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Allergie e asma: un nuovo quadro scientifico

Almeno una persona su tre al mondo soffre di malattie allergiche: un aumento vertiginoso negli ultimi vent’anni, soprattutto in Occidente, e un quadro scientifico che sta cambiando
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Secondo il libro bianco della World Allergy Organization almeno una persona su tre al mondo soffre di una o più forme di allergia. Malattie come l’asma, l’eczema, il raffreddore da fieno e le allergie alimentari sono aumentate anche 20 volte negli ultimi vent’anni. Sono patologie soprattutto dell’uomo moderno: più comuni in Occidente che nel resto del pianeta, la loro crescita si impenna ogni volta che un Paese inizia a uscire dallo stato di povertà e le abitudini alimentari e igieniche migliorano.
Qual è la causa delle allergie (se ce n’è una sola)? Che cosa accade durante una reazione allergica? Le allergie sono ereditarie? E inoltre, è giusto evitare le sostanze che possono provocare allergie? Come funzionano (se funzionano) i vaccini? Ci sono altre prospettive di cura? Le risposte che la scienza è in grado di dare a queste domande sono molto cambiate negli ultimi anni. A questo cambio di prospettiva, Nature ha dedicato un approfondimento speciale, di cui vi propongo una sintesi. Il post non è breve, ma ho preferito pubblicarlo in una sola puntata.

 

Troppa pulizia? David Strachan è un epidemiologo britannico che ha studiato per molti anni le condizioni più comunemente associate alla comparsa di allergie in 17.000 individui nati nel 1958. Nel 1989, al termine dello studio, Strachan ha proposto un’interpretazione dei dati che aveva raccolto: una minore esposizione allo sporco avrebbe potuto rendere una persona più suscettibile alle allergie. Quella proposta, che è stata ribattezzata “teoria igienica”, ha tanti sostenitori e detrattori. Molto dipende da quale definizione diamo della parola “sporco”: di certo non sono sufficienti fattori di igiene come l’acqua potabile, i detergenti e gli antibatterici a spiegare la crescita delle allergie. La teoria igienica sembra tenere se allarghiamo il concetto di “esposizione allo sporco” a cose come: crescere in famiglie numerose, dove ci si passano tante infezioni; passare del tempo muovendosi all’aria aperta, magari in campagna, con i polmoni che incamerano molto più “sporco” che non a stare fermi al chiuso; passare i primi sei mesi di vita in comunità anziché isolati; infettarsi con parassiti e così via. In altre parole la crescita delle allergie avrebbe parecchio a che fare con il modo occidentale di allevare i bambini.
 
Il fatto è che il sistema immunitario non nasce “imparato”, ma deve venire a contatto con tanti virus, batteri, sostanze presenti nell’ambiente per accumulare l’esperienza necessaria a distinguere ciò che è pericoloso da ciò che è innocuo. In un ambiente molto pulito il sistema farebbe fatica, secondo la teoria di Strachan, a catalogare le minacce cui prestare attenzione e quelle di cui non curarsi. Da questa scarsa competenza nascerebbero dunque le allergie: reazioni abnormi contro sostanze inoffensive per la maggior parte delle persone.
 
Quale rapporto perverso lega il basso numero di infezioni al rischio di sviluppare allergie? I batteri e i virus tendono a provocare una risposta da parte di un gruppo particolare di globuli bianchi, chiamati cellule T helper di tipo 1 (Th1). Una volta attivate, queste cellule tendono a sopprimere la risposta di un altro tipo di cellule, le T helper di tipo 2 (Th2), che a loro volta stimolano la produzione di immunoglobuline E (IgE), implicate in gran parte delle forme allergiche. Se nell’infanzia l’esposizione ai microbi è stata troppo bassa, è possibile che le due popolazioni di cellule Th1 e Th2 non siano in equilibrio: un numero limitato di cellule Th1 stimolate e troppe cellule Th2 attive potrebbero essere la ricetta alla base di tante forme allergiche.
 
Non ci avevano detto che alla base di tutte le allergie c’erano le immunoglobuline E? In effetti le reazioni smodate di questa particolare classe di anticorpi sono coinvolte in buona parte delle reazioni infiammatorie di quasi tutte le malattie allergiche. Tenere a bada le conseguenze dei loro eccessi, a base di antistaminici, steroidi o vaccini, è sembrata a lungo la strategia più semplice e ovvia per una terapia efficace. Purtroppo però i trattamenti disponibili finora al massimo contengono, ma non curano le allergie, tanto che ormai molti pensano che le reazioni delle IgE potrebbero essere soltanto un effetto secondario. A causare le allergie, infatti, c’è certamente molto altro.
 
Anche i batteri che popolano il tubo digerente possono favorire o limitare le allergie. Sono decine di triliardi e sono talmente importanti per la nostra salute che c’è chi li chiama “l’organo dimenticato”. Sempre nell’intestino il sistema immunitario schiera un gigantesco numero di cellule, superiore a quello impiegato in tutte le altre parti del corpo messe insieme. Poiché quasi ogni cellula delle nostre difese è come una pistola carica, che appena vede un microbo vorrebbe sparare, è particolarmente importante saper tollerare i batteri intestinali benefici o innocui e azionare il grilletto solo contro quelli dannosi. Spesso sono proprio gli stessi batteri a sopprimere la risposta immune: lo fanno spesso attraverso una fitta “foresta” di zuccheri che mimetizza la superficie delle loro cellule e mandando segnali rassicuranti alle nostre cellule impegnate a difenderci.
 
Il rapporto fra batteri commensali e sistema immunitario è delicato e basta poco ad alterarlo. I batteri della flora intestinale modificano la composizione della loro “squadra” ogni volta che cambiamo la nostra dieta, ci ammaliamo di un’infezione intestinale o assumiamo un antibiotico ad ampio spettro. Insieme ai tipi di microbi, cambiano anche le relazioni con le nostre difese. Tutte le volte che si rompe uno di questi equilibri, può insorgere un’allergia, a patto però che ci sia una predisposizione genetica (delle predisposizioni genetiche alle allergie parleremo a breve).
Da progetti come quello sul microbioma umano, che sta caratterizzando l’intera comunità microbica dei nostri organi, possiamo aspettarci grandi progressi in questo campo. Forse un giorno sapremo perfino correggere una flora batterica che favorisce le allergie: non appena costerà poco ottenere il profilo genetico individuale di tutti i microbi che ospitiamo, il dottore magari ci prescriverà una ricettina di batteri correttivi, da invitare al nostro banchetto enterico permanente.
 
Eliminare un alimento dalla dieta nella prima infanzia aiuta a evitare un’allergia? Per molti anni la risposta a questa domanda è stata un sì deciso, come sa ogni mamma che ha portato il pupo alla prima visita con il pediatra (se non addirittura con il ginecologo). Sì, perché l’eliminazione a volte comincia in gravidanza. L’idea dietro questi consigli era di avvolgere il feto o il neonato in una sorta di bozzolo immunologico, in modo da evitare ogni contatto con i cibi che possono provocare allergie. Secondo ricerche recenti, tuttavia, questa strategia di eliminazione potrebbe provocare proprio l’effetto contrario a quello desiderato. Come ho accennato prima, infatti, il sistema immunitario ha bisogno di conoscere per imparare. E come fa a conoscere se non è esposto? Così l’American Academy of Pediatrics è tornata sui suoi passi, dichiarando che a oggi non ci sono sufficienti prove per restringere la dieta della madre in gravidanza e allattamento o quella del bambino dopo i primi 4-6 mesi di vita.
 
Le allergie sono ereditarie? Il tipo di allergia no, la predisposizione probabilmente sì. In effetti è frequente trovare più individui allergici in una stessa famiglia; inoltre studi di popolazione hanno dimostrato rischi variabili di sviluppare allergie e asma a seconda dell’etnia di origine. Tuttavia i geni coinvolti sono conosciuti solo in piccola parte. Di certo sappiamo che non c’è corrispondenza fra geni implicati e tipo di allergia: in altre parole sembra che il corredo dei geni possa controllare la predisposizione ad ammalarsi, ma non il tipo di allergia che eventualmente un individuo svilupperà e che dipenderà dagli incontri casuali con gli allergeni presenti nell’ambiente.
 
Anche per le allergie della pelle il quadro sta cambiando. Le ultime ricerche hanno dimostrato che difetti nella struttura dell’epitelio possono rendere la cute permeabile agli allergeni, che possono così penetrare più facilmente all’interno del corpo e innescare una reazione immune. Oggi sta dunque prendendo piede un’idea nuova: che l’eczema e le altre allergie atopiche della pelle siano prima di tutto una malattia del tessuto epiteliale e solo secondariamente un problema allergico. Secondo questa ipotesi la pelle non sarebbe solo una barriera passiva agli invasori, ma un varco selettivo la cui integrità è essenziale alla protezione contro le allergie.
 
L’eczema colpisce un bambino su cinque nelle città del mondo, in base alle stime dell’International Study of Asthma and Allergies in Childhood (ISAAC). Secondo alcuni esperti il problema potrebbe essere contenuto attraverso esposizioni controllate e ripetute agli allergeni, che potrebbero indurre la tolleranza da parte del sistema immunitario. Al contrario, ridurre l’esposizione con un’attenzione spasmodica alla pulizia e all’igiene potrebbe peggiorare la situazione. Infine bisogna tenere conto di diversi fattori non allergici che possono complicare le cose, dagli estremi di temperatura al sudore, da indumenti irritanti all’infezione con Staphylococcus aureus, fino allo stress e all’abitudine a grattarsi.
 
I vaccini contro il raffreddore da fieno funzionano? Per decine e decine di allergeni presenti nell’aria è possibile preparare una terapia mirata, allo scopo di indurre una tolleranza da parte del sistema immunitario. Le terapie attuali richiedono però un mucchio di iniezioni, che vanno ripetute per anni, e per un quarto delle persone che soffrono di rinite allergica non è efficace. Inoltre alcuni esperti giudicano la pratica una sorta di alchimia da Medioevo, in cui estratti di diverse sostanze sono miscelate in cocktail la cui composizione è poco controllata. Il risultato è che questi miscugli da un lato possono provocare reazioni pericolose, dall’altro possono mancare di antigeni cruciali e dunque essere inefficaci. Un antigene è una qualunque macromolecola in grado di interagire con il sistema immunitario. In un acaro ce ne possono essere migliaia: se l’antigene responsabile dell’allergia non è presente nel vaccino, il vaccino non potrà funzionare.
 
È possibile creare vaccini migliori? Diversi laboratori stanno lavorando per rendere più precise e ripetibili le preparazioni e le dosi. Altri ricercatori stanno cercando di mettere a punto strumenti diagnostici in grado di elaborare il profilo delle reazioni di un paziente in pochi minuti, confrontando i frammenti di DNA dei diversi antigeni che circolano nel sangue con il DNA degli antigeni conservato in un ampio archivio. A partire da questo metodo diagnostico si potrebbero fabbricare vaccini ricombinanti su misura, in cui una versione mutata dell’antigene potrebbe essere in grado di indurre la tolleranza del sistema immunitario. Controllare precocemente le molte forme di rinite allergica è importante poiché fra queste malattie e l’asma c’è un legame stretto.
 
L’asma è una malattia allergica? Secondo la visione tradizionale, un attacco d’asma si scatena quando i globuli bianchi T helper di tipo 2 (ne abbiamo parlato prima) liberano una certa quantità di molecole, chiamate citochine, che servono a inviare segnali ad altre cellule del sistema immunitario e a chiamare rinforzi. L’infiammazione dei polmoni che segue a questa chiamata alle armi sarebbe la causa dei tipici sintomi asmatici.
Oggi però il quadro appare molto più complesso e le cellule Th2 non sembrano essere più l’unica via per scatenare un attacco d’asma: molte altre molecole, fra cui l’interleuchina-17, e cellule come i cosiddetti eosinofili, neutrofili e natural killer, sono state trovate implicate in diversi tipi di asma. Non solo, ma si è anche scoperto come alcune di queste cellule o molecole interagiscono con gli agenti che possono provocare l’asma, come il fumo, l’ozono e alcuni tipi di virus.
 
Una delle ipotesi più recenti è che alla base dell’asma vi sia un difetto dell’immunità innata, la prima linea di difesa, e anche la più antica, che ci protegge dalle infezioni in modo non specifico. In presenza di questo difetto, che crea una predisposizione alla malattia, l’asma può essere provocato da diversi agenti ambientali (virus e batteri, allergeni, fumo, inquinanti). L’asma sarebbe dunque un insieme di malattie complesse, la cui soluzione può venire solo dalla comprensione della sequenza di eventi molecolari all’origine di ciascun tipo e dalla precisa attribuzione diagnostica dei pazienti alle diverse forme.
 
Il mondo occidentale va giustamente fiero delle sue conquiste: l’eliminazione delle malattie infettive più gravi, l’igiene, uno stile di vita che ci permette un’esistenza comoda. Questo stile di vita comporta però diversi prezzi da pagare, e fra questi non possiamo non contare la crescita delle allergie (a braccetto con l’inquinamento). Oltre a inquinare di meno, dobbiamo trovare il modo di fare due cose: da un lato dobbiamo far conoscere al sistema immunitario più batteri, virus, inquinanti, allergeni in modo preventivo, in modo che il nostro “archivio” di difesa scatti tante “fotografie segnaletiche” di questi agenti, senza però subirne i danni. In altre parole dobbiamo avere vaccini efficaci. Dall’altro lato dobbiamo imparare a preservare l’equilibrio e le funzioni del sistema immunitario il più a lungo possibile. Un sistema immunitario integro può essere meno sensibile al “fascino” degli allergeni.
 
Come ho scritto in apertura, le informazioni raccolte in questo post provengono dal bellissimo approfondimento sulle allergie pubblicato su Nature il 24/11/12. Rimando allo speciale di Nature, accessibile liberamente, per tutti i riferimenti bibliografici (lo speciale è sponsorizzato dalla Nestlè, ma Nature è interamente responsabile dei contenuti editoriale).
Per approfondire la comprensione del sistema immunitario, consiglio il libro di Alberto Mantovani, I guardiani della vita (Dalai editore, 2011), recensito da Angela Simone nell’Aula di scienze Zanichelli. Di globuli bianchi ha scritto Giulia Bianconi in questo articolo del 2010.
Nelle foto, tratte dall'archivio Shutterstock, una bambina che si lava i capelli, un bambino con un eczema sul viso e il disengo di un acaro.

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