Gary Stix di Scientific American ha dedicato a questa scoperta un video molto semplice e ben fatto
Gli anziani dimenticano più dei giovani anche perché hanno sempre meno persone con cui confrontare i ricordi di esperienze comuni? Lo scrittore russo Vladimir Nabokov, nella sua autobiografia “Parla, ricordo” a volte si scusa con i lettori dell’inesattezza delle sue memorie, acuita dal fatto di non poterle verificare con qualche testimone oculare dell’epoca. Descrive anche meravigliosamente le sue lacune: «[…] quando oggi cerco di ripercorrere con la memoria i sentieri che si snodano da un punto a un altro, mi accorgo allarmato dei molti vuoti, dovuti all’oblio o all’ignoranza, simili agli spazi di terra incognita che i cartografi di una volta chiamavano 'belle addormentate'».
Un esempio di memoria recuperata da una piccola collettività lo offre lo scrittore tedesco W. G. Sebald nel suo Austerlitz: «Stavo ascoltando due donne che parlavano dell'estate del 1939, quando da bambine erano state mandate in Inghilterra con un trasporto speciale. Avevano menzionato una serie di città - Vienna, Monaco di Baviera, Danzica, Bratislava, Berlino - ma solo quando una delle due ha detto che il proprio trasporto, dopo due giorni di viaggio attraverso il Reich tedesco e i Paesi Bassi, dove dal treno aveva potuto vedere le grandi vele dei mulini a vento, aveva finalmente lasciato Hoek van Holland sul traghetto Praga per attraversare il Mare del Nord fino ad Harwich, solo allora seppi senza dubbio che quei frammenti di memoria facevano parte anche della mia vita».
Non sempre desideriamo che le memorie altrui diventino nostre. Giuseppe Pontiggia, grande maestro di scrittura, avverte con ironia i suoi allievi che i lettori possono stufarsi di narratori troppo assidui: «Il principio cui obbediscono i cosiddetti scrittori della memoria è un principio evidentemente mnemonico. Cominciano a ricordare una casa sulla collina, poi i genitori che la abitano e tre fratelli che l'hanno abbandonata; poi i nonni materni che sono morti nell'infanzia del protagonista e le due zie paterne che vi soggiornavano d'estate. A questo punto, chi legge comincia a essere invaso da una sensazione di disagio e anche di panico. E se ci sono altri parenti? Infatti a pagina 195 ne appare un altro, poi una prozia in tarda età. E se questa prozia avesse due figli e tre nipoti di cui due sono vigorosi, il terzo invece è malato? Ecco, la domanda che si pone il lettore angosciato è: chi ferma il narratore della memoria?»
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Io che non ho buona memoria, ne scrivo continuamente. Che sia per la paura di perderla del tutto? Un post riguardava le musichette appiccicose, e come liberarsene, in un altro ho scritto delle tracce fisiche che ogni ricordo lascia una traccia fisica nel cervello, in un altro ancora riportavo ricerche sulla possibilità di rimuovere i ricordi invadenti dalla memoria cerebrale, e qui ho parlato delle memorie collettive quando diventano false.
Per scrivere questo post ho letto Gary Stix, A Math Function Describes How Whole Societies Remember—and Forget, Scientific American (13/12/18). Inoltre ho consultato Cristian Candia et al., The universal decay of collective memory and attention, Nature Human Behaviour (10/12/18). Le citazioni vengono da: Iosif Brodskij, In Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Adelphi (1987); Antonio Damasio, The strange order of things, Pantheon (2018); W. G. Sebald, Austerlitz, traduzione di Anthea Bell, Penguin (2001), Giuseppe Pontiggia, Dentro la sera - Conversazioni sullo scrivere, Belleville Editore (2016). Nell’immagine di apertura (Wikipedia, U.S. Government) Pablo Neruda mentre registra alcune poesie per la biblioteca del Congresso statunitense nel 1966.
Questa ipotesi predice un decadimento della memoria collettiva che segue appunto due fasi. La prima fase è quella dominata dalla memoria comunicativa: un periodo di intensa ma breve attenzione collettiva. Il secondo periodo, quello della memoria culturale, coinvolge minore attenzione e il decadimento avviene più lentamente. L’ipotesi, riassunta anche in un modello matematico, riproduce le dinamiche di attenzione per canzoni, film, biografie, articoli e brevetti, e rivela anche differenze interessanti. In caso di canzoni la memoria comunicativa è piuttosto breve e dura al massimo 4-5 anni, mentre nel caso delle biografie la memoria comunicativa può mantenersi anche per una ventina d’anni.