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Membrane più porose per rendere l’acqua salata potabile

Il problema di rendere potabile l'acqua salata: i costi e l'inefficienza del processo. Ma dal Politecnico di Torino potrebbero arrivare soluzioni inattese
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Rendere potabile l’acqua salata è un processo costoso e inefficiente, ma i ricercatori del Politecnico di Torino – in collaborazione con il MIT e l’Università del Minnesota – hanno capito qual è l’ostacolo più grande: la resistenza superficiale delle membrane dei filtri che riduce il passaggio delle molecole d’acqua da una parte all’altra.  

Un problema di fabbricazione ostacola l’osmosi

Nel processo di osmosi inversa – uno dei metodi usati per desalinizzare l’acqua – si sottopone un materiale poroso a una grande pressione; l’acqua salina viene spinta contro il filtro, che blocca il passaggio agli ioni e lascia scorrere solo le molecole d’acqua. Dalla ricerca del Politecnico di Torino, pubblicata sulla rivista scientifica Nature Communications, si scopre che nelle membrane del filtro – fatte di zeolite, un materiale con una fitta rete di pori dal diametro inferiore al nanometro – addirittura il 99,9% delle aperture dei pori viene di fatto sigillato con i processi di fabbricazione. Per cui anche se la zeolite è ricca di canali interni, all’esterno questi risultano tappati, bloccando il passaggio delle molecole di H20. Per arrivare a questa conclusione il gruppo di ricerca ha misurato sperimentalmente il coefficiente di diffusione dell’acqua, cioè la mobilità delle molecole mentre attraversano il filtro: negli esperimenti il valore è risultato di un milione di volte più piccolo di quello previsto nelle simulazioni e nelle teorie. Hanno quindi trovato che la differenza è dovuta alla resistenza del trasporto d’acqua esercitata dalla superficie delle membrane.
Rappresentazione 3D della struttura molecolare nanoporosa della zeolite (Immagine: Wikipedia)
Aggiungere pori al filtro, come si è provato a fare finora, non è di alcun beneficio. Cambiare i processi di produzione per evitare la chiusura dei canali porosi in superficie, invece sì. In questo modo si riuscirebbe a ridurre la superficie di resistenza al trasporto e ad aumentare di 10 volte la permeabilità della membrana. Per scoprire tutto questo i ricercatori hanno lavorato più di due anni, basandosi su un’intuizione: spostare l’attenzione da ciò che succede dentro il filtro durante l’osmosi, su cui si erano focalizzati tutti gli studi precedenti, a ciò che succede sulla sua superficie.  

Molti campi di applicazione

La ricerca del Politecnico potrebbe dare un valido contributo per migliorare i processi di desalinizzazione, rendendoli più efficienti e meno costosi. Ma anche altri campi di studio dei nanomateriali porosi potrebbero beneficiare della scoperta: le applicazioni potrebbero ottimizzare i filtri molecolari usati per rimuovere inquinanti dalle acque, per esempio, o essere utili in altri campi come quello delle nanomedicine. — Immagine banner: "Desalination plant in RAK" by Ryan Lackey is licensed under CC BY 2.0 Immagine box: "Water in the desert" by Ken Kistler is licensed by CC0 1.0
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