Carissima Lucilla,
venerdì 23 settembre andrai al Quirinale, alla cerimonia di apertura dell’anno scolastico. Per questa missione sei stata selezionata fra molti studenti italiani, tramite una scelta basata sul merito che ti fa onore. Tu e i tuoi compagni di viaggio rappresenterete i quasi 8 milioni di ragazzi e ragazze che cominciano, insieme a voi, un nuovo anno di scuola.
Ti auguro che le parole del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, possano essere un tesoretto di fiducia, ottimismo e speranza, da conservare a lungo dentro di te e da diffondere fra compagni e compagne, sorelle e fratelli che oggi frequentano le scuole italiane e domani costruiranno insieme a te il futuro del nostro paese.
Quest’anno dovrai scegliere la scuola superiore, una decisione che si accompagna a pensieri e domande difficili per la tua età. “Che cosa farò da grande?”. Da quel che so, tu vorresti diventare una giornalista di guerra. È un’aspirazione coraggiosa, con molti precedenti di valore solo nel recente passato. Mi sono rimaste impresse le parole di Vasilij Grossman (nella foto a destra), primo cronista degli orrori di Treblinka, come pure le cronache di Tiziano Terzani, impagabile corrispondente di tante guerre che hanno segnato l’Oriente. Per non dire delle donne, da Margaret Bourke-White, unica fotografa straniera presente a Mosca al momento dell’invasione nazista, a Maria Grazia Cutuli, che ha pagato con la vita la volontà di trasmettere ciò che accadeva in Afghanistan.
I conflitti degli ultimi decenni – dall’Etiopia allo Zaire, dalla Cecenia al Rwanda, per menzionarne solo una minima parte – sono scoppiati in terre straniere, generalmente afflitte da livelli di povertà per noi inimmaginabili. L’Occidente ha invece goduto di più di sessant’anni di pace che, secondo l’opinione di esperti autorevoli, sono il frutto di condizioni di benessere mai viste prima nella storia dell’uomo. Vaccini e antibiotici, cibo e igiene sembrano avere fatto la differenza, garantendo una vita lunga e pacifica a quasi tutti, e permettendo una crescita senza precedenti. In effetti pare che lo sviluppo di una nazione sia strettamente legato allo stato di salute dei suoi abitanti.
Ora, la sfida è portare salute e benessere dove imperversano le guerre. Toccherà alla tua generazione fare in modo che, per esempio, in Nigeria le persone possano vivere oltre i 47 anni di età media e che ogni anno non muoiano 500.000 bambini (per darti un termine di paragone, è quasi la popolazione di una città come Genova). O evitare che AIDS, malaria e tubercolosi uccidano nel mondo 4 milioni di persone all’anno (è come se gli abitanti di Roma e provincia scomparissero ogni 365 giorni).
A questo punto forse ti chiederai: “Ma se molte più persone dovessero sopravvivere nei paesi poveri, se alla fine del secolo dovessimo superare i 9 miliardi, o toccare addirittura i 10 miliardi previsti dagli scenari più estremi, come potremmo sfamare il pianeta? Come dare a tutti acqua potabile ed energia?”. Le tue sarebbero domande legittime e importanti.
Innanzitutto ti voglio rassicurare sulla crescita della popolazione. I demografi ci insegnano che dove aumentano salute e benessere, diminuisce il numero di bambini partoriti da ogni donna. In Italia ai tempi delle mie bisnonne nascevano anche più di 10 figli per famiglia; oggi siamo a poco più di un bambino per coppia. In Asia e Sud America, dove si comincia a stare meglio, la fertilità sta calando. Non è così in Africa, dove l'avvio verso un cammino più prospero è ancora piuttosto faticoso.
Restano aperti i problemi del cibo, dell’acqua e dell’energia. La sfida è immensa, ma io conto sull’ingegno di tante persone studiose, intelligenti e creative come te, per aumentare la quantità di raccolto per ettaro, per trovare e sfruttare al meglio nuove fonti di energia (possibilmente più pulite del petrolio, mi raccomando!) e per escogitare modi nuovi per distribuire l’acqua, e le risorse in genere, in maniera più equa.
Oggi la situazione ci pare disperante ed è difficile immaginare come possa migliorare. Ma il problema è soprattutto un difetto di immaginazione. Se conoscessimo fin da ora le innovazioni che ci riserva il futuro, le avremmo già inventate. Del resto, neppure in passato la gente sapeva prevedere novità come la penicillina, che ha salvato milioni di persone; la lampadina a incandescenza, che ha illuminato case, strade e scuole; o la Rivoluzione verde, che ha eliminato la fame almeno in una parte del pianeta. Eppure sono bastati l’ingegno di Alexander Fleming, Thomas Edison e Norman Borlaugh a cambiare il mondo da questi punti di vista.
Se la tua generazione saprà rendere alla società quello che avrà imparato a scuola e all’università, se saprà inventare modi nuovi e industriosi per incrementare e distribuire le risorse, forse avremo meno guerre di cui scrivere. Tu magari farai ugualmente la giornalista, ma le storie che racconterai potrebbero essere più edificanti del dolore e dei conflitti del pianeta. Soprattutto se le guerre, come spero, saranno il mondo di ieri, e l’innovazione civile e pacifica, quello di domani.
Almeno, questo è il mondo che vorrei per te e per tutti i ragazzi che cominciano in questi giorni un nuovo anno scolastico. Per ora, cara Lucilla, continua sull’ottima strada che hai intrapreso, goditi la meritata visita al nostro caro Presidente e rifletti con ottimismo su ciò che potrai fare per fabbricare un futuro migliore.
Tutte le fotografie di questo post sono tratte da Wikipedia.