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La matematica delle strisce

Un modello matematico sviluppato dall'Università di Harvard prova a spiegare la formazione e l'orientamento delle strisce sul manto degli animali
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Osservando i disegni che la natura crea su alcuni animali si potrebbe quasi sospettare che a disegnarli sia la mano di un artista. Le strisce delle zebre, le macchie del leopardo, il manto della tigre che tanto ci affascinano sono però, molto meno poeticamente, frutto di un'equazione matematica. A dimostrarlo è uno studio teorico pubblicato su Cell System che ha cercato di intersecare i diversi modelli matematici elaborati negli ultimi decenni in un'unica equazione che possa spiegare l'origine di questi motivi. Fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso, infatti, sono stati molti i matematici affascinati dalla geometria disegnata sul manto di questi animali a tal punto da elaborare degli algoritmi per cercare di spiegarla. Tra questi un nome illustre.  

Le macchie di Turing

Nonostante sia conosciuto più per il suo lavoro di crittografo e informatico, Alan Turing fu un pioniere della biologia matematica. Nel 1952, nella sua pubblicazione dal titolo Le basi chimiche della morfogenesi propose un modello matematico per spiegare la formazione di macchie e strisce negli animali e, più in generale, di tutti gli schemi ripetitivi presenti in natura. Si dice fosse solito mostrare ai suoi colleghi disegni con macchie bianche e nere, frutto di complessi calcoli matematici, per sapere se potessero assomigliare al manto di una mucca frisona. Dai suoi studi emersero le equazioni di reazione-diffusione che spiegano la formazione di molti disegni naturali come, appunto, le strisce della zebra, ma anche la spirale di una conchiglia. Ma cosa reagisce e diffonde? Turing parla di due agenti chimici, due "morfogeni", che agiscono in opposizione uno all'altro. L'attivatore promuove la formazione del colore mentre l'inibitore lo spegne. A livello embrionale queste due molecole interagiscono per poi diffondere secondo i modelli matematici identificati da Turing. Il risultato lo possiamo vedere nelle geometrie cromatiche della fauna terrestre. La validità del modello di Turing è stata provata di recente (lo abbiamo raccontato anche su Aula di Scienze), ma lasciava tuttavia una questione irrisolta: perché le strisce degli animali si orientano in una direzione ben precisa?  

Un modello unico 

Proprio a questa domanda hanno cercato di rispondere i ricercatori dell'Università di Harvard che hanno analizzato tutti i modelli matematici proposti finora, compreso quello di Turing, al fine di ottenere un'unica equazione matematica in grado di spiegare perché le strisce del pesce zebra siano parallele all'asse vertebrale mentre quelle del manto della tigre siano perpendicolari. Lo studio non entra nel merito di quale molecola o quali processi molecolari diano origine a questi motivi, ma analizza da un punto di vista puramente matematico le variabili che ne determinano l'orientamento. Si tratta di tre diverse "perturbazioni" che riguardano tre aspetti della formazione delle strisce: il gradiente di produzione, cioè la densità delle molecole coinvolte; il gradiente parametrico, che influenza uno dei parametri coinvolti nella formazione delle strisce; e infine le caratteristiche fisiche, date dalle componenti molecolari o cellulari coinvolte nel processo.
A sinistra una simulazione secondo il modello di Turing che fornisce strisce dalla direzione variabile. A destra, un gradiente di segnale ha dato alle strisce un'unica direzione Immagine: Tom Hiscock
  Si tratta per ora di un approccio totalmente teorico, ma gli autori pensano di essere vicino all'elaborazione anche di un modello sperimentale che permetterà di dimostrare come biologia e matematica siano strettamente correlate.  Immagine box apertura e banner: Wikipedia
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