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Dilatazione del tempo: la prova migliore di sempre

Utilizzando un fascio di ioni di litio lanciato a velocità confrontabili con quella della luce, un gruppo di ricercatori tedeschi ha misurato il celebre fenomeno relativistico con una precisione mai raggiunta prima.
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L’errore più grave che si può commettere quando si parla della teoria della relatività è pensare che si tratti (solo) di una teoria, intesa nel senso comune del termine. Quelle proposte da Einstein, infatti, non sono ipotesi o congetture, ma vere e proprie leggi confermate sperimentalmente, ogni giorno, da decenni. Mentre state leggendo queste righe, per esempio, le particelle che corrono negli acceleratori “obbediscono” alle leggi della meccanica relativistica; e magari proprio in questo momento un astrofisico sta “fotografando” una galassia impallata da un buco nero grazie a una lente gravitazionale, un fenomeno che scaturisce direttamente dalla curvatura dello spazio-tempo prevista dalla relatività generale. Al vaglio della verifica sperimentale è passato più e più volte anche uno dei fenomeni relativistici più noti e sorprendenti, la dilatazione del tempo. Quello che forse potrà sembra curioso è che a distanza di più di un secolo dalla sua prima formulazione c’è qualcuno che fa ancora esperimenti, non tanto per testarne la validità, ma per affinarne la misura in laboratorio. Questo è quello che è emerso qualche settimana fa dalle pagine della rivista Physical Review Letters, dove si racconta che un gruppo di ricercatori dell’Experimental Storage Ring di Darmstadt, in Germania, utilizzando ioni di litio lanciati a una velocità di 0,4c, ha misurato la dilatazione del tempo relativistica con una precisione mai raggiunta prima. Un fenomeno a prova di smartphone Quando si studia il fenomeno della dilatazione del tempo, di solito si ha a che fare con treni e stazioni. Nel senso che lo scenario che ci si costruisce per visualizzare il fenomeno è più o meno di questo tipo: siete fermi al binario, bene al di qua della linea gialla, quando un treno vi sfreccia davanti; a bordo del treno, come sempre, c’è un vostro amico, dotato di un orologio da polso identico a quello che avete voi. Ebbene, per strano che possa sembrare, in questa situazione il vostro orologio, che dal vostro punto di vista non si sposta, batte il tempo più velocemente dell’orologio dell'amico. Visto poi che il moto tra voi è relativo, per il vostro amico, che si trova a bordo del treno in corsa, è vero il contrario: siete voi che vi state muovendo rispetto al treno, così a battere più velocemente è il suo orologio, mentre è il vostro a essere in ritardo. Questo effetto relativistico è una conseguenza della costanza della velocità della luce ed è grande soltanto quando si considerano velocità relative altissime, paragonabili a c. Nella vita quotidiana, il ritardo previsto da Einstein per gli orologi in movimento è piccolissimo: anche sul più veloce degli aerei, un cronometro tarda meno di un milionesimo di secondo ogni ora, rispetto a un cronometro identico fermo a terra. E tuttavia l’effetto esiste, è stato misurato e ne abbiamo la prova quotidianamente: il GPS di uno smartphone, per esempio, funziona soltanto perché il tempo misurato sui satelliti viene corretto, rispetto al tempo a terra, proprio come previsto da Einstein. Un trenino atomico A loro modo, anche i ricercatori dell’Experimental Storage Ring hanno pensato a un “treno”. Nel loro caso, però, i vagoni sono rappresentati da ioni di litio che corrono a una velocità di 0,4c lungo un piccolo acceleratore. Quando sono fermi in laboratorio, questi ioni subiscono una transizione atomica durante la quale viene prodotta una radiazione elettromagnetica con una frequenza e una lunghezza d’onda note. Per riportarli nella condizione iniziale, bisogna fornirgli esattamente la stessa energia che hanno perso nel corso di quella transizione. Per farlo basta investirli con un fascio di luce che abbia la stessa frequenza e lunghezza d’onda della radiazione che hanno emesso. Così, illuminando uno ione in modo continuo con un fascio luminoso con le caratteristiche giuste, lo costringeremo a subire transizioni atomiche che si susseguiranno a intervalli di tempo uguali tra loro. E lo trasformeremmo in un orologio atomico, la cui unità di misura non è altro che l’intervallo di tempo tra due suoi “lampeggi” successivi. Fino a qui tutto bene, o quasi. Che cosa succede invece agli ioni quando si muovono a velocità prossime a quella della luce? Risposta: si comportano esattamente nello stesso modo. Ma a questo punto della storia, di solito, c’è un però. Infatti la radiazione elettromagnetica emessa dai “vagoni” di litio è soggetta all’effetto Doppler relativistico, e analogamente alla sirena di un’ambulanza in moto, la sua frequenza cambia. Per calcolarla bisogna utilizzare la formula dell’effetto Doppler relativistico, che dipende in modo diretto da quella della dilatazione del tempo.
Lo schema dell'apparato utilizzato dai ricercatori tedeschi: un doppio banco ottico porta due fasci laser rispettivamente a "tamponare" e colpire frontalmente il treno di ioni litio (immagine: Botermann et al.)
A questo punto, se investiamo il treno di ioni con un fascio luminoso della frequenza giusta, cioè quella corretta sulla base dell’effetto Doppler relativistico, otteniamo in un colpo solo due risultati: “accendiamo” la luce in quei vagoni atomici, cioè facciamo in modo che gli ioni emettano ciclicamente la loro radiazione elettromagnetica, ma soprattutto abbiamo la conferma indiretta della validità della dilatazione del tempo. Questo è quello che hanno fatto i ricercatori a Darmstadt, utilizzando due fasci laser opportunamente calibrati e allineati al trenino atomico. E lo hanno fatto talmente bene, che la loro misura della dilatazione del tempo ha una precisione dell’ordine di una parte su un miliardo ed è la migliore di sempre. Fino alla prossima, ovviamente: da Darmstadt, infatti, hanno già fatto sapere di lavorare all’evoluzione del loro già sofisticato apparato sperimentale.
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