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Nubi sul riscaldamento globale

Tre nuovi studi fanno luce sul ruolo degli inquinanti nella formazione delle nubi, suggerendo una revisione dei modelli sul riscaldamento globale.
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Le nuvole si formano per condensazione di goccioline d’acqua intorno a minuscole particelle in sospensione chiamate aerosol. L’inquinamento umano rilascia grandi quantità di aerosol, principalmente acido solforico, perciò gli scienziati hanno dedotto che i cieli attuali siano molto più nuvolosi rispetto al passato preindustriale, contribuendo a contenere il riscaldamento globale.  

Nubi e inquinamento

Tre nuovi studi pubblicati su Nature e Science, tuttavia, dimostrano che anche i gas emessi naturalmente dagli alberi possono fungere da nuclei di condensazione per la formazione delle nuvole. I risultati non solo suggeriscono che in passato i cieli fossero meno limpidi, ma soprattutto che le nubi potrebbero essere meno efficaci nel contrastare il riscaldamento globale.
L'anidride solforosa, una dei principali inquinanti di origine antropica, produce in atmosfera acido solforico che favorisce la condensazione delle nubi (immagine: pixabay)
Se gli scienziati non hanno dubbi sul fatto che il CO2 e altri gas a effetto serra emessi dalle attività umane stiano riscaldando la Terra, meno chiara è la portata di questi cambiamenti. Un punto controverso è l’effetto dell’anidride solforosa, un inquinante che è cresciuto di quasi sette volte in epoca moderna. L’anidride solforosa reagisce con l’ossigeno e l’acqua per formare acido solforico, ritenuto il principale attore nella formazione delle nubi. Dal momento che queste ultime riflettono la luce solare verso lo spazio, si pensava (o sperava) che un aumento della nuvolosità potesse in parte compensare il riscaldamento dovuto ai gas serra.  

Gli esperimenti di CLOUD

Ma i nuovi dati suggeriscono altri scenari. Un gruppo di ricerca ha utilizzato CLOUD (Cosmics Leaving Outdoor Droplets), una camera controllata presso il CERN di Ginevra grande più o meno come un autobus, per simulare antiche condizioni atmosferiche. La camera è stata riempita di aria prodotta sinteticamente per garantire condizioni chimiche controllate con precisione. Oltre a una miscela di ossidanti naturali presenti nell’aria e a un idrocarburo organico rilasciato dalle conifere, che è stato rapidamente ossidato, l’unico altro ingrediente della miscela erano i raggi cosmici, radiazioni ad alta energia provenienti dallo spazio, che hanno permesso alle molecole di raggrupparsi in aerosol.
La camera di CLOUD usata negli esperimenti pubblicati su Nature (immagine: cloud.web)
 

Aerosol senza acido solforico

A sorpresa, l’acido solforico si è rivelato superfluo. Infatti, anche quando è stato introdotto in basse concentrazioni nella camera per simulare l’aria inquinata, il tasso di formazione dell’aerosol è rimasto invariato. In un altro esperimento CLOUD, pubblicato simultaneamente su Nature, i ricercatori hanno anche dimostrato che le molecole di idrocarburo ossidato possono raggiungere rapidamente dimensioni sufficientemente grandi da permettere la condensazione delle nubi. Per confermare che questo processo si verifica realmente in natura, un secondo gruppo di ricercatori ha effettuato misurazioni atmosferiche sulla formazione di aerosol presso la stazione di ricerca Jungfraujoch, a 3500 m di quota sulle Alpi svizzere, in un ambiente relativamente incontaminato. Nel corso di un anno, hanno misurato le concentrazioni variabili di acido solforico e molecole organiche nell’aria, che sono state analizzate con gli stessi strumenti di CLOUD. I risultati, pubblicati su Science, hanno rivelato un aumento di particelle di aerosol quando le molecole organiche erano più abbondanti, anche in assenza di acido solforico.
Federico Bianchi, tra i ricercatori coinvolti nello studio, accanto agli strumenti di CLOUD portati sulle Alpi per dimostrare che l'anidride solforosa non è necessaria per la formazione di aerosol (immagine: Federico Bianchi)  

Scenari incerti

Oggi l’acido solforico resta fondamentale per la formazione delle nuvole sulla Terra, ma le conclusioni dei ricercatori potrebbero rendere necessaria una revisione delle proiezioni climatiche oltre il 21° secolo. Se infatti l’antica copertura nuvolosa era più simile ai livelli attuali - anche in assenza di anidride solforosa e altri inquinanti - allora anche l’effetto raffreddante delle nubi dev’essere ridimensionato. In altre parole, secondo i ricercatori la Terra potrebbe essere meno sensibile ai gas serra di quanto si pensasse, e le temperature potrebbero aumentare meno rapidamente del previsto in risposta a future emissioni di carbonio. Per sintetizzare, nubi meno rinfrescanti ma anche scenari futuri meno bollenti. Di sicuro serviranno nuovi studi, ma proprio la complessità dei modelli climatici e le nostre scarse conoscenze su tutti gli attori in gioco dovrebbero suggerire comportamenti virtuosi, per evitare di alimentare processi dalle conseguenze imprevedibili.   Immagine banner in evidenza: pexels.com Immagine box in homepage: cloud.web
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