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Come si inventa una mela

Ogni diecimila nuove mele, una è eccezionale per gusto e consistenza. Selezionarla non è facile, ma ancora più difficile è fare di quella mela una regina dei reparti di frutta e verdura. Il processo di selezione può durare anche vent’anni e richiedere anche 500 assaggi al giorno durante la stagione del raccolto. Ma da un brevetto si può ricavare molto denaro: le mele di successo che sono uscite dalla selezione hanno pagato tanta nuova ricerca all’Università del Minnesota.
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Il suo nome è Minneiska. Ha le spalle brunite dal sole, le gote dorate dal giallo al rosso e la pelle cosparsa di lenticelle. Il piacere di darle un morso non lo abbiamo provato (Minneiska non è ancora arrivata in Italia), ma la sua polpa croccante e succosa, custodita sotto la macchia verde che emerge dall’incavo del picciolo, è già nota agli estimatori di mele.

SweeTango (questo il nome commerciale del frutto) deve gusto e consistenza a un grandissimo vacuolo che occupa gran parte del volume delle cellule. Nel vacuolo sono conservati, sotto un’alta pressione di turgore, gran parte dell’acqua, ma anche zuccheri, acidi organici e altri composti che contribuiscono a dare alla mela il tipico sapore.
 
Il vacuolo di una cellula vegetale occupa buona parte del volume della cellula
 
Quando i denti affondano nella polpa causano un’esplosione di cellule e vacuoli: pareti e membrane vanno in frantumi, facendo “crunch”, mentre il contenuto saporito dei vacuoli si riversa sulle papille gustative. Pare che la sensazione sonora sia provocata da un effetto acustico, tramite le vibrazioni che dai denti passano alla mascella e quindi alla coclea, secondo quanto è stato riportato da alcuni studi.
 
Com’è possibile che ottime mele come SweeTango nascano nel Minnesota? Al confine con il Canada, il Minnesota è uno stato dal clima gelido d’inverno e torrido d’estate, dove solo a un matto sarebbe venuto in mente di coltivare della frutta. Eppure nel 1878 un agricoltore di nome Peter Gideon fondava la Minnesota Agricultural Experimental Station per puntiglio: voleva provare che anche in quello stato dal clima tanto sfavorevole sarebbero potute crescere ottime mele. Quella stazione sperimentale oggi esiste ancora ed è uno dei centri più prolifici per la selezione di nuove varietà di mele, di cui SweeTango è solo il risultato più recente.
 
La storia della mela da tavola negli Stati Uniti è curiosa. La specie Malus pumila è stata addomesticata in una foresta del Sud del Kazakistan oltre 4000 anni fa e si è diffusa nel resto dell’Asia e in Europa, trasportata negli intestini dei cavalli, mentre in America è arrivata con i primi coloni europei. A metà dell’Ottocento il Nord America contava già molte varietà di meli coltivati, ma i frutti erano cattivi da mangiare ed erano usati solo per ottenere una bevanda alcolica fermentata, chiamata sidro. Il lancio della mela da tavola è avvenuto solo all’inizio del Novecento, quando il proibizionismo ha reso i produttori di mele dei paria, simili ai coltivatori di tabacco dei nostri giorni. Pur di salvare il business, i coltivatori hanno provato a reinventarsi il prodotto: non più una bevanda alcolica, ma uno snack salutare e vitaminico. Anche il marketing più persuasivo, senza un buon prodotto non funziona, perciò i coltivatori sono stati costretti a selezionare frutti buoni da mangiare.
 
Colui che ha selezionato SweeTango si chiama David Bedford e il suo laboratorio è un campo da 20.000 meli vicino a Minneapolis. A ogni fioritura Bedford fa incroci fra le varietà più promettenti, prendendo il polline da una pianta e strofinandolo sugli stami di un’altra. Le mele che sono prodotte in questo modo hanno semi eterozigoti, ossia con una combinazione in parti uguali dei geni paterni e materni. L’estate successiva i semi sono piantati in serra e i germogli sono quindi innestati su piante portainnesto all’aperto. A questo punto bisogna attendere 5 anni circa per avere le prime 4000 nuove mele da assaggiare.
 
Bedford assaggia anche 500 mele al giorno durante la stagione di raccolta, all’inizio dell’autunno. Le mele più croccanti e gustose, che mantengono la promessa per almeno tre anni di fila, acquisiscono il diritto a passare in un’altra categoria. Sono così clonati quattro alberi per mela selezionata, e a ciascuno viene attribuito un codice. Questi alberi saranno coltivati per almeno 10 anni in un campo diverso, dove sono riprodotte condizioni commerciali. Qui contano, oltre al sapore e alla consistenza, qualità come la forma e la dimensione dei frutti; la resa di ogni albero; e la robustezza di fronte a un’ampia varietà di precipitazioni, temperature, umidità e altro da una stagione alla successiva. Piante e frutti sono anche classificati e valutati in base all’analisi di caratteristiche genetiche e molecolari, per esempio attraverso il progetto RosBREED (un progetto analogo, in Europa, è FruitBreedomics, cui partecipano ben 6 gruppi di ricerca italiani).

Quando un melo riceve il massimo punteggio per un decennio, l’albero viene brevettato e al frutto viene dato un nome. A questo punto, cloni del melo sono messi a disposizione dei coltivatori che sono tenuti a remunerare l’Università del Minnesota con un dollaro di royalty per pianta fino alla scadenza del brevetto. La mela Honeycrisp (la “mamma” di SweeTango; il “papà” è Zestar) ha reso più di 10 milioni di dollari all’Università fino al 2008, quando il brevetto è scaduto, ed è considerata la terza invenzione più proficua dell’Ateneo.
 
Qui non c’è antitesi fra profitto e ricerca o fra tecniche tradizionali e metodi genomici: dalla complementarietà degli ambiti discendono ricavi e conoscenze, entrambi necessari a reinvestire in innovazione, ricerca e sviluppo.
 
Eppure nei negozi degli Stati Uniti non è sempre facile trovare buone mele. Se vi è capitato di camminare per le strade di New York, sarete rimasti colpiti dalle pile di mele rossissime, bellissime, tutte uguali che si trovano a ogni cantone. Il gusto di quelle mele è raramente buono. Il problema è una pressione deleteria verso frutti sempre più appariscenti, a scapito del sapore, raccolti spesso quando la polpa è ancora verde per battere i concorrenti sul prezzo e sui tempi. In questo modo la qualità di mele in origine molto saporite, come le Red Delicious, è via via peggiorata.
 
Per evitare l’inesorabile progressione verso la mediocrità, l’Università del Minnesota ha deciso di concedere l’esclusiva su SweeTango a un ristretto gruppo di agricoltori che, oltre a seguire alcune regole di coltivazione, deve pagare royalties all’università in relazione sia al numero di piante, sia al raccolto. L’idea di fondo è che per mantenere un alto livello di qualità e produrre il reddito necessario a innovare, non ci siano altre strade se non quella di selezionare i coltivatori più rigorosi, controllando i loro metodi di produzione e facendo pagare un prezzo più alto. Sarà la strada giusta? Non tutti concordano e i coltivatori esclusi sono fra i più critici.
 
Mio trisnonno Fortunato amava le mele a tal punto da portarle in dono ad amici e parenti marchiate con la F del suo monogramma. Di mestiere non faceva il coltivatore, ma la frutta squisita era una grande passione. Credo che questa storia lo avrebbe interessato. Immagino che avrebbe apprezzato lo sforzo di ricerca e di protezione della qualità, attuato dall’Università del Minnesota. Ma forse si sarebbe anche chiesto se limitare la coltivazione dei frutti più avanzati della ricerca a un piccolo numero di persone non sia di per sé un rischio di perdita di sapere e opportunità.
 
Nell’Aula di scienze abbiamo già parlato di mele in occasione della pubblicazione della sequenza del genoma di Malus domestica su Nature Genetics. Per scrivere questo post mi sono basata sul reportage di John Seabrook, “Crunch – Building a better apple”, The New Yorker, 21 Nov 2011, e su una corrispondenza con David Bedford e James Luby, dell’Università del Minnesota. Le immagini del post sono tratte da Wikimedia (il vacuolo) e dal sito di SweeTango (la foto di apertura).

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