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DNA Revolution in laguna

Che cosa faremo con il DNA? Se ne parlerà a Venezia, nella quinta Conferenza mondiale sul futuro della scienza, dal 20 al 22 settembre.
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«Fare previsioni è difficile, specialmente sul futuro» ha detto un certo Yogi Berra. Eppure a Venezia ci si prova con la quinta Conferenza mondiale sul futuro della scienza: la rivoluzione del DNA sarà il tema di quest'edizione.

Il 1953 è un anno speciale. L’uomo conquista il tetto del mondo, guarda in TV il funerale di Iosif Stalin e scopre che una minuscola scala a pioli, avvolta a doppia elica, abita ogni cellula del suo corpo.
 
Mezzo secolo più tardi conosciamo uno per uno gli oltre 3 miliardi di pioli che compongono quella molecola. Ce li fa scoprire il Progetto Genoma Umano, nei 23 000 geni e 23 cromosomi della nostra specie.
Il Progetto termina addirittura con due anni di anticipo rispetto al previsto. È la tecnologia che permette di bruciare i tempi. Se negli anni Ottanta occorreva un anno per decifrare un singolo gene, l’intero genoma dell’ultimo virus influenzale è a disposizione in meno di un giorno, il 24 aprile scorso. L’accelerazione è straordinaria e i biologi hanno l’impressione di passare dalla carrozza a cavalli allo Space Shuttle.
 
Quasi ogni settimana le riviste scientifiche raccontano di un nuovo genoma decifrato: germi, alberi, bestie, l’ultimo è quello della mucca. E ormai non fanno più notizia.
 
Oggi la domanda è: che cosa ce ne facciamo di tutte queste informazioni?
Molti «frutti» sono già utilizzati da milioni di persone. L’insulina umana è disponibile a buon mercato perché ne abbiamo inserito il gene in tante operose ed economiche biofabbriche, chiamate batteri, che ne producono a chili in poche ore, in cambio di qualcosa di cui nutrirsi. I diabetici ringraziano.
Di altri frutti (letteralmente, e anche di verdure) potremmo godere, risparmiando acqua ed evitando pesticidi, se non ci ostinassimo a pensare che devono proprio essere nocivi (penso agli OGM).
 
Altre prospettive a breve termine: lo Human Microbiome, l’inventario in corso dei microscopici ospiti che abitano il nostro corpo, a volte aiutandoci, a volte un po’ meno. O il progetto Cancer Genome, da cui speriamo di capire che cosa hanno di tanto «speciale» le cellule che proliferano senza controllo (se ne parlerà sempre a Venezia nel simposio dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro sulla genetica dei tumori).
 
Potremmo anche usare le informazioni sul DNA per dire dei no arbitrari. In base alla probabilità che una persona avrà, secondo il suo genoma, di sviluppare una certa malattia, un determinato carattere, una qualità socialmente sgradita.
 
Il rischio genetico è un campo da esplorare, ma ne sappiamo ancora troppo poco per prestare affidamento alle informazioni che ne emergono. Prova vivente di quest’incertezza è Jim Watson, un ottantunenne con due occhioni da ragazzo curioso e un premio Nobel alle spalle (per chi se ne fosse scordato, è lui lo scopritore della doppia elica, insieme a Francis Crick).
 
 
 
Il suo genoma personale, pubblicato sul web, è infatti portatore di almeno una coppia di geni che lo dovrebbero predisporre al cancro, ma vi posso assicurare che è ancora vivo e vegeto: l’ho visto con i miei occhi questa mattina a Milano (alla conferenza stampa per la conferenza veneziana).
In questo video potete vederlo anche voi.
 Useremo il «taglia e incolla» di frammenti genomici per costruire strumenti utili all’uomo, alla salute, all’ambiente? O preferiremo piegare la tecnologia del DNA ricombinante a impieghi discriminatori o perfino distruttivi?
 
Difficile aspettarsi che la politica possa guidare con responsabilità e saggezza lo sviluppo scientifico. «I politici annusano l’umore della gente e lo interpretano, a proprio uso e consumo. E lo stesso fanno i media». ha detto oggi Umberto Veronesi. «Se però la gente si convince che la ricerca sul DNA è una straordinaria ragione di ottimismo per il futuro, oltre che una formidabile opportunità, allora anche la politica seguirà.»
 
 
In altre parole il futuro di ciò che faremo col DNA è nelle nostre mani.
 
Facciamone buon uso.
 
*** *** ***
 
La conferenza sul futuro della scienza è organizzata dalla Fondazione Umberto Veronesi, dalla Fondazione Silvio Tronchetti Provera e dalla Fondazione Cini, in collaborazione con l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro.

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