Il logo ufficiale del Progetto Genoma Umano (Immagine: Wikimedia Commons).
Con Mauro Mandrioli, professore di genetica all'Università di Modena e Reggio Emilia, abbiamo fatto il punto su quello che può considerarsi uno degli eventi più importanti della scienza del secolo scorso, perché oltre a svelare la sequenza del genoma umano, ha donato alla comunità scientifica un nuovo modo di fare scienza.
A 25 anni dal varo del Progetto Genoma Umano, quale può considerarsi il maggior successo?
Per le tecnologie allora in uso, si è trattata di un’impresa realmente titanica. Se facessimo corrispondere a ogni base nucleotidica una lettera, con il nostro genoma potremmo allestire una biblioteca di 1500 grossi volumi da 1000 pagine ciascuno. In una classifica delle imprese scientifiche più importanti della storia umana, per ambizione e risorse impiegate, il Progetto Genoma sarebbe probabilmente secondo solo alla missione Apollo che portò il primo uomo sulla Luna. L’importanza e l’impatto di questo progetto sono evidenziati anche dal fatto che, da subito, il genoma umano è stato dichiarato “patrimonio dell’umanità”. Rimane la delusione di sapere che questo progetto, nato dalla proposta di Renato Dulbecco, abbia visto l’Italia giocare un ruolo minoritario per carenza di fondi. È di questi giorni la notizia di un centro di ricerca internazionale dedicato alla genomica umana che potrebbe nascere nell’area dell’Expo: potrebbe essere finalmente l’occasione per il nostro Paese per riscattarsi.
Qual è stato il contributo più prezioso del Progetto Genoma Umano alla ricerca scientifica?
Il Progetto Genoma Umano ha dato un impulso incredibile allo sviluppo della genomica come scienza matura. Da allora abbiamo visto nascere metodi di sequenziamento sempre più veloci, economici e in grado di fornire moltissime sequenze. Per gestire e analizzare questa immensa quantità di dati, si sono sviluppati software bioinformatici e biobanche, che oggi sono pubblicamente accessibili. Seppure lontani dalla biologia umana, sulla scia di questi traguardi si sono sviluppati anche i campi della filogenesi animale e dell’evoluzione, che oggi studiano le relazioni tra i viventi attraverso la filogenomica e la genomica comparativa. Anche lo studio delle malattie ha avuto un notevole impulso: basti pensare alla genomica dei tumori, di cui al momento possediamo circa 20 milioni di Gigabyte di dati!
Può sembrare assurdo, ma al momento abbiamo più dati genomici che scienziati per analizzarli. Grazie alla genomica siamo entrati nell’era dei big data, nel senso di dati che si accumulano celermente e che aspettano solo di essere analizzati con opportuni algoritmi. 25 anni fa alcuni biologi si domandavano quale utilità avesse sequenziare il genoma umano; oggi mi chiedo come si potesse fare ricerca senza la genomica.
Dal Progetto Genoma Umano hanno preso avvio progetti di sequenziamento su specifici gruppi di persone: quale peso possono avere nella visione globale?
L’evoluzione tecnologica associata al Progetto Genoma ha reso possibile, con costi contenuti, anche lo studio di specifiche popolazioni umane. Studiare il genoma di un gruppo ristretto di persone è molto più di un “selfie molecolare”: significa aprire le porte alla diagnosi, la prevenzione e il trattamento di numerose malattie. Popolazioni molto isolate, come gli islandesi, sono particolarmente interessanti perché derivano da pochi individui “fondatori”: per questo, si può ipotizzare che le basi molecolari delle malattie genetiche in Islanda siano meno diversificate e più facili da individuare di quanto accada in altre popolazioni meno isolate. Grazie al genoma di oltre centomila islandesi sono state identificate mutazioni associate a molte malattie (come riassunto in questa news dell’Aula di Scienze). Queste mutazioni non sono però specifiche degli islandesi: per esempio, sei delle otto mutazioni del gene ABCA7 associate a un maggiore rischio di Alzheimer, sono presenti anche in altre popolazioni di discendenza europea, compresi gli statunitensi. Non serve però andare lontano per trovare popolazioni interessanti: un recente progetto ha mostrato che il genoma dei sardi racchiude le caratteristiche genetiche di tutti gli europei. È una risorsa molto preziosa, sia per studi evoluzionistici sia per analizzare i fattori genetici di rischio per malattie frequenti non solo nell'isola ma più in generale nel resto d'Europa (per maggiori dettagli, consulta questa news dell’Aula di Scienze).
Un esempio dei traguardi raggiunti dal Progetto Genoma Umano: la mappatura dei tratti e delle patologie associate al cromosoma 21. Mappe analoghe sono state ottenute per tutti i cromosomi e sono consultabili a questa pagina Wikimedia Commons.
Come si può garantire la partecipazione a questi studi e tutelare, allo stesso tempo, la privacy dei partecipanti?
Il problema della privacy è estremamente serio, soprattutto nelle nazioni in cui la sanità si basa su assicurazioni sanitarie private. Un’assicurazione che venisse a sapere in modo fraudolento che un cliente è a rischio di Alzheimer, potrebbe negargli la copertura. Al problema della privacy si associa quello della proprietà delle informazioni genetiche quando, come è accaduto in Islanda, le analisi sono state condotte da aziende private. Questo ha dato il via a numerose cause, tanto che la gestione delle difficoltà legali è stata importante quanto gli studi genetici stessi.
Una soluzione potrebbe essere quella adottata da USA e Regno Unito: alla sequenza di DNA è abbinata una cartella clinica anonima, a cui nemmeno i partecipanti hanno accesso. Con questo sistema il progetto Biobank inglese ha reclutato oltre mezzo milione di cittadini e nessuno di loro sa cosa si cela nel proprio genoma. Siamo però sicuri che sia la scelta giusta? Negli Stati Uniti i test genetici sono venduti con lo slogan Empower yourself; è uno slogan molto enfatico, ma in alcuni casi conoscere le proprie mutazioni potrebbe guidare verso scelte più consapevoli in termini di stile di vita, alimentazione e screening medici.
Qual è l'eredità più preziosa del Progetto Genoma Umano?
Il Progetto Genoma ci ha lasciato un enorme progresso tecnologico e culturale. Sequenziare un genoma non significa però avere “capito” tutto di un essere vivente: è necessario dare un significato e un ruolo a tutti i geni che sono stati identificati. Numerosi progetti internazionali, tra cui il progetto ENCODE, stanno fornendo molte informazioni, ma la percentuale del nostro genoma di cui conosciamo la funzione è ancora molto bassa (per un riassunto su ENCODE consulta questa pagina dell'Aula di Scienze). Se la fase di sequenziamento (fase genomica) è stata relativamente veloce, la fase di analisi (fase post-genomica) è ancora ben lontana dall’essersi conclusa.
Da tutto questo potrà però derivare quella che ritengo l’eredità più preziosa: la genomica individuale. Non tutti i caratteri si basano sul solo DNA, ma conoscere il nostro genoma ci permetterà di avere una medicina personalizzata: sapremo quali farmaci o alimenti dobbiamo evitare e potremo conoscere le malattie verso cui siamo predisposti. Non correte però a chiedere oggi di sequenziare il vostro genoma. Sebbene ci siano aziende che offrono già questi servizi online, è prima necessario consolidare quanto sappiamo. Lo stesso Craig Venter ha creato Health Nucleus, l’impresa che offre a 250 dollari il sequenziamento completo dell’esoma (l’insieme di tutti gli esoni, le parti codificanti dei geni) abbinato ad analisi mediche di vario tipo: il tutto per cercare di dare un significato clinico ai dati ottenuti. Ma sarà tutt’altro che facile! Ad oggi la genomica individuale è ancora una promessa, e non una realtà.
Immagine banner e box: Wikimedia Commons