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Piccole note sparse a margine di epidemie virali

Conviviamo con i virus, nemici invisibili, dall'inizio della nostra storia sulla Terra. In tanti siamo sopravvissuti ai loro attacchi. Armi di natura - il sistema immunitario - e dell'ingegno - vaccini, farmaci o solo igiene e contenimento - ci hanno aiutato in tante occasioni. La storia di ogni epidemia porta con sé qualche suggerimento per le malattie infettive di oggi.
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I virus, pezzi di cattive notizie accartocciati in involucri di proteine secondo la definizione di Sir Peter Medawar, accompagnano la nostra esistenza dalle origini dell’umanità. Smetteranno a breve di cercare ospitalità saltellando fra i nostri corpi, accoglienti e abbondanti, e quelli degli altri animali? È improbabile. Se però in qualche modo parecchi di noi sono sopravvissuti alle tante epidemie virali della storia, è perché in noi si è evoluto un sistema immunitario potente e capace di imparare. Capace ma non infallibile, specie di fronte a virus che non ha mai incontrato prima. Grazie a studio, conoscenza e ingegno abbiamo sviluppato armi efficaci che rafforzano le nostre difese naturali. I vaccini sono di gran lunga le armi più efficaci, perché prevengono in un’intera popolazione sia le malattie, sia la diffusione dei virus che le provocano. L’alternativa appena inferiore sono i farmaci, in grado di trattare un’infezione conclamata. Quando non disponiamo né di vaccini né di farmaci, restano le armi del contenimento: igiene, quarantena, isolamento. Nelle note sparse che seguono, troverete qualche curiosità lieve, da passati epidemici, che potrebbe venire utile anche oggi. Mani non lavate. Nel 1977 cinquanta medici illustri, un cuoco e un cameriere avevano sviluppato un ittero causato dal virus dell’epatite A, secondo il racconto della virologa Dorothy Crawford, dell’Università di Edinburgo. I medici avevano partecipato, 28 giorni prima, a una cena alla Apothecaries Hall di Londra, un club di autorevoli dottori. Date le vittime illustri, il dottor Norman Noah era stato incaricato di investigare ed era riuscito a ricostruire le tappe del contagio, fino a risalire a un raccoglitore di lamponi che, tramite le mani non lavate, aveva diffuso l’epatite. I lamponi erano stati raccolti nel 1975, quando l’amuchina non andava ancora di moda. Quindi i lamponi erano stati trasportati in uno stabilimento di Dundee dove erano stati congelati e immagazzinati. Due anni più tardi quei lamponi erano stati trasportati a Londra e consegnati alla cucina dell’Apothecaries Hall, dove erano stati usati per preparare il fatale semifreddo. Il rapporto del dottor Noah aveva permesso di installare lavandini nel sito di raccolta e di diffondere regole e istruzioni al personale per migliorare l’igiene. Per quanto ne sappiamo, Covid-19 non si trasmette tramite cibo contaminato, ma le mani non lavate sono un veicolo per gran parte delle infezioni, coronavirus incluso.

La sala della Apothecary Hall in cui nel 1977 si è diffusa l’epidemia di epatite A a causa delle mani non lavate di un raccoglitore di lamponi.

Cocolitzli vince la gara del nome più incantevole. Se sfogliate la pagina wiki che elenca le centinaia di epidemie note dall’era moderna a oggi, trovate anche questa. Il cocolitzli pare abbia fatto qualche milione di morti nel Cinquecento in quello che oggi è il Messico. Né la causa né l’origine sono ancora chiare. Potrebbe essere stata portata dagli spagnoli guidati da Cortés, insieme a vaiolo, morbillo, tifo, oppure il cocoliztli potrebbe essere stata una febbre emorragica virale sconosciuta, originaria del Messico.

Rafael Monleón y Torres, Hernán Cortés ordina di affondare le sue navi al largo di Veracruz nel 1519 (1887)

Il confuso sistema immunitario degli anziani. Covid-19 è particolarmente pericoloso per le persone di una certa età. È un virus nuovo nella nostra specie e perciò non conosciamo le ragioni precise di questo aumentato rischio. Qualche suggerimento generale può però venire da chi studia l’invecchiamento. La professoressa Janet Lord, dell’Università di Birmingham, ha osservato che le cellule del sistema immunitario, in particolare i neutrofili, con l’età faticano a trovare la direzione per raggiungere il sito di un’infezione. Come Lord ha raccontato alla scrittrice Sue Amstrong, il problema è che, mentre vagano un po’ sperduti, i neutrofili rilasciano in giro “munizioni” infiammatorie che fanno danni. Il problema è già evidente nella maggioranza dei quaranta-cinquantenni, ma negli anziani è sempre più difficile trovare un neutrofilo che si stia muovendo nella giusta direzione in modo efficiente.

La professoressa Janet Lord (Università di Birmingham)

Degli uomini, degli altri animali, dei viaggi, delle frontiere e dei muri. Nel 1918, ci dicono i Centers for Disease Control and Prevention americani, la popolazione mondiale era di 1,8 miliardi. Cento anni più tardi è aumentata a 7,6 miliardi. Insieme alla popolazione umana crescono anche le popolazioni, soprattutto suine e avicole, che ci danno da mangiare. Questi numeri continuamente in aumento offrono ai virus straordinarie opportunità di espandersi, evolvere, fare salti di specie e diffondersi, grazie anche a viaggi e trasporti veloci e di massa. Nessun check-in o controllo di frontiera o muro alzato da qualche politico a caccia di voti sarà mai in grado di fermare gli invisibili movimenti dei virus.

Le altalene installate dall’artista Rael San Fratello sulla barriera di confine tra Messico e Stati Uniti (Public Delivery, 2019)

La nostra intimità con gli animali. Il virus del morbillo, ci dice l’antropologo Jared Diamond, è parente stretto di quello della peste bovina, una grave malattia che colpisce i ruminanti ma non gli esseri umani (mentre il morbillo a sua volta non si trasmette ai bovini). È possibile che in passato un ceppo di virus della peste bovina si sia trasformato in virus del morbillo, mutando e adattandosi a sopravvivere nel nostro corpo. Un passaggio non certo sorprendente, se pensiamo che molti contadini vivono tutt’ora accanto al loro bestiame, e quindi alle loro feci, urina, sangue e saliva. “La nostra intimità con i bovini dura da 9000 anni: c’è stato tutto il tempo perché il virus della peste bovina si accorgesse di noi”.

Giovanni Segantini, Le due madri (1889), Galleria d’arte moderna, Milano

Animali (e virus?) da compagnia. Il vaiolo delle scimmie era comparso improvvisamente negli Stati Uniti nel 2003, con un focolaio di 71 casi. Il virus era conosciuto da tempo per infettare i roditori in Africa (e nonostante il nome non ha mai avuto nulla a che fare con le scimmie). Negli Stati Uniti era stato importato dal Ghana, dentro il corpo di un ratto gigante del Gambia che qualcuno, curiosamente, desiderava ospitare nella propria abitazione, accanto a gattini e cagnolini. Il ratto gigante del Gambia era stato inizialmente alloggiato in un negozio di animali vicino ad alcuni cani della prateria nei quali (guarda un po’ che caso sfortunato!) il virus si era diffuso. Acquistati da diverse persone, i cani della prateria avevano cominciato ad ammalarsi, e così anche i loro proprietari. Nell’ampio mercato degli animali da compagnia, molte bestiole esotiche sono continuamente trasportate in giro per il mondo, offrendo ai loro virus insperate opportunità di diffusione e di salti di specie.

Un ratto gigante del Gambia (Wikipedia)

Navi da crociera, baraccopoli galleggianti? Non occorre essere molto poveri per vivere con una densità abitativa da favelas. Dorothy Crawford, nel 2010, ben prima che scoppiasse il caso della “Diamond Princess”, aveva paragonato una nave da crociera a una baraccopoli galleggiante, dove persone benestanti dei Paesi occidentali amano passare le proprie vacanze. Le piccole cabine con scarso ricambio d’aria, dove gli ospiti alloggiano stipati gli uni accanto agli altri, sono ambienti prediletti da numerosi virus. Per esempio dai norovirus, che spesso rovinano i soggiorni dei crocieristi con diarree e vomiti leggendari, responsabili della disseminazione delle infezioni ad altri ospiti, verosimilmente tramite le condutture dell’aria e dell’acqua.

Passeggeri sottoposti a esame di quarantena su una nave durante l'epidemia di colera egizia del 1883 (Wellcome Collection)

La paura, benzina per ciarlatani. Nell'Irlanda dell’Ottocento, ha raccontato la scrittrice Rose George, a un vescovo venne in mente un’idea per battere una terribile epidemia di colera: gli irlandesi dovevano bruciare "terra benedetta", per poi consegnarla, correndo, ad altre sette abitazioni. Uno corse per cinquanta chilometri prima di trovare una casa che non aveva ancora ricevuto la zolla benedetta. Inutile dire che il colera non si fermò. È di pochi giorni fa la nomina del vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, a “zar” dell’epidemia di coronavirus negli Stati Uniti. Vedremo che cosa combinerà, anche se la sua storia personale non promette benissimo. Secondo il virologo Vincent Racaniello, della Columbia University di New York, Pence ha consigliato di pregare e ha diffuso disinformazione sui preservativi, alimentando il peggior focolaio di AIDS nello stato dell’Indiana quando ne era governatore. Inoltre, in altre occasioni ha negato che il fumo uccide e ha definito il riscaldamento globale un mito.

Il virologo Vincent Racaniello (Columbia University)

I virus sono anarchici. Non proprio democratici, diciamo che non fanno distinzioni di classe. Come il coronavirus oggi colpisce visibilmente il vicepresidente iraniano, un tempo il vaiolo lasciava segni sulla pelle di più di un faraone, ancora visibili su alcune mummie, e un’imperatrice potente come Maria Luisa d’Austria doveva mettere al mondo 16 figli per vederne diventare adulti 10, nonostante i medici della sua corte fossero verosimilmente i migliori del tempo.

I segni del vaiolo sulla pelle mummificata della testa del faraone Ramses V (Wikipedia)

L’epidemia più bella? Quella del morbo di K, inventata Adriano Ossicini, giovane medico all’ospedale Fatebenefratelli di Roma, vicino al Ghetto e alla Sinagoga. D’accordo con il primario Giovanni Borromeo, e insieme ai colleghi, Ossicini scrisse sulle false cartelle cliniche il nome del morbo “contagiosissimo” (la K era stata scelta dalle iniziali dei generali nazisti Kesserling e Kappler) che scoraggiò i tedeschi dal controllo dei nomi dei pazienti. Così decine di ebrei romani si salvarono dalle persecuzioni nazifasciste e dai campi di sterminio. Lo ha ricordato Ariela Piattelli sulla Stampa nel 2016.

Adriano Ossicini (Wikipedia)

Per approfondire, ecco le fonti di questo post: Wellcome Collection; la conferenza di Dorothy Crawford a Venezia, Future of Science 2010 sui virus; la storia delle pandemie sul sito dei Centers for Disease Prevention and Control; la lista delle maggiori epidemie su Wikipedia; Rose George, Nine Pints, Metropolitan Books (2018); Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie, traduzione di Luigi Civalleri, Einaudi (1998); Sue Armstrong, Borrowed Time, Bloomsbury (2019) il virology blog di Vincent Racaniello; Ariela Piattelli, Morbo K, quella malattia inventata per salvare gli ebrei dalle persecuzioni nazifasciste a Roma, La Stampa (21/6/16). In apertura, un uomo si protegge da un'epidemia di colera con un insieme assurdo e di protezioni inutili, in una illustrazione satirica di J.B. Wunder (c. 1832, Wellcome Collection).  
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