Un’alleanza reciprocamente vantaggiosa fra due organismi, un’alga e un fungo o un cianobatterio e un fungo, è la ricetta alla base di ogni lichene, di cui si contano migliaia di specie in ogni angolo del pianeta (persino in Antartide). L’alga o il cianobatterio provvedono con zuccheri sintetizzati tramite la fotosintesi al nutrimento del fungo, che non può alimentarsi da solo; in cambio il fungo protegge l’alga o il cianobatterio, fabbricando più di 600 composti a difesa della simbiosi; ma a volte anche i cianobatteri contribuiscono alla produzione delle sostanze difensive.
L’arsenale di molecole protegge i licheni da ogni pericolo: i danni dei raggi UV, le infezioni dei microbi, i morsi degli erbivori (sempre famelici), l’inzuppamento d’acqua, solo per citarne alcuni. A molte di queste sostanze si devono fra l’altro i fantastici colori dei licheni, la fluorescenza di certe specie ai raggi UV e i cambiamenti cromatici in reazione ad alcune sostanze chimiche.
La tossicità dei licheni è nota da secoli, al punto che alcune specie, fra cui il cosiddetto lichene dei lupi, erano usate per avvelenare diversi animali feroci. Fra i veleni più potenti prodotti dai licheni ci sono le microcistine, presenti in circa una specie su 8 e in grado di provocare gravi danni al fegato negli esseri umani e in altri animali.
Anche se sono meno note dell’arsenico, le microcistine sono un veleno potente, tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda che la loro concentrazione nell’acqua potabile non superi i 0,001 mg/l. Le microcistine sono infatti presenti nei laghi e nei fiumi, dove i cianobatteri non legati ai licheni proliferano, liberando tossine che possono accumularsi nei pesci, nei molluschi e intossicare gli umani attraverso la catena alimentare. Nei licheni le microcistine si accumulano nel tallo (la parte vegetativa del lichene) e creano così un deterrente efficace contro gli animali tentati dalle appetitose fronde colorate. Un gruppo finlandese dell’Università di Helsinki ha analizzato più di 800 campioni di licheni provenienti da tutto il mondo, trovando molte varianti del gene che codifica per le microcistine in circa un centinaio di specie e tracce di tossine in una quarantina di queste (La scoperta è stata pubblicata su Pnas a fine febbraio 2012 e Ed Young le ha dedicato un bel post sul suo blog, Not exactly rocket science).
Un’altra arma prodotta dai licheni è forse l’unica sostanza in grado di distruggere i prioni, secondo uno studio americano pubblicato su PlosOne nel 2011. I prioni, responsabili del cosiddetto morbo della mucca pazza e di altre malattie neurologiche anche umane, sono fra le più tenaci molecole biologiche. Resistono a tutto: cottura, congelamento, disinfettanti, alta pressione, irraggiamento, formalina, proteasi e molto altro. Ma una breve immersione in compagnia di un lichene li demolisce in pochi minuti, come ha raccontato splendidamente Jennifer Frazer nel suo blog sul sito di Scientific American.
Parmelia sulcata, un lichene americano in grado di distruggere i prioni.
Oltre che navigati produttori di veleni, i licheni sono anche fini sensori della qualità dell’aria. Senza parti decidue che si rinnovano di anno in anno, né stomi che si possono aprire o chiudere, i licheni sono in effetti esposti all’aria più delle piante e senza interruzioni. I licheni inoltre non hanno radici, perciò l’aria è anche la fonte primaria di ogni sostanza proveniente dall’esterno. Per queste ragioni i licheni accumulano sostanze che spesso riflettono la composizione dell’aria nell’ambiente. Non solo, ma fra le migliaia di specie ce ne sono di diversamente sensibili agli inquinanti. Queste caratteristiche ne hanno fatto un monitor biologico ideale della qualità dell’aria, che è stato scelto da istituzioni come il Servizio forestale degli Stati Uniti o l’Open Air Laboratory britannico (un video nel sito del National History Museum mostra come si fa in pratica un monitoraggio dell’aria con i licheni).
La Lobaria pulmonaria, un lichene sensibile agli inquinanti dell’aria.
Qualche anno fa un’amica aveva pensato al lichene per il nome dell’associazione che oggi si chiama Genitori Antismog. Certamente non sarebbe stato un nome altrettanto esplicito, ma l’esposizione continua all’aria, buona o cattiva che sia, e lo sviluppo di strumenti per la sopravvivenza della specie sono tratti comuni a chiunque si impegni a ottenere un’aria migliore.
Dimenticavo, c’è perfino chi cerca di ricoprire le città di licheni.
Per scrivere questo post ho consultato tutte le fonti linkate nel post. Le immagini sono tratte da Wikipedia. L’apertura è la riproduzione di un disegno di Ernst Haeckel, da Artforms of Nature (1904); la foto del lichene Parmelia sulcata è di James Lindsey; la foto della Lobaria pulomonaria è di Bernd Haynold.