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Cibi cotti: bonus o malus per gli esseri umani?

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Avete mai pensato di condividere la cena di uno scimpanzé? Ci ha provato Richard Wrangham, primatologo presso il dipartimento di antropologia della Harvard University. Nel corso di uno dei tanti soggiorni nelle foreste dell’Uganda occidentale Wrangham ha cercato di sopravvivere con la stessa dieta delle «sue» scimmie. Una fame terribile ha però arrestato il tentativo dopo poche ore: la dieta umana – ha dovuto riconoscere il primatologo britannico – è MOLTO più calorica di quella di uno scimpanzé.

Da dove vengono le calorie in più? Dalla cottura, secondo Wrangham. Sappiamo da tempo che i cibi cotti ci difendono da diarree e altri inconvenienti, dovuti a incontri ravvicinati con microrganismi patogeni.
 
Secondo Wrangham il fatto di cuocere i cibi avrebbe avuto anche un altro ruolo importante per il successo della nostra specie: il risparmio energetico che l'organismo ottiene ogni volta che si nutre di alimenti cucinati. Come avverrebbe questo risparmio? Con la cottura gli amidi si trasformano in sostanze gelatinose, le proteine si denaturano, il cibo nel complesso si ammorbidisce e la digestione diventa un processo più veloce e meno dispendioso.
 
Se la cottura ci fa spendere meno energia, essa consente anche di mangiare con minore frequenza e quindi di liberare tempo che l'uomo può dedicare ad altro, sapendo di poter contare, la sera, su un energetico pasto cucinato. L’abilità di trovare o di elaborare un pasto in ogni ambiente ha permesso agli esseri umani di colonizzare quasi ogni angolo del pianeta, producendo un´incredibile diversità di diete.
 
Oggi medici ed epidemiologi vedono, probabilmente a ragione, un futuro nero per le schiere di persone sovrappeso che popolano i Paesi sviluppati. Colpevole è la dieta, troppo ricca di nutrienti ad assorbimento molto rapido, e uno stile di vita di scarso dispendio energetico. Ma sia la dieta ipercalorica che lo stile di vita sedentario sono il frutto degli innumerevoli tentativi, durati centinaia di migliaia d’anni, di ottenere cibi sempre più nutrienti con uno sforzo sempre più ridotto. La cottura è uno dei traguardi raggiunti.
 
Insomma, l’immenso successo della nostra alimentazione ci si ritorce contro. In effetti lo sforzo per procurarci il cibo e per prepararlo è diventato davvero minimo rispetto alle calorie che assumiamo. Se non vogliamo assomigliare sempre più a oche all’ingrasso e non vogliamo neppure passare la vita incatenati a un treadmill nella speranza di perdere peso, siamo costretti a modificare un po’ la nostra alimentazione. La dieta a crudo degli scimpanzé non ci permetterebbe di sopravvivere, ma quanto potremmo avvicinarci al budget calorico delle attuali popolazioni che vivono di sussistenza? E come potremmo farlo senza troppo nuocere alla rapidità del nostro cervello, che adora gli amidi e gli altri zuccheri a rapido assorbimento? Due domande cui converrà trovare presto una risposta.
 
Proviamo a rivolgerle anche ai blog La scienza in cucina di Dario Bressanini e Mente e psiche Mente e psiche di Daniela Ovadia.
 
 ***
 
Per approfodire:
 
In questo podcast potete ascoltare un'interessante sintesi degli interventi sull´origine della dieta umana, compreso uno di Richard Wrangham. Il podcast è stato registrato nell´ambito del congresso che si è appena tenuto a Chicago sull’origine e il futuro della vita sul nostro pianeta, organizzato dall'American Association for the Advancement of Science: 
 

In questo libro un articolo di Wrangham insieme a testi di altri studiosi dell’evoluzione della dieta umana:

Evolution of the Human Diet - The known, the unknown and the unknowable Edited by Peter S. Ungar, Oxford University Press 2007

The Inspirational Chimpanzee: How Four Decades of Research Have Changed Our View of Humanity’ è il titolo del discorso di Richard Wrangham al convegno della Leaky Foundation nel 2008 (cliccando sul link potete ascoltare i primi 9 minuti; le parti seguenti si trovano su youtube, sempre sul canale della Leaky Foundation):

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