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Il primo compleanno del bambino con tre genitori

Dopo mesi di attesa, ecco i dettagli tecnici della procedura che ha portato alla nascita del bambino con tre genitori. Vediamo perché lo studio si rivela un successo a metà.
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Il 6 aprile 2017 il “bambino con tre genitori” ha spento la sua prima candelina. Non accenna invece a spegnersi il dibattito che la sua nascita ha innescato qualche mese fa nella comunità scientifica e non solo. Nel settembre del 2016, il quotidiano di divulgazione New Scientist ha sorpreso il mondo con lo scoop della nascita di un bambino con tre genitori biologici (vedi anche questa news dell’Aula di Scienze). L’obiettivo dell’esperimento era non trasmettere la malattia mitocondriale di cui la madre è portatrice e che aveva già causato la morte prematura di 2 figli della coppia. Come c’era da aspettarsi, l’annuncio ha sollevato un forte dibattito etico, fomentato anche dal fatto che la notizia non era supportata da una pubblicazione scientifica ufficiale. Almeno fino a oggi: a un anno esatto dalla nascita del bambino, la rivista Reproductive Biomedicine Online pubblica i dati del gruppo di ricerca di John Zhang, svelando qualche dettaglio in più su questa controversa procedura.
John Zhang con il "bambino con tre genitori" appena nato (Credits: screenshot dal video pubblicato da New Scientist).

Un passo avanti per la medicina riproduttiva, ma i dubbi rimangono

Rispetto alle poche informazioni rilasciate a un congresso a ottobre - in cui veniva comunicato che il maschietto era in buona salute e poco altro - oggi Zhang e colleghi rivelano altri importanti dettagli sulla manipolazione dell’embrione e sulla tecnica usata per fondere il nucleo della madre con l’oocita della donatrice (mediante un impulso elettrico). Al di là dei dettagli tecnici, che senza dubbio segnano un punto di svolta per la medicina riproduttiva, sono altri i dati che balzano all’occhio. In particolare, emerge ora che parte del DNA mitocondriale mutato è passato innavvertitamente nell’oocita della donatrice e, quindi, al bambino. Le cellule presenti nell’urina del bambino mostrano una percentuale di mtDNA materno pari al 2%, ma questa percentuale balza al 9% nella pelle. Altri organi per i quali sarebbe importante conoscere la percentuale di mtDNA materno, come il cuore o il cervello, non sono purtroppo analizzabili.
Per un approfondimento sul Spindle Nuclear Transfer, la tecnica usata da Zhang per concepire un bambino senza malattie mitocondriali, vedi l'articolo dell'Aula di Scienze "Il bambino con il DNA di tre genitori".

La reazione della comunità scientifica

I punti irrisolti sono ancora molti e gli editori della rivista hanno messo le mani avanti: in un editoriale di tre pagine a corredo dell’articolo di Zhang, spiegano che nella decisione se pubblicare o meno l’articolo è prevalsa la volontà di divulgare i dati al momento disponibili. Anche se l’articolo non raggiunge in diversi aspetti gli standard del settore, bloccarne la pubblicazione non poteva che nuocere al dibattito e di certo non avrebbe scoraggiato altri tentativi analoghi. Lo dimostra il fatto che, come riporta la rivista Nature, già altri due gruppi di ricerca - uno in Ucraina e uno in Cina - hanno annunciato il concepimento di bambini con il DNA di tre genitori.
Quattro fasi della preparazione dell'embrione portatore del DNA di tre genitori (Immagine: Zhang J et al. Reproductive Bioedicine Online 2017).

Come saranno i prossimi compleanni?

La domanda che più di tutte assilla gli scienziati è: con l’età, la percentuale di mtDNA mutato è destinata ad aumentare? Ovvero, il bambino svilupperà comunque la sindrome di Leigh? La procedura impiegata da Zhang è, a livello teorico, la soluzione ideale per evitare la trasmissione di malattie mitocondriali. Come ha dimostrato la pratica, però, è difficile non trasmettere mitocondri della madre naturale: certo la tecnica permette di ridurne il numero, ma non di azzerarlo. Per il modo in cui i mitocondri si replicano e vengono distribuiti nelle cellule figlie, quella piccola percentuale di DNA mutato potrebbe crescere nel tempo. La domanda è se può arrivare ad un livello tale da causare gravi danni funzionali ai tessuti. Al momento è impossibile fare previsioni e l’unica risposta può arrivare da un monitoraggio attento del mtDNA mutato nei tessuti del bambino. Ma, da quello che si apprende, questo monitoraggio non avrà luogo. La famiglia ha negato il consenso a ulteriori test, a meno che la salute del bambino non peggiori. Nel rispetto di questa scelta, alcuni sollevano il dubbio che lo staff di Zhang non abbia informato la famiglia sui possibili rischi futuri. Al di là del successo tecnico della procedura, il monitoraggio a lungo termine doveva essere il vero obiettivo di questo studio: per tutelare la salute del bambino, ma anche per dare modo alla comunità scientifica di valutare se questo metodo può aiutare altre madri portatrici di malattie mitocondriali. Una perdita di informazioni che lascia il sapore amaro di un successo a metà.   -- Immagine box e banner: Lara Rossi
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