Anche i biologi hanno un top model: è un tipo elegante, dai movimenti sinuosi e dalla pelle trasparente. Lungo 1 mm, il suo nome completo è Caenorhabditis elegans ed è un verme.
Sydney Brenner è fra i primi scienziati a studiarlo, a Cambridge negli anni Sessanta. Arrivato in Gran Bretagna dal Sudafrica, Brenner lo seleziona fra molti, nella ricerca di un animale pluricellulare che possa essere per la biologia animale un modello analogo a ciò che Escherichia coli, il batterio dell’intestino umano, ha rappresentato per la comprensione della biologia dei microrganismi.
La pelle trasparente del vermetto è la prima caratteristica che attira l’attenzione del ricercatore sudafricano: attraverso quella membrana sottile, traslucida, si intravedono tutte le cellule di questo piccolo nematode.
Le cellule dell’adulto sono 959: è forse l’unico animale di cui conosciamo il numero delle cellule in maniera così precisa (la stima per gli esseri umani adulti è ben più vaga: fra 10 e 100 trilioni di cellule). Durante lo sviluppo embrionale 131 cellule nascono e muoiono entro 30 minuti. Che senso ha la loro fugace apparizione? Di preciso non si sa, ma è verosimile che quelle cellule nascano per organizzare la forma che dovrà prendere il verme adulto e che muoiano, una volta concluso il loro compito, per lasciare il posto ad altre cellule con funzioni essenziali per l’animale maturo. Per autoannientarsi queste cellule usano il meccanismo della morte cellulare programmata, o apoptosi: un processo che utilizza anche il nostro sistema immunitario per uccidere le cellule infettate da un virus. I primi studi sull’apoptosi, compiuti proprio su C. elegans, regalano il premio Nobel a Brenner, John Sulston e Robert Horvitz.
C. elegans è anche l’unica specie di cui possediamo, oltre alla sequenza completa del genoma, anche il diagramma di tutte le connessioni nervose. Con soli 302 neuroni (un essere umano adulto ne possiede circa 100 miliardi), il più sofisticato dei nematodi si esibisce in comportamenti notevoli: si dirige verso sostanze chimiche che indicano la presenza del suo cibo preferito, i batteri; si allontana da ambienti in cui c’è troppo sale (rischierebbe di rinsecchire); sente le variazioni di temperatura; evita di farsi toccare.
Sono numerosi i geni del verme top model che si ritrovano anche nei mammiferi. L’evoluzione li ha conservati per qualche miliardo di anni. Capire che cosa fanno e a che cosa servono in questo verme, semplice da studiare, ma biologicamente complesso, può tornare utile anche alla comprensione della biologia umana.
*** *** ***
Per conoscere meglio Sydney Brenner guardate quest'intervista che il premio Nobel ha rilasciato alla televisione dell'Università della California a San Diego (oltre a dire cose interessantissime, lo fa con un accento molto divertente!)
E se non l'avete già fatto, potete leggere il post che ho scritto sui vermi di Darwin: erano anche loro dei fantastici nematodi!