Antonello da Messina, San Gerolamo nel suo studio (circa 1475), National Gallery, Londra
Tirate fuori i vostri ricordi. Come si fa? Ci sono tanti modi: per esempio, dieci minuti dopo che avete terminato una lezione, o appena siete usciti da scuola, prendete un foglio bianco e scriveteci sopra rapidamente le cose che ricordate di avere sentito o fatto in classe. Ripetete lo sforzo prima di andare a dormire: l’impatto di questo piccolo esercizio sarà maggiore di molte delle cose più comuni che gli studenti di solito fanno per studiare. Accedere ripetutamente a ciò che si ricorda aiuta a rafforzare la memoria e a renderla sempre più memorabile per il futuro. E per quel che non si ricorda? Vi aiuterà a diagnosticare quello che non ricordate e quindi non sapete: gli argomenti su cui dovete concentrare le maggiori energie. Mettetevi subito alla prova. Invece di studiare prima e vedere poi che cosa avete imparato, provate a fare il contrario. Anche se va contro ciò che vi dicono intuito, genitori e prof, pare che questo approccio sia efficace specialmente per come sono strutturate oggi le verifiche. Partite dalle domande e studiate poi a fondo tutte le risposte che non sapete, andando a verifica quello che è scritto sul libro. Per esercitarvi potete usare gli esercizi che vi assegnano o potete chiedere all’insegnante di darvi delle verifiche che ha usato in passato. Se non avete niente di tutto ciò a disposizione, potete semplicemente aprire il libro e a ogni capitoletto coprire il testo con una mano e cercare di ritrovare nella memoria ciò che avete sentito a lezione, paragonando ciò che ricordate con il testo scritto. Nel libro c’è di più? È l’opportunità per imparare quello che vi manca. Oppure c’è di meno? Tanto meglio, avete imparato cose con poco sforzo. Non temete le verifiche. Anzi, provate a inventarne voi, scrivendo le domande che vi aspettate di trovare, per esempio sugli argomenti che vi sembrano più adatti a risposte testabili o quelli che possono creare maggiore confusione. Rispondete alle domande che vi fate da soli o a quelle che vi fanno i compagni. Testare quello che non sapete e poi studiare è utile non soltanto per prendere voti migliori: imparare in queste modalità attive pare che sia molto più efficace (oltre che più divertente e dinamico) rispetto alla noia di rileggere da soli e in maniera passiva cinque volte un capitolo. Mischiate gli argomenti. In classe vi presentano spesso più concetti diversi: a casa li studiate uno dopo l’altro? Dagli esperimenti degli psicologi di UCLA, risulta che saltare da un concetto a un altro a un altro ancora, per poi tornare al primo e così via, aiuta non solo a ricordare meglio, ma a ottenere anche un migliore quadro d’insieme, insieme alla flessibilità necessaria a passare da un concetto all’altro vedendone le connessioni. Non studiate sempre nello stesso posto. Vi han detto di scegliervi un ambiente piacevole e tranquillo, sempre quello, dove passare tutte le vostre ore sui libri? La scienza dell’apprendimento dice che dovreste variare i luoghi di studio: un giorno la biblioteca, un giorno la camera, un altro giorno la cucina… La ragione è che ciascun ambiente offre elementi che si associano nel ricordo a ciò che uno sta cercando di imparare. Così al momento della verifica uno ricorderà gli scacchi rossi e bianchi della tovaglia della cucina insieme al verbo irregolare inglese bear, bore, born o il quadretto con le mucche sopra la scrivania in camera insieme alla formula per rettificare la circonferenza. Distribuite lo studio. Se avete quattro ore per studiare, è più efficace suddividerle in un’ora al giorno per quattro giorni che studiare tutto in un solo giorno. Ecco l’unica cosa che genitori e prof hanno azzeccato quando vi hanno detto mille e mille volte di non fare la “studiatona” a ridosso della verifica, dell’interrogazione, dell’esame. Accumulare tutto all’ultimo, ammesso che abbiate tempo a sufficienza, può infatti aumentare lievemente la performance nell’immediato, ma basta che vi spostino la prova di un giorno o di una settimana, e dovete cominciare tutto da capo perché così si crea una memoria che dura pochissimo. La regola dello spezzettare vale anche per l’ora da dedicare in un giorno: meglio studiare un quarto d’ora al mattino presto, un quarto d’ora prima di pranzo, un quarto d’ora dopo pranzo e un quarto d’ora prima di cena. Il tempo è uguale, un’ora, ma da quell’ora frantumata pare che otterrete molto di più perché a ogni intervallo segue lo sforzo di recuperare le informazioni memorizzate che vi aiuta a consolidare la memoria. Insomma, imparare è il prodotto di uno sforzo mentale: perché sia efficace è meglio usare la procedura che si è dimostrata più produttiva. Tutto questo vale, naturalmente, se studiate seriamente e con concentrazione; se gli spezzettamenti sono deliberati e non dettati dal trillo dei messaggi sul telefono; se siete focalizzati, se non vi disperdete e soprattutto se avete voglia di imparare. Poi qualcosa inevitabilmente dimenticherete col tempo. Niente di grave, è accaduto a tutti, anche a Jorge Luis Borges: Le mie notti sono piene di Virgilio; avere saputo e avere dimenticato il latino è un possesso, perché l’oblio è una delle forme della memoria, il suo vago scantinato, l’altra faccia segreta della moneta. Buone feste a tutti! Ho tratto questo post dal video Pro Tips: How to study. Grazie a Mikey Garcia, studente di dottorato, Veronica Yan, PhD, e Nicholas Soderstrom, PhD, presso il laboratorio Bjork per il Learning & Forgetting. La poesia di Jorge Luis Borges, Un lettore, è citata da Marco Malvaldi in L’infinito tra parentesi, Rizzoli (2016). In apertura particolare da Antonello da Messina, San Gerolamo nel suo studio (circa 1475), National Gallery, Londra.![about 1475](https://ieb-assets.s3-eu-west-1.amazonaws.com/files/cache/wp_aulascienze/2016/12/antonello-san-gerolamo-nello-studio-4.jpg/antonello-san-gerolamo-nello-studio-4_960x0_3ac430389f9103f18b910668366de0ee.jpg)
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