Quella volta che Joe DiMaggio ha aiutato una donna con una bambina piccola a scrivere la storia del cancro ereditario del seno, nonostante il marito l’avesse lasciata, la nonna non l’avesse aiutata e fossero venuti i ladri.
Domenica. Una donna di Berkeley con una bambina di cinque anni viene lasciata improvvisamente dal marito per una studentessa. Lui le regala un aspirapolvere come dono d’addio, poi parte con la giovane fiamma per i tropici. Comincia così, il primo di aprile, una settimana di 33 anni fa.
Lunedì. La donna si chiede che cosa fare, se cancellare ogni impegno. Poi decide di portare la bambina all’asilo e andare in ufficio. Il capo la chiama. “Hai ottenuto la cattedra!”. La donna scoppia a piangere. “Che succede?”. Lei gli spiega la situazione, lui tira fuori una bottiglia di whisky, “Bevi questo, ti sentirai meglio”. Nel pomeriggio, più o meno sobria, va a prendere la bambina a scuola e la riporta a casa, apre la porta e... Sono venuti i ladri! Hanno trovato via libera, dato che il marito prima lavorava in casa, ma oggi non c’era. Un poliziotto gentile chiede che cosa hanno rubato. Impossibile saperlo: fra gli oggetti che potrebbe avere preso il marito e quelli che hanno portato via i ladri c’è una certa confusione.
Martedì. Arriva la nonna da Chicago. Era già previsto che venisse, per aiutare il marito a tenere la bambina mentre la donna sarebbe andata a Washington per un importante impegno di lavoro. Sembrava un piano ben congegnato, ma ora manca un pezzo: il marito. La nonna, sconvolta, se la prende con sua figlia. “Non posso credere che tu abbia lasciato andare a pezzi la tua famiglia!”. Dopo un paio d’ore la nonna dice che vuole tornare subito a Chicago. “Come puoi pensare di partire domani per la costa orientale in un momento come questo? Devi stare qui e prenderti cura di tua figlia”.
La bambina è terrorizzata.
La donna decide che la nonna ha ragione. Le compra un biglietto per ripartire l’indomani e si organizza per annullare il proprio viaggio.
Chiama una delle persone, il suo ex capo, con cui avrebbe dovuto incontrarsi a Washington. “Non posso venire”. “Ascolta, è meglio se vieni”. “Non posso”. “Porta Emily. Io e lei ci conosciamo. Starò con lei mentre tu fai la tua presentazione”. “Emily non ha il biglietto”. "Appena mettiamo giù, chiamo la compagnia aerea e compro un biglietto per Emily. Lo ritiri all'aeroporto quando accompagni tua mamma. Emily sarà sul tuo stesso volo. Andrà tutto bene"."Sei sicuro?" "Sì. Adesso devo chiamare la compagnia aerea. Buona notte".Mercoledì. Nonna, mamma, nipote sono bloccate nel traffico verso l’aeroporto di San Francisco. Quando scendono dal taxi sono le 9.45, il volo della nonna è alle 10 e quello di Emily e della donna alle 10.30, con il biglietto per la bambina ancora da ritirare, una lunga coda, valigie (senza rotelle!) da trascinare. “Mamma, ce la fai ad andare al tuo aereo da sola?”. La nonna risponde di no, che non ce la fa. “Emily, devo portare la nonna al suo aereo…”. “Non puoi lasciare Emily qui da sola!”.
Giusto.
Ma improvvisamente una voce inconfondibile da dietro dice: “Emily e io aspettiamo qui e andrà tutto bene”. “Non puoi lasciare Emily con uno sconosciuto!”. “Mamma, se non puoi fidarti di Joe DiMaggio, di chi ti puoi fidare?”.
Joe DiMaggio, un famoso giocatore di baseball, era in piedi lì, in coda. Ha guardato la donna, la nonna, la bambina. Quindi con un enorme sorriso le ha dato la mano e ha detto: "Ciao, Emily, sono Joe". Emily ha risposto: “Ciao Joe, sono Emily”.
Così la donna ha accompagnato la nonna al gate, è tornata e ha ritrovato Joe DiMaggio che nel frattempo aveva ritirato il biglietto di Emily. “Grazie mille”. “È stato un piacere”. Sorriso.
Da giovedì a oggi. La donna ed Emily sono andate a Washington. La donna ha ottenuto dai National Institutes of Health il primo finanziamento per le sue ricerche. Ha scoperto il gene BRCA1 e in 33 anni ha scritto la storia del cancro ereditario del seno. La donna si chiama Mary-Claire King e io spero che le diano il premio Nobel (ha già vinto il Lasker, è sulla buona strada).
Come ha fatto Mary-Claire King a superare quella settimana mostruosa? A rimanere lucida, a portare la bambina all’asilo, a non uccidere la nonna (che aveva qualche attenuante: il marito era morto da poco, di una lunga malattia, e lei era malata a sua volta, di un problema neurologico che le avrebbero diagnosticato a breve). Soprattutto, come ha fatto, giovane e all’inizio di un’ancor breve e fragile carriera, ad andare avanti senza sbarellare e perdere tutto? È vero, l’hanno aiutata due capi cortesi e la fortuna di incontrare Joe DiMaggio, ma la fortuna non aiuta gli audaci?
Robert M. Sapolsky, un primatologo dal sarcasmo garbato, ha scritto che “il sistema della dopamina è simile in molte specie, ma noi esseri umani ne facciamo un uso assolutamente inedito: rimandiamo la gratificazione per tempi insensatamente lunghi. Nessun facocero limita le calorie per star bene in costume da bagno la prossima estate. Nessun gerbillo si impegna duramente a scuola per ottenere un buon voto alla maturità per andare in una buona università per essere accettato in una buona scuola di dottorato per ottenere un buon lavoro per entrare in una buona casa di riposo”.
Ecco, io credo che Mary-Claire King sia una donna assolutamente normale, che come tantissime donne ha avuto apici di gloria e pianerottoli di disperazione. Forse però, a differenza di altre, ha avuto sufficiente tenacia da rimandare il momento dello sconforto, dell’autocommiserazione, del tanto-è-inutile-non-ce-la-farò-mai. Ha tenuto la presa e non si è lasciata sfuggire dalle mani qualcosa che avrebbe rimpianto per tutta la vita.
Conosco una ricercatrice la cui password del computer è stata per un periodo “ce-la-devo-fare”. Gli inglesi e gli americani, per questa capacità speciale di alcune persone di andare avanti nonostante tutto, usano una bella parola: resilience, resilienza. Alle ragazze italiane che vogliono fare le biologhe, le biotecnologhe, le farmacologhe, o qualunque altro mestiere appassionante e ambizioso, senza rinunciare a una vita personale, io dico una cosa.
Nella vita vi troverete in tante curve a gomito (o, se preferite, come dice una mia amica, tante curve a vomito). Prendete esempio da ce-la-devo-fare, da Mary-Claire King e dalla loro umanissima resilienza: guardate bene il muro, poi girate e andate avanti.
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Ho scritto questo post dopo avere letto Mary-Claire King ,The Week My Husband Left And My House Was Burgled I Secured A Grant To Begin The Project That Became BRCA1, The Huffington post (14/09/17) ed essermi molto emozionata. La citazione di Sapolsky viene da un libro, finora splendido (non l’ho ancora finito), di Robert M. Sapolsky, Behave, Bodley Head (2017). Mi auguro che qualcuno lo traduca in italiano. L'immagine di apertura con Joe DiMaggio viene da Wikipedia.