Siete a un bivio importante della vostra esistenza? La biologia vi affascina, ma temete che una vita in laboratorio sia incompatibile con la passione per gli Incredibili o Toy Story 3? Forse la carriera per voi oggi esiste: potreste diventare un animatore molecolare. Parola del New York Times che a questo nuovo mestiere ha dedicato un gustoso articolo.
Per dimostrarvi che non è uno scherzo, venite con me nel laboratorio di Janet Iwasa all’Università di Harvard. Janet è una super biologa (Ph.D. all’Università della California; postdoc nel laboratorio del premio Nobel Jack Szostak a Harvard). Non contenta del suo curriculum stellare, la dottoressa Iwasa si è fatta dare una borsa di studio della National Science Foundation ed è andata a fare un corso di animazione a Hollywood. Mentre i suoi compagni di corso si immaginavano inventori di mostri e supereroi per colossi come la Pixar, lei è tornata subito alla Harvard Medical School, ad animare le macchine che popolano le cellule.
Le animazioni che vedete non sono davvero una fiction, perché sono saldamente ancorate alla marea di nozioni che gli scienziati hanno accumulato negli ultimi anni. Nozioni che perlopiù giacciono, inanimate, in database come la Protein Data Bank. I dati grezzi sono fondamentali, ma ben poco eloquenti. La forza della visione e del movimento sono elementi utili non soltanto per affascinare il pubblico, ma anche per capire meglio come il numero pressoché infinito di molecole biologiche funziona, interagisce e si muove nello spazio.
Guardate quest’animazione dell’endocitosi, realizzata da Janet Iwasa in collaborazione con Tomas Kirkhhausen, uno dei massimi esperti del processo con cui le cellule portano al proprio interno pezzi dell’ambiente esterno. “Prima delle animazioni avevamo soltanto delle fotografie riprese al microscopio o tramite la cristallografia a raggi X” spiega il dottor Kirkhhausen. “Le animazioni permettono di mettere insieme informazioni e fotogrammi in maniera logica” e vedere se le ipotesi hanno o non hanno senso.
A volte le animazioni sono molto eleganti. Guardate per esempio questo video che illustra il processo di divisione cellulare del lievito di birra: un’altra opera della dottoressa Iwasa che mostra come la divisione non potrebbe avvenire senza la dineina che tira i microtubuli del fuso mitotico verso i due poli.
Un altro pioniere della animazione molecolare è Robert Lue. Direttore dei programmi educativi sulle scienze della vita ad Harvard, la sua produzione BioVision è un vero spettacolo (guardate in particolare i mitocondri, all’inizio e alla fine del video). Un altro cartone da non perdere è “la vita interiore di una cellula”, sempre della BioVision, che mostra i globuli bianchi a caccia di infezioni. Un successone su youtube!
Perché l’animazione aiuta a capire? Si dice che il nostro cervello funzioni in maniera visiva. In effetti molti divulgatori usano metafore, che altro non sono se non immagini espresse a parole. Per me le metafore sono sempre state l’unico modo di proiettare nella mente il fluire dei passaggi di un processo biologico. Oggi la tecnologia consente di fare un passo oltre, verso figure in movimento che non richiedono lo sforzo di immaginazione necessario quando si parte da un testo scritto.
Fra i virtuosi della biologia animata spicca Drew Berry, che ha da poco ricevuto uno dei «premi per geni» della Fondazione MacArthur. Come spiega lui stesso nella videointervista che trovate sotto, Berry crede che le animazioni abbassino la barriera elevata del linguaggio tecnico e complesso degli scienziati, a vantaggio di immagini in movimento che permettono di vedere come funzionano le cellule e le molecole. Motivato da una passione per la biologia unita all’amore per le nuove tecnologie e per la computer graphics, Berry traduce la scienza in una storia visiva che fa capire immediatamente quello che i grandi scienziati già vedono, ma soltanto all’interno della propria testa. L’animazione è anche un modo per lasciare da parte le astrazioni dei libri di testo e fornire agli studenti uno strumento nuovo, visivo e interattivo, per apprezzare la biologia in movimento.
Di fronte alla novità qualche scienziato storce il naso. Le animazioni, secondo il pensiero duro e puro, sarebbero una distrazione dai dati, quelli veri, e dunque dovrebbero essere utilizzate giusto come ausilio didattico, mai nella ricerca. Anche se così fosse, non sarebbe un magro risultato. Notevole a questo riguardo il progetto di E.O. Wilson, il grandioso etologo delle formiche, che sta lavorando a una nuova generazione di libri di testo digitali in biologia: al centro di questi libri del futuro, la visualizzazione animata del mondo bio. Per gli studenti potrebbe davvero cambiare il mondo, e per una volta non in peggio.