungo termine. Se ne verrà confermata l'efficacia, questa procedura potrebbe rendere molto più efficiente il trattamento non solo dei tumori al cervello, ma anche di malattie neurogedenerative come l'Alzheimer. Immagine banner: Wikipedia Immagine box: Shutterstock
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