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L’esame del DNA per i pesci nella rete

Come facciamo a sapere dove sono realmente pescati i pesci? L'analisi del DNA delle diverse popolazioni potrebbe contribuire a smascherare le frodi sulla provenienza e altre attività di pesca illegale.
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Sabato al supermercato trovo una lunga coda in pescheria. “Offerta speciale: sogliole del Mediterraneo”, roba da acquolina in bocca. Però mi dico: “Chi mi garantisce che siano proprio sogliole del Mediterraneo e non insipidi pesci nordici?”. Sento già la voce degli esperti: “Il colore... i riflessi... le pinne...”. Va bene, ma i dilettanti come me possono soltanto fidarsi delle etichette, sperando che le grandi catene di distribuzione facciano il loro mestiere con controlli di filiera. Saranno controlli sufficientemente accurati? Se è una truffa, e la sogliola viene per esempio dal Mare del Nord, pagherò a caro prezzo un pesce insapore che vale molto meno della ben più pregiata “cugina” mediterranea.

Secondo alcune stime la pesca illegale, fra frodi e superamento delle quote, ha oggi un valore di 23 miliardi di dollari l’anno. Per contrastarla le agenzie governative inviano osservatori sulle navi da pesca, ma il numero degli osservatori è di gran lunga inferiore al numero delle imbarcazioni; nell’Unione europea le navi più grandi hanno l’obbligo di utilizzare il GPS per evitare di sconfinare in aree dove la pesca non è consentita, ma si sa che anche la migliore tecnologia può essere aggirata.
 
FishPopTrace è un progetto europeo, iniziato nel 2006, che ha l’obiettivo di sviluppare sistemi innovativi di monitoraggio biologico, per tracciare l’origine dei pesci in commercio. Il progetto, coordinato da Gary Carvalho dell’Università di Bangor, nel Regno Unito, e finanziato con quasi 4 milioni di Euro, coinvolge diverse istituzioni di ricerca in tutta Europa, fra cui le Università di Bologna e Padova.
 
Come è possibile discriminare fra popolazioni diverse di pesci? Si possono studiare le strutture delle proteine nei tessuti o analizzare la composizione e la forma di alcune ossa dell’orecchio, chiamate otoliti. Ma la tecnica su cui il consorzio europeo sta puntando maggiormente è quella dei polimorfismi a singolo nucleotide o SNPs. Il test a base di SNPs, già testato con successo sulle diverse varietà di salmone del Pacifico, dovrebbe permettere di distinguere fra differenti popolazioni di pesci, localizzate in diverse aree geografiche, all’interno della stessa specie. Inoltre sembra essere il metodo più veloce, economico e utilizzabile anche su grande scala fra quelli presi finora in considerazione. 
 
I pesci su cui gli scienziati stanno sperimentando il metodo sono il nasello, il merluzzo, l’aringa e la sogliola: specie commerciali di valore, che sono spesso oggetto di pesca illegale. Dallo studio di 20 popolazioni comuni nelle acque europee, i ricercatori hanno analizzato per ogni popolazione il DNA di circa 50 pesci, trovando frequenze diverse di SNPs per ciascuna popolazione. Hanno così messo a punto un “chip a SNP” da utilizzare per ciascuna specie. Chiaramente i chip dovranno essere modificati nel tempo, in base alla variazione evolutiva delle frequenze genetiche nelle popolazioni studiate.
 
Una volta messo a punto il metodo, l’Unione europea potrebbe imporre l’utilizzo di questi chip per esempio da parte degli ispettori dei porti o nei laboratori commerciali che testano il pesce surgelato. E la possibilità di controlli a campione potrebbe essere un deterrente contro le frodi.
 
Dunque il test del DNA non serve solo a stabilire paternità dubbie o a catturare latitanti. Pochi giorni fa una giovane studentessa di dottorato che studia la tracciabilità degli alimenti mi chiedeva qualche consiglio sul suo futuro. In un paese come l’Italia, dove ogni mozzarella dice di essere di bufala campana e ogni bottiglia d’olio extravergine pare provenire dai frantoi della Toscana, un investimento in questo campo mi sembra promettente oltre che interessante.
 
Il contenuto di questo post è tratto dall’articolo di Erik Stokstad, pubblicato il 10 dicembre 2010 su Science. La foto di apertura è di Hans Hillewaert e proviene da Wikipedia. La foto degli ispettori di pesca è tratta dal sito dell’Institute for Marine Sciences (ISMAR) del CNR.

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