Per molto tempo la pelle ha rappresentato un ostacolo all’esplorazione del corpo. Basta guardare una delle migliaia di illustrazioni anatomiche che mostrano ossa, vasi e muscoli in bella vista: ai margini penzolano lembi di pelle decorticata, un’illustrazione vivida dell’intralcio che la nostra sottile corteccia protettiva ha creato a tante generazioni di studiosi e curiosi del corpo umano.
Da circa un secolo non è più così. Con la scoperta della radiografia la pelle ha iniziato a dare meno fastidio e ad acquisire una propria dignità, sia come oggetto che come organo. Alla pelle, sottile confine fra l’interno e l’esterno, la Wellcome Collection di Londra ha dedicato una bella mostra la scorsa primavera, che si perpetua sul Web.
L’etologo inglese Desmond Morris ci ha chiamato “scimmie nude”. In effetti noi esseri umani siamo l’unica specie fra i primati ad avere la pelle ricoperta da soli 5 milioni di peli, una quantità ridicola rispetto ai cugini davvero irsuti. Come sopravvivere senza pelliccia? Contro il freddo ci aiuta (oltre all’invenzione dei vestiti) lo strato di grasso nascosto appena sotto il derma; invece contro la calura sudiamo attraverso i milioni di ghiandole sudorifere che in ogni angolo del corpo producono microscopici spruzzi d’acqua. Quando l’aria è asciutta l’umidità accumulata sulla pelle evapora e la temperatura del sangue nei capillari diminuisce: anche così ci raffreddiamo.
Alla pelle dedichiamo un’attenzione continua e spasmodica, tanto che del nostro derma conosciamo ogni ruga e ogni macchia, ogni taglio e ogni più piccola ferita, e facciamo di tutto per evitare che la nostra storia, e soprattutto la nostra età, traspaiano dalla somma di queste tracce. Andiamo persino sotto i ferri volentieri pur di lisciare ogni avvisaglia del più o meno lungo passato, ignorando però che nessun bisturi può fermare il continuo aumento di entropia al di sotto di una pelle in apparenza perfetta.
L’industria che produce rifatti e rifatte può sembrare volgare e spregevole. Non dobbiamo però dimenticare che tanta pratica chirurgica crea destrezze e perizie che, pur essendo nate per levigare abbienti e vanesi, sono utilizzate anche per i meno fortunati. Basta pensare a come sono cambiate in pochi anni le sembianze dei bambini affetti da palatoschisi, dei grandi ustionati o di chi soffre di malattie sfiguranti.
“La pelle è un oggetto che porta insieme la storia e chi la racconta”. Fra le cose più inusuali che un museo possa conservare c’è una raccolta di tatuaggi storici, dovuta al macabro hobby di un certo La Vallette, patologo di un istituto penitenziario francese che si dilettava a rimuovere campioni di pelle tatuata dai cadaveri di detenuti, prevalentemente prostitute e marinai, donatori inconsapevoli di pezzi di storia umana.
Fra gli altri numerosissimi oggetti curiosi, mi hanno colpito alcuni disegni didattici per illustrare i punti di sutura; e il disegno di una mano affetta da impetigine. E se le stigmate fossero stati i segni di un'infezione?
La pelle è sottile ma estesa. Quanto estesa? C’è chi dice che se la stendiamo tutta raggiungiamo le dimensioni all’incirca di una coperta, ma se consideriamo anche le introflessioni nella mucosa arriviamo a coprire un campo da tennis. Mi viene da pensare alla famosa domanda di Benoît Mandelbrot: “Quanto è lunga la costa dell’Inghilterra? Dipende da quanto la si guarda da vicino”. Da quella constatazione cominciava l’esplorazione del mondo frattale. Anche la pelle può essere considerata un po’ come un frattale, sottile ma sostanzialmente infinita.
Un organo affascinante da esplorare, e anche molto importante se consideriamo le capacità di resistenza e di difesa, dalle infinite aggressioni del mondo esterno, su cui ogni giorno si scoprono novità intriganti.
La Wellcome Collection, “una destinazione gratuita per gli incurabilmente curiosi” e “una meta seducente per gli esploratori della condizione umana”, sta portando sul Web una porzione sempre maggiore delle sue raccolte. Un dono per chi vive al di qua della Manica.
Sono particolarmente grata a Caroline Ash: con la sua vivida recensione della mostra, pubblicata su Science, mi ha fatto vedere con la mente le immagini di Skin prima ancora di trovarle sul sito e mi ha fatto venire voglia di condividere con i miei lettori questo gioiello di storia della medicina.
L'ossessione per la bellezza e la conservazione della pelle è un tema trattato in modo molto interessante in Survival of the prettiest, The science of beauty di Nancy Etcoff (Anchor Books, 1999).
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