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Biologia e dintorni

John James Audubon, pittore di uccelli, boscaiolo americano

La vita avventurosa di John James Audubon, ornitologo e pittore autodidatta del primo Ottocento, tra Caraibi e Francia, America e Inghilterra

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John James Audubon era nato nel 1785, con il nome di Jean Rabin, sull’isola di Santo Domingo. Il padre, Jean Audubon, era un militare della marina francese e un corsaro, che sull’isola aveva avuto un certo numero di figli con più di una donna non solo locale. Terminata la fortuna della Francia in quelle terre d’oltremare, Jean aveva venduto la piantagione che possedeva sull’isola ed era rientrato in patria, vicino a Nantes, al tempo della rivoluzione. Con sé aveva portato due figli, che erano stati accolti e allevati amorevolmente dalla moglie legittima, rimasta in Francia e senza prole propria.

Dopo il terrore, in Francia stava sorgendo l’astro di Napoleone. Temendo che il giovane ragazzino potesse finire coscritto nelle militaresche imprese dell’imperatore, il padre previdente aveva comprato una fattoria nei nascenti Stati Uniti, a Mill Grove, vicino a Philadelphia. Nel 1803 vi aveva spedito il ragazzo appena diciottenne, con documenti falsi e l’augurio di fare fortuna. Qui Jean Rabin prenderà il nome di John James Audubon.

Il ragazzo è appassionato di uccelli. Fin da piccolo, da completo autodidatta, li cattura e li ritrae con gli acquerelli. Anche in America ogni minuto libero è dedicato a questa ossessione, tra caccia, ornitologia e arte. Il talento nascente è nutrito dalla smania di osservare e riprodurre fedelmente la natura per conoscerla.

Quasi un secolo prima dell’invenzione della fotografia, non c’erano molte alternative alla caccia per fermare l’immagine di animali rapidi e sfuggenti come gli uccelli. L’interesse per la natura non era la principale causa di morte: moltissimi animali, tra cui tanti uccelli, venivano uccisi soprattutto per essere mangiati.

Ma di che cosa vive il giovane Audubon in America? Con alcuni parenti e soci apre empori per i pionieri delle cittadine della frontiera occidentale degli Stati Uniti dell’epoca. Si spinge fino al Kentucky, la Louisiana, la Florida, lungo fiumi come l’Ohio, il Missouri, il Mississippi. Le strade non esistono e gli spostamenti avvengono perlopiù su imbarcazioni, prima a remi, poi a vapore. Le condizioni igieniche sono ovunque terribili e Audubon si ammalerà più volte di malaria e altre malattie comuni al tempo.

Per il commercio nutre scarso interesse e appena può parte per le sue spedizioni. Si fa così un’idea diretta e naturalistica degli uccelli che incontra e del loro ambiente. Si tratta di informazioni inedite, che mancano agli ornitologi dell’epoca, dato che commissionano le catture a cacciatori professionisti.

La guerra d’indipendenza tra Stati Uniti e Inghilterra complica le attività commerciali di Audubon e dei suoi soci. Le scaramucce isolazioniste che precedono di qualche anno il conflitto bloccano l’importazione delle merci. L’inevitabile bancarotta è un disastro per il giovane ornitologo-pittore, che nel frattempo ha messo su famiglia con Lucy Bakewell, di origine inglese. Lei e poi i figli lo aiuteranno tutta la vita a compiere le sue folli imprese, pur con qualche perplessità. I debiti contratti allora lo perseguiteranno per l’intera esistenza con l’incubo della prigione e del pignoramento dei beni.

Il fallimento dell’impresa commerciale è anche l’opportunità perché il disegno degli uccelli diventi l’occupazione primaria del nostro pittore ornitologo. Decide allora di ritrarre tutti gli uccelli d’America che riesce a catturare e di farlo nelle loro pose e dimensioni naturali. Vuole che i suoi dipinti si stacchino dalla rigida tradizione ornitologica, che si focalizzava su penne e piume senza la minima attenzione né per l’ambiente, né per le pose assunte dagli animali in natura.

Per una pittura più realista Audubon sviluppa tecniche innovative. Le pelli degli uccelli sono montate su particolari telai di sua invenzione che permettono pose più morbide e sinuose. Inoltre, a differenza degli ornitologi puri, interessati prevalentemente alla classificazione, Audubon desidera che i suoi uccelli siano belli, colorati e piacevoli da guardare anche per i non specialisti.

Ma come vivere d’arte e avventura? E come farsi conoscere? Audubon vuole pubblicizzare il suo sapere e i suoi dipinti, di cui nel 1826 ha ormai una collezione di oltre 300. Ma l’America settentrionale è ancora poco popolata e la gente che vi abita è interessata soprattutto a fare quattrini. C’è chi cerca fortuna con il commercio, chi con l’oro e così via. Dal punto di vista delle scienze e delle arti, sono ancora rari i musei e le società scientifiche. Anche tra i pochi cittadini colti delle nascenti città di New York, Boston, Philadelphia, Washington, la curiosità scientifica e intellettuale per la natura del nuovo mondo è ancora limitata.

Per vendere i disegni occorre trovare il modo di stamparli, ma nessuno stampatore americano ha lastre e strumenti di grandi dimensioni, per non parlare delle capacità tecniche necessarie. È venuto il momento di cercare fortuna in Inghilterra, dove una giovane e fiorente società industriale permette ai più abbienti di dedicare tempo ad arti e conoscenze.

Trovato il primo di una serie di stampatori, Audubon inventa un meccanismo ingegnoso per farsi conoscere. L’obiettivo è anche rientrare dalle spese ingenti delle sue imprese autofinanziate. Via via che i suoi disegni vengono stampati e colorati su grandi fogli, in serie di qualche decina circa all’anno, Audubon li recapita personalmente a persone ed enti che ha convinto a sottoscrivere un abbonamento. Una volta che un’annata è completa, i fogli separati vengono rilegati in un libro. Nascono così i primi volumi del suo capolavoro, i Birds of America.

A Liverpool Audubon vede per la prima volta strade ed edifici illuminati a gas. Il nuovo mercato della città, aveva osservato, era ospitato in «un edificio grande, alto e lungo, diviso in cinque ampie corsie, ciascuna con i propri prodotti specifici», ed era così ben illuminato a gas «che questa sera alle 22 ho potuto vedere chiaramente i colori degli occhi dei piccioni vivi in gabbia».

Audubon cerca a uno a uno i propri abbonati a Londra, a Edimburgo e in altre città. Nel tempo ne collezionerà qualche centinaia. Ogni anno, finite le stampe, deve recarsi personalmente da ciascuno di loro a consegnare gli ultimi fogli e farsi dare i soldi. Un’impresa non facile.

Va a caccia di abbonati anche in Francia, dove però, dopo la rivoluzione, c’è grande miseria. Siccome i soldi scarseggiano sempre, impara anche a fare ritratti a olio, mentre la moglie, rimasta in America con i figli, si dà da fare con lezioni di musica e lavori di istitutrice presso famiglie benestanti.

Con la moglie, durante le lunghe separazioni, tiene una fitta corrispondenza, e inoltre scrive i propri diari. Conosciamo in dettaglio quasi ogni giorno della sua vita adulta grazie a questi scritti. Ma poiché la posta era lenta e inaffidabile, le lettere arrivavano con mesi di ritardo, contribuendo a equivoci e incomprensioni tra moglie e marito. Lui l’avrebbe voluta con sé in Inghilterra, ma temeva di non poterla accogliere in modo decoroso. Lei era incerta se raggiungerlo, essendo preoccupata per i figli da mantenere ed educare. Alla fine, dopo parecchi anni, si riuniscono tutti in Inghilterra, prima di fare insieme ritorno in America.

Dopo tante difficoltà, la fama di Audubon cresce al punto da essere finalmente pari al suo talento e merito. Viene eletto membro di diverse società scientifiche, è invitato a esporre i suoi disegni e tiene conferenze sia in Inghilterra sia in America. I suoi cinque volumi delle “biografie degli uccelli”, pieni di narrazioni naturalistiche e di storie di vite da pionieri, lo rendono così famoso da ricevere inviti a cena da più di un Presidente. Con il soprannome che si era dato lui stesso, il “boscaiolo americano”, era diventato una sorta di icona nazionale.

Segue un breve periodo di benessere, che permette agli Audubon di comprare una fattoria sull’Hudson, in quello che allora era aperta campagna ed è oggi una strada di Harlem, nell’estremità settentrionale dell’isola di Manhattan.

La fine è un po’ triste. Audubon, invecchiato, compie un’ultima missione con i figli, questa volta a caccia di mammiferi da immortalare. I figli sposati da poco perdono le loro giovanissime spose, sorelle, a causa della tubercolosi. Per la tristezza Audubon beve molto e infine diventa progressivamente demente.

Muore, nel 1851, a circa 66 anni. I figli si risposano, ma investono molti soldi in una caccia all’oro fallimentare in cui perdono tutto e non diventano molto vecchi. Sopravvivono Lucy e i nipoti. Lei, seppure tornata a essere molto povera, arriva – ospite di amici e parenti – alla ragguardevole età di 87 anni.

Oggi gli Uccelli d’America sono considerati un monumento nazionale. Il lascito di Audubon – la documentazione della natura selvaggia del Nord America – è senza pari per dimensioni e originalità di osservazione. Soprattutto, l’impronta naturalista e artistica da lui lasciata è diventata presto parte dell’identità visiva di quel grande Paese in formazione che lo aveva adottato. Le rare edizioni complete dei suoi libri valgono milioni di dollari. E la società che porta il suo nome, oltre a conservare la sua eredità scientifica e artistica, porta avanti i suoi intenti di conservazione.

Audubon era consapevole e preoccupato che la natura e l’ambiente sarebbero fortemente cambiati per mano umana. Oggi negli Stati Uniti orientali la sua opera colossale è ricordata ovunque. Innumerevoli parchi, strade, luoghi hanno il suo nome e ovunque lui sia passato c’è qualche monumento o piccolo museo a celebrare la sua improbabile esistenza e i suoi meravigliosi uccelli.

Ho incontrato gli uccelli di Audubon quando vivevo negli Stati Uniti alla fine degli anni Novanta. Non conoscevo invece la sua biografia, che ho scoperto grazie a un formidabile articolo di Ottavia Casagrande, “Gli uccelli d’America proposti in tavola” (Sole 24 Ore, Domenica, 18 agosto 2022). Da lì è stato un attimo leggere l’esaustiva biografia che Richard Rhodes ha dedicato a questo talentuoso pittore, ornitologo e avventuriero della prima metà dell’Ottocento. Il titolo è John James Audubon: The Making of an American, Alfred A. Knopf (2004).
In apertura, John James Audubon, tacchini selvatici (1826, Wikipedia, Crystal Bridges Museum of American Art).
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“Le Petit Caporal”, un piccolo falco chiamato così da Audubon, forse come i soldati francesi avevano soprannominato Napoleone per la sua altezza (foglio 75, audubon.org).
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Tra le immagini più famose di Audubon, il fenicottero americano (foglio 431, audubon.org)
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John Syme, John James Audubon (1826, Wikipedia, The White House Historical Association)