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Il mistero del cromosoma X dormiente

Perché nelle femmine uno dei due cromosoma X si inattiva in alcune cellule piuttosto che in altre? A questa domanda non c'è ancora risposta, ma oggi in laboratorio è almeno possibile visualizzare con diversi colori le cellule in cui è inattivato il cromosoma di origine materna o paterna. Il metodo è utile per studiare come insorge il cancro, dato che a volte è associato a un difetto di inattivazione del cromosoma X.
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Il cromosoma X è ancora uno sconosciuto e non è un caso se non gli abbiamo ancora cambiato nome da più di un secolo. Nel 1891 infatti il biologo tedesco Hermann Henking gli affibbiò la lettera delle cose ignote, dopo averlo visto al microscopio, solo e spaiato fra tante coppie di cromosomi. In realtà qualcosa sappiamo. Il cromosoma X è parte del sistema che determina se diventiamo maschi o femmine. Ma non sappiamo perché le femmine, che ricevono due X, ne utilizzino soltanto uno, mentre i maschi, con un X e un Y, non sono costretti a questa scelta. Qual è il criterio di scelta? Non si sa, ma ammesso che ci sia un criterio per cui il cromosoma X ereditato dal papà è attivo in alcune cellule e quello che viene dalla mamma in altre, il quesito non è da poco, dato che sul cromosoma X si trova circa un migliaio di geni. Meno grazioso della bella addormentata, il cromosoma X inattivo si accartoccia in una piccola massa informe, riconosciuta nel 1956 dal biologo giapponese Susumu Ohno. La massa era già stata osservata nel nucleo nel 1948 da un medico canadese, Murray Barr, da cui il nome Corpo di Barr. Che però quella massa contenesse un cromosoma X inattivo, lo capì Ohno otto anni più tardi. Dopo le osservazioni è arrivata la prima dimostrazione sperimentale. Nel 1961 la genetista inglese Mary Lyon, dopo avere capito che il cromosoma X contiene dei geni che determinano il colore del pelo nei topi, ha incrociato topi di colore diverso e ottenuto femmine con macchie di colore corrispondenti al pelo della mamma o del papà. Dopo la scoperta la Lyon ha meritato un mucchio di premi vicini al Nobel e da allora l’inattivazione del cromosoma X è anche detta lyonizzazione. Considerando che su quasi tutti i libri di testo, l’inattivazione del cromosoma X è illustrato con le belle gatte calico che trovate anche nell’apertura di questo post, la lyonizzazione è casualmente un nome assai calzante.

Mary Lyon (foto di Jane Gitschier, da Wikipedia)

Come avviene il silenziamento di uno dei due cromosomi X? Non tutti gli attori sono noti, ma lo sono almeno i protagonisti, il “capo” dei quali sembra essere il gene Xist (o X-inactive specific transcript), scoperto negli anni Novanta. ll prodotto di Xist sembra avvolgersi attorno al cromosoma X “come uno sciame di api”, attirando altre molecole e impedendo così al cromosoma di esprimere il suoi geni, secondo le ultime ricerche di Jeannie T. Lee alla Harvard University. L’idea dello “sciame di api” è una libera interpretazione del divulgatore americano Carl Zimmer, che il 20 gennaio scorso ha scritto il bell’articolo sul New York Times dal titolo Seeing X Chromosome in a new light che mi ha ispirato questo post. La novità è che oggi sappiamo visualizzare le cellule in cui uno dei due cromosomi X, materno o paterno, è attivo. Il metodo è di Jeremy Nathans, un ricercatore dell'Howard Hughes Medical Institute presso l’Università Johns Hopkins a Baltimora.

 Jeremy Nathans (fonte: Johns Hopkins University)

Il metodo di Nathans è semplice: con alcuni colleghi ha inserito un gruppo di geni nel cromosoma X di alcuni topi. Questi geni producono una proteina fluorescente verde, solo però se il cromosoma X è attivo e se i topi sono esposti a una particolare sostanza che funziona da interruttore della fluorescenza verde. Con lo stesso procedimento, in altri topi Nathans e colleghi hanno inserito nel cromosoma X un gruppo di geni che produce una proteina fluorescente rossa quando il cromosoma X è attivo ed è presente una determinata sostanza diversa da quella usata per il verde. Quindi i ricercatori hanno incrociato i topi né più né meno come aveva fatto Mary Lyon, e i piccoli hanno così ereditato geni per la fluorescenza verde da un genitore e per la fluorescenza rossa dall’altro. Alle cellule estratte dai topi, i ricercatori hanno infine aggiunto entrambe le sostanze-interruttore. Uno splendido mosaico di colori è apparso ai loro occhi, a seconda che il cromosoma X inattivo fosse quello materno o paterno nelle diverse cellule. Le immagini, e la scienza favolosa che le ha prodotte, sono pubblicati sul numero di Neuron dell’8 gennaio 2014.

Cellule che hanno inattivato il cromosoma X materno appaiono rosse, mentre cellule che hanno inattivato il cromosoma X paterno appaiono verdi (fonte: Nathans lab, Neuron)

L’inattivazione di uno dei due cromosomi X crea una notevole varietà genetica nell’organismo femminile. In alcuni cervelli, per esempio, il gruppo di Nathan ha trovato che il cromosoma materno dominava l’emisfero destro, mentre quello paterno era attivo nel sinistro; in altri topi questa asimmetria era visibile negli occhi o in altri organi. Abbiamo detto che le regole che l’organismo segue per scegliere quale cromosoma X inattivare in ogni cellula sono sconosciute, ammesso che esistano e che non sia un processo casuale. Resta confusa anche la ragione per cui ogni cellula femminile debba mettere in piedi questo meccanismo di inattivazione variabile. È possibile che la doppia dose dei geni di X sia troppo alta, e che per questo le cellule blocchino i geni dell’uno o dell’altro cromosoma. A volte un gene su un cromosoma X è difettoso e se le cellule vicine usano l’altro gene possono compensare l’effetto mancante o negativo nel tessuto. In effetti i maschi sono molto più vulnerabili delle femmine ai problemi genetici associati al cromosoma X, come il daltonismo, dato che non hanno il backup, per così dire, del secondo cromosoma. L’evoluzione dell’inattivazione dell’uno o dell’altro cromosoma potrebbe quindi avere dotato le femmine di una versatilità genetica vantaggiosa. Ma i problemi con il cromosoma X non mancano neppure nelle femmine: per esempio, se il gene Xist è inattivo, e quindi il cromosoma X dormiente si “risveglia”, le femmine si ammalano più di frequente di cancro. Verosimilmente una doppia dose di qualche proteina prodotta da X può far crescere le cellule in modo incontrollato. Questo problema è un rischio da considerare per le terapie a base di cellule staminali, dato che a volte tali cellule quando crescono in laboratorio smettono di esprimere il gene Xist e così i cromosomi X dormienti si risvegliano. Problemi a parte, è chiaro che con questo meccanismo “le femmine hanno accesso a reami della biologia” che i maschi neppure si sognano. Grazie dottor Huntington Willard per avere riconosciuto con questa affermazione la nostra evidente superiorità… E cari maschi, mi dispiace per voi, fatevene una ragione! In apertura una gatta calico in cui il silenziamento dei cromosomi X di origine materna e paterna in cellule diverse porta alla cosiddetta colorazione a mosaico (da Wikipedia).
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