Tutto è cominciato con un’escursione fuori dalla baia di Boston, ad agosto 2012. Volevo vedere qualche balena. Poi una visita a New Bedford, al Museo dei balenieri. Quindi la sabbia bianca di Nantucket. Infine, un regalo di mio cugino Emilio Bizzi, Moby Dick di Hermann Melville.
Non avevo mai avuto voglia di leggerlo, mi ci sono immersa per cinque mesi (grazie Emilio!). A metà sono andata un po' in crisi. Se non fosse stato per le voci di Moby Dick Great Read, una lettura collettiva davvero grandiosa in rete, non so se sarei arrivata in fondo.
Ora che il viaggio è terminato ripartirei a ritroso: prima Ismaele che mi racconta della Balena Bianca, di Queequeg e degli altri poveri balenieri; poi mi imbarcherei di nuovo per Nantucket e mi infilerei nel museo di New Bedford; solo alla fine andrei a salutare le balene, più consapevole della loro storia, dei loro dolori, della loro forza.
Ricominciare non posso, perciò vi racconto qualcosa di quest’avventura. Lascio le parole a Hermann Melville, che ho letto nella sua meravigliosa lingua (Barnes and Noble Classics, 2003). Le cose che mi hanno colpito, emozionato, che hanno risuonato dentro di me, le ho pescate in modo arbitrario: se avete altri ricordi non voletemene, ognuno è fatto a modo suo. Anche l’ordine che ho dato alle citazioni è personale e non pretendo che sia giusto. Se avete voglia, divertitevi a fare la vostra collezione di frasi memorabili sulla Balena Bianca e dintorni.
Le parole in italiano sono di Cesare Pavese, che nel 1932 fece una traduzione fedele e ancora oggi bellissima. Pensate che Pavese tradusse quella mole di parole e sentimenti a 24 anni per sole 1000 lire, meno di 1000 Euro di oggi. Nel mio piccolo, ho cercato le citazioni nell’edizione italiana Frassinelli del 1942 e solo in rari casi ho cambiato qualche parola. Ho poi aggiunto titoli, immagini, didascalie e link.
Moby Dick potrà sembrarvi un libro assurdo. La Balena Bianca compare a pag. 624 di 655, e il capitano Ahab fa un’apparizione fugace, a pag. 161, per reimmergersi in cabina con la sua ossessione (la caccia al capodoglio che gli ha strappato la gamba) e riafforare sul ponte poco prima di avvistare Moby Dick.
In mezzo che cosa accade? Ismaele, la voce narrante, racconta di luoghi, navigazioni, climi, paesaggi; di come funzionava un’industria importantissima, quella che illuminava tutte le città del mondo con l'olio di balena prima della scoperta del petrolio; di come sono fatte e come funzionano le balene, con i loro corpi immensi; dei pensieri e delle abitudini dei balenieri e delle persone del tempo. Ma i temi di fondo sono il senso della vita e della morte degli uomini e delle bestie.
Se l’autore di Moby Dick è famoso soprattutto per aver dipinto la fragilità e l’estrema durezza del vivere, e per i continui rimandi biblici, a me vien da dire che c’è di più. C’è per esempio un mucchio di vita biologica di mare. Le conoscenze, certo, sono quelle del tempo di Melville, con Darwin che non aveva ancora pubblicato L’origine delle specie. In un’epoca in cui l’anatomia degli animali marini la studiavano sulle barche i medici di bordo, i capitani, i marinai, Melville era certamente un esperto: si era imbarcato su una baleniera e inoltre aveva letto tutto quello che era disponibile allora sui cetacei. Non solo, ma tutte le nozioni che aveva accumulato è riuscito a tradurle in periodi ampi e maestosi, senza sforzo e senza sfarzo. Periodi ben più indimenticabili (purtroppo) di tanti scritti per specialisti (Carl Zimmer ha dedicato a questo proposito un bell’articolo a Hermann Melville, Science Writer).
Se per caso vi appassionate, vi suggerisco un progettino da fare in classe, che può funzionare in scienze, inglese e italiano: leggete i pezzi di Moby Dick sull’anatomia e la classificazione delle balene, e cercate con una ricerca in rete (Wikipedia è una buona fonte di partenza) che cosa, nella narrazione di Melville, ha retto al tempo e che cosa invece oggi sappiamo essere diverso. Buona lettura!
Luoghi e viaggi
Terza volta. Per la terza volta la nave della mia anima si mette a questo viaggio […]
Posto strano. New Bedford è un posto strano. Se non fosse stato per noi balenieri, quel tratto di terra sarebbe oggi forse altrettanto desolato della costa del Labrador. Del resto, bastano alcune parti dell’entroterra a fare spavento, tanto appaiono dure e scarne.
La scultura di una balena davanti al
Whaling museum di New Bedford,
nell’Ottocento la capitale dell’industria baleniera e la città che illuminava il mondo;
oggi un luogo speciale per conoscere queste vicende (foto dell’autrice).
Una semplice collina. Guardatela: una semplice collina, una barra di sabbia, tutta spiaggia, senza sfondo.
Secche. […] poiché quella boccetta era piena di terra delle secche di Nantucket.
La sabbia di Nantucket (foto dell’autrice);
sempre di Nantucket è la foto di apertura, ripresa da satellite (foto NASA).
Azzorre. Non pochi di questi marinai balenieri vengono dalle
Azzorre, dove le navi di Nantucket dirette al largo toccano con frequenza per aumentare gli equipaggi coi coraggiosi contadini di quelle coste rocciose. […] Come vada non si sa, ma pare che gli isolani facciano i balenieri migliori.
L’industria baleniera è stata una delle prime imprese globali,
con marinai provenienti da tutte le isole del mondo per lavorare
nelle lucrose navi che partivano da New Bedford e da Nantucket.
Nell’immagine, un quadro della collezione del Whaling Museum di New Bedford
ritrae un paesaggio azoreano (foto dal
sito del museo).
Dardanelli. Ora, come una nave da guerra passa con facilità attraverso i
Dardanelli, anche un capodoglio potrà per la stessa strada entrare dal Mediterraneo nel
Mar di Marmara.
Oceani. […] il nostro Atlantico austero e il vostro contemplativo Pacifico […]
Pequod. La nave era abbigliata come un qualunque barbaro imperatore d’Etiopia, dal collo carico di pendagli d’avorio levigato. Era una creatura di trofei. Un cannibale di bastimento, che s’adornava delle ossa vinte dei suoi nemici.
Il ponte della Lagoda di New Bedford, una baleniera conservata al Whaling Museum,
con i forni in cui si raffinava durante la navigazione l’olio di balena (foto dell’autrice).
Lima. […] le chiese più abbondanti che i biliardi e sempre aperte e “corrotte come
Lima”.
Esplorazioni. Per molti anni la nave baleniera è stata la prima a scovare le parti più lontane e meno note della terra. Ha esplorato mari e arcipelaghi che non avevano carte, dove nessun Cook o Vancouver aveva mai veleggiato.
Stelle. Né potrete far a meno di rintracciare nel cielo stellato grandi balene e imbarcazioni che le inseguono […] Così nel Nord io ho dato la caccia al Leviatan, in giro intorno al Polo, con le rivoluzioni dei punti luminosi che primi me lo avevano precisato. E sotto il fulgido firmamento antartico sono salito sulla Nave Argo e mi sono unito alla caccia contro lo stellato
Cetus […]
Olio di balena, prima industria globale
Chi disprezza compra. Ma quantunque il mondo disprezzi noi, cacciatori di balene, pure senza saperlo ci presta l’omaggio più profondo: sì, un’adorazione abbondantissima! Poiché quasi tutti i lumini, le lampade e le candele che ardono intorno al globo, ardono, come dinanzi a tante nicchie votive, alla nostra gloria!
Con l’
olio di balena si illuminavano tutte le città più importanti del mondo,
prima della scoperta del petrolio. Come si vede nella fotografia
fra i nomi delle industrie che commerciavano in olio di balena
ce ne sono diversi che si sono poi convertiti al petrolio
(foto dell’autrice, New Bedford Whaling Museum).
Balenieri d’America. E […] come mai noi, balenieri d’America, superiamo ora per numero tutto il resto dei balenieri del mondo presi insieme; mettiamo in mare una flotta di più di settecento bastimenti, equipaggiati di diciottomila uomini; ci mettiamo ogni anno 4 milioni di dollari; e il valore delle navi, al momento della partenza, è di 20 milioni di dollari; e ogni anno importiamo nei nostri porti un ben mietuto raccolto da 7 milioni di dollari?
Economia di lampade e di candele. Per amor del Cielo, fate economia di lampade e di candele! Non un litro d’olio bruciate, per cui non sia stata sparsa almeno una goccia di sangue umano.
Cera, candela e olio di spermaceti, il grasso di capodoglio (da
Wikipedia).
Ombrelli e sottogonne. Fu negli anni della
Regina Anna che l’osso trionfò, essendo allora la sottogonna tutta la moda. E come quelle antiche dame andavano in giro gaie, pur trovandosi, per così dire, tra le fauci della balena, anche ai nostri giorni noi, in un acquazzone, scappiamo con la stessa spensieratezza a ripararci sotto le stesse fauci, essendo il parapioggia una tenda stesa sui medesimi ossi.
Un ombrello conservato al Whaling Museum di New Bedford
(foto tratta dal
sito del Museo)
Formazione
Università. […] una baleniera è stata la mia Yale e la mia Harvard.
Relazioni internazionali
Incoronazioni. Sono certo […] che la testa di un re viene solennemente
oliata nell’
incoronazione, come una testa di insalata. Può essere […] che la ungano con l’idea di far sì che il suo interno funzioni bene, come ungono le macchine? Molto si potrebbe qui meditare intorno all’essenziale dignità di questo procedimento regale, dato che nella vita comune noi teniamo per dappoco e spregevole un individuo che s’unga i capelli e che odori palpabilmente di questa unzione. […] Ma la sola cosa da considerare qui è questa: quale olio è usato nelle incoronazioni? Non può essere certo olio d’oliva, e nemmeno olio di cocco, né olio di ricino, né olio d’orso, né olio di pesce, né olio di fegato di merluzzo. Che cosa può essere dunque, se non l’olio di capodoglio grezzo e incontaminato, l’olio più soave di tutti?
Yankee. Inoltre i balenieri inglesi affettano qualche volta una specie di superiorità metropolitana sui balenieri americani, considerando essi il lungo e il lungo e magro nantuckettese, coi suoi bizzarri provincialismi, come una sorta di campagnolo del mare. Ma in che cosa realmente questa superiorità del cacciatore inglese consista sarebbe difficile dire, considerato che gli Yankees, presi tutti insieme, uccidono in un giorno più balene che tutti gli inglesi, presi insieme, in dieci anni. Ma questa è una piccola debolezza innocente dei balenieri inglesi che il nantuckettese non piglia troppo sul serio, probabilmente perché sa che qualche debolezza ce l’ha anche lui.
Balene e altri animali
Cetologia. Si tenta qui niente meno che la
classificazione degli elementi costitutivi di un caos. […] Nondimeno, quantunque di vera conoscenza ce ne sia poca, di libri ce n’è in abbondanza; […] è un lavoro ponderoso; nessun comune classificatore d’Ufficio postale ci basterebbe. […] Ma io ho nuotato per biblioteche e veleggiato per oceani; ho avuto a che fare con balene con queste mani visibili; io faccio sul serio e ci proverò.
Monarca del mare. Un’occhiata a quasi tutte le allusioni leviataniche dei grandi poeti del passato vi convincerà che la balena di Groenlandia era per essi senza rivali il monarca del mare. Ma è finalmente venuta l’ora di una nuova proclamazione. Questo è Charing Cross: udite, buona gente! La balena di Groenlandia è deposta: regna ora il grande capodoglio!
Una vita non scritta. […] Finora, però, il capodoglio scientifico o poetico non vive intero in nessuna letteratura. Di gran lunga più che per tutte le altre balene cui si dà la caccia, la sua è una vita non scritta.
Questione aperta. È tuttora questione aperta se la balena sia un pesce.
Balenottera. Sembra sia un odiatore di balene, come certi uomini sono odiatori di uomini.
Megattera. È la più allegra e spensierata di tutte le balene, facendo essa in generale più gaia spuma e acqua bianca di qualunque altra.
La coda di una megattera, fuori Boston, agosto 2012
(foto dell’autrice).
Balena iena. La sua voracità è ben nota […] ha un suo modo di mostrare nuotando la pinna dorsale adunca che appare un po’ come un naso romano.
Orca assassina. Si può fare obiezione al nome imposto a questa balena, a causa della sua oscurità, giacché siamo tutti assassini, sulla terra e sul mare, Bonaparte e Pescicani inclusi.
Focena d’Algeri. Un corsaro. Ferocissima.
Focena bocca-ipocrita. Non ha pinne sulla schiena […] ha una coda piena di grazia e occhi indiani sentimentali, di tinta nocciola, ma la bocca ipocrita la rovina.
Cirripedi. Da quell’ora mi attaccai a Queequeg come un
cirripede.
Melville ironizza su Ismaele, la voce narrante di Moby Dick,
che si attacca al suo compagno Tashtego come un cirripede a una balena.
Nella foto, la faccia di una balena ricoperta di cirripedi,
piccoli crostacei
commensali che usano i cetacei come mezzi di trasporto
per accedere ad acque ricche di nutrimento (foto tratta da
http://marinesymbiosis.wikispaces.com/2.+Commensalism).
Orso polare. […] l’irresponsabile ferocia della creatura si riveste del vello dell’innocenza celestiale e dell’amore; e quindi, portando insieme nella nostra mente due emozioni così opposte, l’orso polare ci spaventa con un contrasto tanto innaturale.
Nulla di là. Per me la Balena Bianca è questo muro, che mi è stato spinto accanto. Talvolta penso che di là non ci sia nulla. Ma mi basta.
Non finito. Ma io lascio ora non finito il mio sistema cetologico, come venne lasciata la grande Cattedrale di Colonia con la gru ancor ritta in cima alla torre incompleta.
Alimentazione umana e animale
Riempirsi la pancia. Pranzavano come baroni: si riempivano la pancia come navi indiane che per tutta la giornata vanno caricandosi di spezie.
Banchetti. E non era Stubb il solo a banchettare con carne di balena, quella notte. Mescolando i propri biascicamenti con le sue masticazioni, migliaia e migliaia di pescicani, affollati intorno al morto Leviatan, banchettavano avidamente del suo grasso. I pochi uomini che dormivano sotto, nelle cuccette, erano spesso svegliati di soprassalto da secchi schiaffi di code contro lo scafo a pochi pollici dal cuore. Guardando fuori bordo, si poteva appunto vederli i pescicani (come prima sentirli), che si dimenavano nelle acque tetre e nere e si rivoltavano sulla schiena mentre strappavano grossi brani tondeggianti della grandezza di una testa umana.
Al lume della sua stessa luce. Che un mortale mangi della creatura che gli tiene accesa la lampada e, come Stubb, ne mangi proprio per così dire al lume della sua stessa luce, sembra tanto bizzarro […]
L’ora del pranzo. […] Gli orli di questi ossi sono frastagliati di fibre pelose, traverso cui la balena franca cola l’acqua e nei grovigli delle quali trattiene i pesciolini quando nell’ora del pranzo va per i mari di
brit a bocca spalancata.
Cibo secco salato. E come per quarant’anni non ho mangiato che cibo secco salato, giusto emblema dell’asciutto nutrimento della mia anima.
Riti e costumi
Doveri religiosi. Poiché nutro il più grande rispetto verso i doveri religiosi di chiunque, non importa quanto comici siano, […] non sarei capace di disprezzare neanche una congregazione di formiche che adori la cacca di un rospo.
Divani e sedie da giardino. […] Queequeg mi fece sapere che al suo paese, mancando ogni specie di divani e sofà, i re, i capi e i grandi in genere usavano ingrassare come ottomana qualcuno delle classi più umili; e così per ammobiliare bene una casa c’era soltanto da comprare otto o dieci poltroni e distribuirli in giro, contro le pareti e nelle alcove. E poi ciò era molto utile in una gita, molto meglio di quelle sedie da giardino che sono trasformabili in bastoni da passeggio.
Malattie
Dispepsia. Poi chiesi a Queequeg se aveva mai sofferto di
dispepsia. […] Disse che no, tranne in una memorabile occasione. Fu dopo un grande banchetto dato dal re suo padre per la vittoria di una grande battaglia dove cinquanta nemici erano stati uccisi verso le due del pomeriggio, e tutti cotti e mangiati la sera stessa.
Vaiolo. Un
vaiolo fittissimo gli si era sparso in ogni direzione sulla faccia, e l’aveva lasciata come il letto complicato e pieno di nervature d’un torrente quando le acque furiose si sono asciugate.
Anatomia
Senza tela. Tra non molto vi dipingerò, quanto meglio uno può fare senza tela, qualcosa che rassomigli al vero aspetto della balena come essa appare nella realtà all’occhio del baleniere quando nella sua intera massa sta ormeggiata lungo il fianco della nave, in modo che le si può comodamente scender sopra.
Disegni. La maggior parte dei disegni scientifici è stata fatta sull’animale arenato; e disegni di questo genere sono altrettanto corretti quanto il disegno di una nave in naufragio, dalla schiena sfondata, potrebbe correttamente rappresentare la nobile creatura in tutto il suo intatto orgoglio d’alberatura e scafo. […] il Leviatan da vivo finora non si è mai messo a galleggiare per farsi fare il ritratto. La balena viva, in tutta la sua maestà ed espressione, si può soltanto vederla al largo, in acque inscandagliabili; a galla, la sua massa enorme è nascosta, come una nave di linea dopo il varo; ma issarla in carne e ossa fuori di quell’elemento, nell’aria, in modo che si preservino le sue potenti curve e ondulazioni sarà in eterno impossibile all’uomo.
Scheletro. Ma si potrebbe pensare che dallo scheletro nudo della balena arenata sia possibile derivare indizi accurati della sua vera figura. Affatto. Poiché una delle cose più curiose di questo Leviatan è che lo scheletro dà pochissimo idea della sua forma generale.
Uno scheletro di balena appeso nell’atrio
del Whaling Museum di New Bedford (foto dell’autrice).
Pinna. [le ossa della pinna laterale] corrispondono quasi esattamente alle ossa della mano dell’uomo, toltone solo il pollice. Questa pinna ha quattro dita regolari d’ossa: l’indice, il medio, l’anulare e il mignolo. Ma tutti sono racchiusi in permanenza nella loro copertura di carne, come le dita umane in una copertura artificiale. “Per quanto la balena possa qualche volta trattarci male” disse un giorno l’umorista Stubb “non si potrà mai dire davvero che non ci tratta coi guanti.”
Lo scheletro della mano umana è molto simile
a quello della pinna laterale della balena (Foto tratta da
Flickr).
Enorme testa. Si vedrà in qualche altro punto di che leggerissima sostanza sia fatto tutto l’interno dell’enorme testa del capodoglio. Benché in apparenza sia la parte più massiccia, essa è pure, e di gran lunga, la parte che galleggia di più. In questo modo il capodoglio la innalza con facilità nell’aria, immancabilmente quando procede alla massima velocità. D’altronde, è tale la larghezza della parte superiore della fronte e tale la conformazione affilata della parte inferiore, adatta a tagliare il mare, che si può dire che, sollevando obliquamente la testa, il capodoglio si trasforma da un pigro peschereccio a prora grossa in un’appuntita pilotina newyorkese.
Anatomia della testa di un capodoglio
(immagine tratta da
Wikipedia).
Coperta, trapunta, poncio. Poiché la balena è davvero ravvolta nel suo grasso come in una vera coperta o trapunta, o, meglio ancora, un poncio indiano infilato per la testa e che le cinge le estremità. È per via di questa comoda copertura del corpo che la balena è messa in grado di crogiolarsi in tutte le temperature, in tutti i mari, le stagioni e le maree. […] È vero, altri pesci si trovano che vivono vispi come accidenti in quelle acque iperboree; ma questi, bisogna osservare, sono pesci a sangue freddo e senza polmoni […] Invece la balena ha, come l’uomo, polmoni e sangue caldo. Gelatele il sangue e lei muore.
Operazioni. Ora, la decapitazione di un capodoglio è un’impresa scientifica d’
anatomia, di cui provetti chirurghi balenieri vanno alteri, e non senza ragione. […] Considerate che la balena non ha nulla che possa chiamarsi propriamente un collo; al contrario, là dove la testa e il collo sembrano unirsi, proprio in questo punto è la sua parte più spessa. Ricordate inoltre che il chirurgo deve operare dall’alto, separato dal paziente da otto o dieci piedi, e che questo paziente è semi-nascosto in un mare livido, mosso, e sovente tumultuoso e gonfio.
Cetologia pratica. […] Dove, vorrei sapere, potreste voi trovare una migliore occasione di studiare cetologia pratica che qui?
Occhi. […] la posizione degli occhi della balena corrisponde a quella delle orecchie dell’uomo: cercate di immaginare come stareste se scorgeste le cose lateralmente, attraverso le orecchie. […] Inoltre, mentre in moltissimi animali, che mi vengono ora in mente, gli occhi sono collocati in modo da fondere impercettibilmente la loro facoltà visiva, sicché si produce una sola immagine nel cervello; la posizione particolare degli occhi della balena, separati […] come sono da tanti piedi cubici di solida testa, che torreggia in mezzo come una gran montagna che separi due laghi avvallati, questa posizione, dico, deve certamente separare affatto le impressioni che ciascun organo indipendentemente fornisce. La balena, perciò, deve vedere una scena distinta da una parte, e un’altra scena distinta dall’altra; mentre nel mezzo tutto dev’essere per lei tenebra e nulla profondo. […] Com’è dunque che fa, la balena? Entrambi i suoi occhi, è vero, agiscono simultaneamente, ma sarà il suo cervello tanto più comprensivo, combinante e sottile di quello dell’uomo, che essa possa nello stesso istante esaminare due spettacoli distinti, uno da una parte e l’altro esattamente dall’altra?
Orecchie. L’
orecchio non ha assolutamente lobo esterno […]; e nella buca non si può quasi introdurre una penna d’oca, tanto è […] minuta.
Denti. Queequeg, Daggoo e Tashtego, tutti dentisti perfetti, si mettono a estrarne i
denti.
Non denti. […] O magari Giona potrebbe essersi nascosto in un dente cavo, ma, a ripensarci, la balena franca non ha denti.
Bocca sotto il mento. […] notate che la bocca è completamente sotto la testa, proprio come accadrebbe a voi se aveste la bocca completamente sotto il mento.
Niente naso. Un naso nella balena sarebbe stato fuori posto.
Lingua. Ha mai il capodoglio scritto un libro o pronunziato un discorso? […] anche il capodoglio non ha lingua o, almeno, se ce l’ha, è tanto piccola che non può nemmeno sporgerla.
Fronte. La
fisiognomica […] è soltanto una favola passeggera. […] Io non faccio che mettervela innanzi, questa fronte. Voi leggetela, se potete.
Cervello e spina dorsale. Poiché, veduta sotto questa luce, la prodigiosa relativa piccolezza del cervello vero e proprio è più che compensata dalla prodigiosa grandezza relativa della spina dorsale.
Valvole. La maggior parte degli animali di terra hanno certe valvole o cataratte in molte vene, dalle quali, quando sono feriti, il sangue viene almeno per il momento un po’ stagnato in certe direzioni. Non così la balena: […] cosicché quando viene trafitta […] s’apre in tutto il suo sistema arterioso una fuga mortale; e quando questa viene accresciuta dalla pressione straordinaria dell’acqua, si può dire che la vita sgorga dalla balena a fiotti incessanti.
Acqua o vapore. Che per seimila anni, e nessuno sa per quanti milioni di secoli prima, le grandi balene abbiano continuato a sfiatare su tutto il mare e a spruzzare e vaporare i giardini dell’abisso come con tanti innaffiatoi […] e intanto […] permanga ancora un mistero se queste sfiatate sono, dopo tutto, davvero acqua o nulla più che vapore, è certo una cosa notevole. […] Il suo corpo centrale è nascosto dalla nivea nebbia scintillante che l’avvolge; e come potete dire con sicurezza se ci cade dell’acqua, quando, tutte le volte che siete abbastanza vicino a una balena da vedere bene lo spruzzo, questa è in uno sconvolgimento prodigioso, e l’acqua scroscia a rovesci da ogni parte? […] Poiché anche solo venendo in contatto fuggitivo con gli spruzzi esterni e vaporosi del gettito, la pelle brucia febbrilmente per l’acredine della sostanza che la tocca. […] Perciò fra i balenieri la sfiatata è ritenuta velenosa: si cerca di evitarla.
Uno spruzzo di balena, ripreso durante un’escursione nella baia di Boston
(dal sito della compagnia
Boston Harbour Cruises).
Catino. Poiché, anche quando nuota tranquillamente nel mare meridiano in bonaccia, col rialzo della gobba disseccato dal sole come quello di un dromedario nel deserto, anche allora la balena continua a portare un piccolo catino d’acqua sulla testa, come sotto un sole scottante può accadere di trovare qualche volta una cavità di rupe riempita di pioggia.
Respiro. No, essa
respira soltanto attraverso lo
spiraglio e questa l’ha al sommo della testa. […] [L’uomo] che sia sveglio o dorma, respirare deve, altrimenti muore. Ma il capodoglio non respira che circa un settimo, o una domenica, di tutto il suo tempo.
Come un cammello. Tra le costole e da ciascun lato della spina, la balena è fornita di un curioso e involuto labirinto cretese di vasi che paiono vermicelli, i quali vasi, quando l’animale lascia la superficie, si riempiono interamente di sangue ossigenato. Cosicché, per un’ora o più, la balena porta con sé, a un migliaio di tese di profondità, una provvista di vitalità, nello stesso identico modo che un cammello, quando attraversa l’arido deserto porta nei suoi quattro stomaci supplementari una provvista di bevanda.
Né rose, né violette. È certo, in ogni modo, che il capodoglio non ha un vero olfatto. Ma ce n’è per lui forse bisogno? Né rose, né violette né acqua di Colonia si trovano nel mare.
Come un giglio. Poiché, come il più poderoso elefante è soltanto un cagnolino di fronte al Leviatan, così, paragonata alla coda del Leviatan, la sua proboscide è soltanto lo stelo di un giglio.
Senza faccia. Tu potrai vedermi le parti posteriori, la coda – sembra dire la balena – ma la faccia non me la vedrai. Ma le parti posteriori non posso vederle bene e, insinui ciò che vuole della sua faccia, io ripeto che la balena non ha faccia.
Ambragrigia. Credereste dunque che signore e signori di tanto riguardo si delizino di un’essenza che si trova nelle budella ingloriose di una balena malata? Eppure è così. Da qualcuno si suppone che l’
ambragrigia sia la causa, e, da altri, l’effetto della dispepsia nella balena. Come curare una simile dispepsia sarebbe difficile dire, a meno che non si vogliano somministrare tre o quattro barcate di pillole di Bandreth e poi correre a mettersi in salvo, come gli operai quando fanno saltare le rocce.
Canne d’organo. Vedendo tutte queste colonnate d’osso così metodicamente disposte all’ingiro, non vi viene in mente di essere dentro al grande organo di Harlem e di stare contemplando le sue mille canne?
Oltre la pelle. Spiegati, Ismaele. Puoi disporti una balena adulta in coperta per esaminarla, come un cuoco serve un arrosto? Certamente no. […] Confesso che, dal tempo di Giona, pochi balenieri sono penetrati molto in là oltre la pelle della balena adulta […]
Cordone. Così ora Starbuck vide lunghe spire del cordone ombelicale di Madame Leviatan, per il quale il balenino pareva ancora impastoiato alla mamma.
Peso. […] un capodoglio dei più grossi, fra ottantacinque e novanta piedi di lunghezza, peserà almeno novanta tonnellate, cosicché, contando tredici uomini per tonnellata, questo capodoglio supererebbe considerevolmente tutta la popolazione messa insieme di un villaggio di millecento abitanti.
Specie in via d'estinzione?
Boccata finale. […] la questione è se a causa dei mille ramponi e lancioni vibrati lungo le coste di tutti i continenti, il Leviatan potrà sopportare a lungo una caccia tanto vasta e una strage tanto spietata; se non dovrà alla fine venire sterminato dalla faccia delle acque, e l’ultima balena, come l’ultimo uomo, fumare la sua ultima pipata e poi svaporare nella boccata finale.
Cremlino. Essa traversava i mari prima che i continenti rompessero le acque; essa nuotò un tempo sui siti delle Tuileries, del Castello di Windsor e del Cremlino. […] se mai il mondo dovrà essere sommerso un’altra volta come i Paesi Bassi, allora l’eterna balena sopravviverà ancora ed ergendosi sulla cresta più alta dell’onda equatoriale sfiaterà la sua sfida schiumante nei cieli.
Società
Cavalieri. Non lasciamoci sviare dai dipinti moderni di questa scena; poiché, sebbene la creatura affrontata da quell’ardito baleniere del passato sia vagamente raffigurata a foggia di grifone, e la battaglia dipinta in terra ferma e il santo a cavallo, pure, considerata la grande ignoranza di quei tempi, quando la vera forma era sconosciuta agli artisti, e considerato che, come nel caso di Perseo, la balena di
San Giorgio poteva essersi trascinata fuori dal mare, […] non apparirà del tutto incompatibile con la leggenda sacra […] che questo cosiddetto dragone non fosse altri che il grande Leviatan in carne e ossa. […] Se dunque uno del nostro nobile stampo, un vero baleniere, è il patrono tutelare dell’Inghilterra, noi, ramponieri di Nantucket, dovremmo venire iscritti nel nobilissimo
ordine di San Giorgio. Perciò, che i cavalieri di quell’onorevole gruppo (nessuno dei quali, oso dire, ha mai avuto a che fare con una balena, come il loro grande patrono) non guardino mai un nantuckettese con disprezzo, dal momento che, per quanto vestiti di camiciotti di lana e di brache incatramate, noi abbiamo molto maggior diritto alla decorazione di San Giorgio che non essi.
Baleniere involontario. Se ammettere poi Ercole tra i nostri, sono rimasto molto tempo in dubbio: poiché, sebbene secondo le mitologie greche […] quel formidabile facitore di allegre imprese sia stato inghiottito e rigettato da una balena, pure, se questo faccia di lui, strettamente parlando, un baleniere, si potrebbe discutere. […] Nondimeno lo si può stimare un baleniere involontario. […] Lo voglio insomma nella nostra tribù.
Genitori e figli
Giovanotti. Come squadre di giovani studenti, esse sono piene di combattività, di allegria e di malignità, e saltabeccano attorno al mondo a una velocità così spensierata e pazza che nessun assicuratore prudente vorrebbe assicurarli più che non farebbe di un giovanotto fracassone di Yale o di Harvard. Però presto abbandonano questa turbolenza e, quando toccano quasi l’età matura, si staccano e ciascuno per proprio conto va a cercare di stabilirsi, cioè di metter su l’harem.
Maschi e femmine. In verità questo cavaliere è un voluttuoso ottomano che va nuotando per il mondo acqueo, accompagnato tutt’intorno dai conforti e dalle blandizie di un harem. Il contrasto tra questo ottomano e le sue concubine colpisce, perché, mentre lui è sempre delle maggiori proporzioni leviataniche, le signore, anche se sviluppatissime, non superano un terzo del volume di un maschio di corporatura media.
Neonati. Uno di questi piccoli neonati che da certi bizzarri indizi non pareva avesse più di un giorno, poteva misurare qualcosa come quattordici piedi di lunghezza e sei di spessore. Era un po’ vispo, benché il suo corpo non paresse ancora del tutto ristabilito da quella penosa posizione che tanto recentemente aveva occupato nel reticolo materno; dove, con la testa vicina alla coda e bell’e pronta per il balzo finale, la balena non ancor nata se ne sta inflessa come un arco tartaro. Le delicate pinne laterali e le palme delle caudali conservavano con molta freschezza il rugoso aspetto spiegazzato delle orecchie di un bambino giunto allora da regioni lontane.
Uno scheletro di piccolo di balena trovato nella pancia della madre arenata,
il cui scheletro si vede in parte sopra. Come si può osservare, la spina dorsale del piccolo
è piegata in un arco che rispecchia la posizione all’interno del ventre materno
(foto dell’autrice,
Whaling Museum, New Bedford).
Ninna nanna. Così, alla ferrea ninna nanna del lavoro gagliardo erano stati cullati al sonno i figli del fabbro.
Padri e madri. Quanto ai figli e alle figlie che mettono al mondo, ecco, questi devono guardarsi da sé, o almeno accontentarsi dell’aiuto materno. Poiché, come certi vagabondi amatori onnivori […] il mio Signor Capodoglio non ha propensione per la nursery, sebbene ne abbia molta per il boudoir, e così, essendo grande viaggiatore, semina i suoi figli anonimi per tutto il mondo, e tutti esotici.
Vecchi solitari. Nondimeno, a tempo debito, quando l’ardore della gioventù declina, quando aumentano gli anni e le malinconie, e la riflessione presta le sue pause solenni, quando, a farla breve, una stanchezza generale prende il Turco ormai sazio, allora un amore per la quiete e la virtù soppianta l’amore per le donzelle; il nostro ottomano entra nello stadio dell’impotenza, del pentimento e della morale, rinnega e licenzia l’harem e diventato un cupo esemplare vegliardo s’aggira tutto solo per meridiani e paralleli, dicendo orazioni e ammonendo i giovani Leviatani a guardarsi dai suoi amorosi errori.
Grasso
Nella camera del grasso. Le dita dei piedi sono rare fra i veterani della camera del grasso.
Una volta accesa. Come un pletorico martire al rogo o un misantropo che divora se stesso, la balena una volta accesa si fornisce da sé il combustibile e brucia per opera del suo stesso corpo.
Gamba
Tutto qui. Certo, una gamba di meno, tutto qui.
Un mezzo pratico. […] che l’invisibile e ambiguo sinodo dell’aria e i vendicativi principi e potentati del fuoco abbiano o no a che fare con l’uomo Ahab; a buon conto, nel caso presente della sua gamba, egli risorse a un semplice mezzo pratico: chiamò il maestro d’ascia.
Bastone di mascella. Ecco la sua gamba! Sì, adesso che ci penso, ecco la sua compagna di letto! Ha un bastone di mascella di balena per moglie!
Gregory Peck nei panni di Ahab, il Capitano del Pequod ossessionato da Moby Dick, la balena che gli strappò una gamba. Il film,
Moby Dick diretto da John Huston, è del 1956 (foto © 1956 Moulin Productions, Ltd. Renewed 1984 United Artists Corporation. All rights reserved; Museum of Modern Art, Film Stills Archive).
Echi. Mentre la sua unica gamba vivente produceva vivi echi per il ponte, ogni urto del suo membro morto risuonava come un colpo sopra una bara. Sulla vita e sulla morte camminava questo vecchio.
Illusioni percettive. “È così, marinaio. Guarda, metti la tua gamba viva qui nel luogo dov’era la mia; così ora non c’è che una sola gamba visibile per l’occhio, pure per l’anima sono due.”
Millepiedi. Voi vedete un vecchio tagliato al fusto; appoggiato a una lancia spezzata; tenuto su da un solo piede. È Ahab…. La sua parte corporea; ma l’anima di Ahab è un millepiedi, si muove su un migliaio di gambe.
Follie, illusioni, stranezze, paure, sentimenti
Beware. Ahab si guardi da Ahab
Un puro manipolatore. Egli era una nuda astrazione, un numero integro senza frazioni; incompromesso come un neonato […] Avreste quasi potuto dire che la sua strana innocenza implicava una sorta di inintelligenza; poiché nei suoi tanti mestieri egli non pareva tanto lavorare di ragione o di istinto, o semplicemente perché vi fosse stato istruito […] quanto semplicemente per una specie di processo spontaneo e letterale […] Era un puro manipolatore: il cervello, se mai ne aveva avuto uno, doveva essergli colato nei primi tempi giù per i muscoli delle dita.
Paura. Ma l’uccello ha una voce e può manifestare con gridi lamentosi il suo terrore, mentre la paura di quest’enorme e muto mostro del mare gli stava dentro incatenata e incantata; esso non aveva voce, tranne quel respiro annaspante attraverso lo spiraglio, e ciò rendeva la sua vita indicibilmente pietosa, mentre nella massa stupefacente, nella mascella a saracinesca e nell’onnipotente coda esso aveva ancora tanto da atterrire l’uomo più intrepido che così lo compassionasse.
Come puoi resistere. Io non mi sento in Paradiso, eppure sono insofferente di ogni pena altrui che non sia folle. […] Come puoi resistere senza venir folle? Ti odiano ancora i cieli che non puoi venir folle?
Tutti noi. Dice che tutti noi siamo degli Ahab.
Terrore. La paura di Ahab era più grande in loro della paura del destino.
Ansia. Il Pequod ansioso continuava a veleggiare.
Inzuppati. “Certo, quando si è tutti inzuppati è difficile essere ragionevoli, poco ma sicuro.”
Lingue di fuoco. […] e istantaneamente dalle tre teste salirono tre urli, come cacciati da lingue di fuoco.
Empietà. Non parlarmi d’empietà, marinaio. Io colpirei il sole, se mi facesse offesa.
Bestemmie. “Fratelli animali: Mastro Stubb ha dato comando per me di dire che voi finite presto tutto cattivo chiasso. Capito? Basta di battere con quelle bocche d’inferno, Dio cane. Lui detto per me che voi potete mangiare e fare vostra pancia grossa come bastimento, ma Dio cane, voi dovete finire questa fantasia di diavolo!” […] “Cuoco! Che bisogno c’è, che il diavolo ti fulmini, di bestemmiare in questo modo quando si predica? Non è così che si convertono i peccatori, Cuoco!”.
Risata. Perché una risata è la risposta più saggia e più naturale a tutto ciò che è strambo […]
Dolore. C’è una saggezza che è dolore; ma c’è un dolore che è follia.
Il sollievo dell’azione. […] pochi hanno un coraggio che resista, senza il sollievo dell’azione, alla meditazione prolungata […]
Monomania. Pure, per il monomaniaco, anche la più piccola inezia è foriera, capricciosamente, di qualche significato.
Pietà. Ma non c’era pietà. Malgrado tutti i suoi anni, malgrado l’unico braccio e gli occhi ciechi, essa doveva morire l’orribile morte, assassinata per illuminare le nozze allegre e le altre festosità dell’uomo e altresì rischiarare le chiese solenni che predicano la mansuetudine incondizionata di tuti verso tutti.
Domande filosofiche
Un cavo ben lungo. Mi chiedo, Flask, se il mondo non sia ancorato da qualche parte: se lo è, dev’esserci un cavo ben lungo però.
Tra me e la legge. Sono qua solo, sopra un mare aperto, con due oceani e tutto un continente tra me e la legge.
Varia umanità
La tua mano nera. Vieni. Mi sento più orgoglioso di condurre te per la tua mano nera, che se stringessi quella di un imperatore!
Abbracci. Un colpo, e Starbuck tornerebbe a riabbracciare la moglie e il figlio.
Occhio umano. […] fammi guardare in un occhio umano; è meglio che guardare nel mare o nel cielo; è meglio che guardare in Dio.
Garitta. O meglio, il suo corpo era una garitta e lui ci stava di guardia, e parlava tutto il tempo per tenersi sveglio.
Strumenti. Per raggiungere il suo scopo Ahab doveva usare strumenti, e di tutti gli strumenti che si adoperano all’ombra della luna, gli uomini sono i più atti a guastarsi.
Fenomeni atmosferici
Se fossi il vento. Se fossi il vento non soffierei più su un mondo tanto malvagio e miserabile. Mi trascinerei chi sa dove in una caverna e ci starei appiattato.
Orlo. Il giorno era quasi finito; soltanto l’orlo del suo vestito d’oro si trascinava.
Tempeste. Le calme sono attraversate da tempeste, una tempesta per ogni calma.
Moby Dick
Laggiù soffia. “Laggiù soffia! Laggiù soffia! La gobba come un mucchio di neve! È Moby Dick!”
Pensieri sull'aldilà
Lenze. Tutti gli uomini vivono avvolti in lenze da balena. Tutti sono nati con capestri intorno al collo; ma è solamente quando vengono presi nel rapido, fulmineo giro della morte, che i mortali diventano consci dei muti, sottili, onnipresenti pericoli della vita.
Funeral party. Gli avvoltoi del mare sono tutti in lutto riguardoso, e i pescicani dell’aria tutti impeccabilmente in nero o in chiazzato. Pochi tra loro in vita avrebbero, immagino, dato un aiuto alla balena, se questa per caso avesse avuto bisogno; ma al banchetto funerario, tutti accorrono religiosamente.
Fantasmi. Credi nei fantasmi, amico mio?
Pergamena vivente. Questo tatuaggio era stato opera di un defunto profeta e veggente della sua isola, che per mezzo di quei segni geroglifici gli aveva tracciato addosso una teoria completa dei cieli e della terra e un mistico trattato sull’arte di conseguir la verità, cosicché Queequeg era nella sua persona stessa un enigma da spiegare, un’opera meravigliosa in un volume, i misteri della quale però neanche lui sapeva leggere benché sotto vi pulsasse il suo cuore vivo: questi misteri erano quindi destinati a perire alla fine insieme alla pergamena vivente dov’erano tracciati e così restare insoluti fino all’ultimo.
Via lattea. Disse che l’idea di venir trattato così gli era piaciuta molto, poiché non era diversa dall’usanza del suo popolo, che, imbalsamato un guerriero morto, lo distendeva nella canoa e lo abbandonava così alla deriva tra gli arcipelaghi stellari, perché non soltanto essi credono che le stelle siano isole, ma che lontano, oltre tutti gli orizzonti visibili, i loro dolci mari sconfinati si mescolino ai cieli azzurri e diano così origine ai frangenti bianchi della via lattea.
Cambiato idea. […] in un momento critico si era appunto ricordato di un piccolo dovere a terra di cui si doveva occupare; e perciò aveva cambiato idea attorno alla morte: non poteva ancora morire, dichiarò.
Tomba. La bocca scintillante si spalancava sotto la lancia come una tomba di marmo scoperchiata.
Naufraghi e naufragi
Fino in fondo al mare. Avrò occhi fino in fondo al mare […]?
Un altro orfano. Era la bordeggiante Rachele che, nella sua ricerca dei figli perduti, trovò soltanto un altro orfano.
Per approfondire