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Non c'è una cellula uguale all'altra

Le cellule di un individuo non sono tutte uguali e non lo sono neppure i loro genomi. Le variazioni anche minime fra una sequenza di DNA e l'altra possono fare la differenza fra una terapia che funziona e una che fallisce.
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“Non c’è una cellula uguale all’altra” mi diceva un amico biostatistico. È vero, le nostre cellule nascono tutte da una sola cellula madre, ma poi crescono, si differenziano e accumulano variazioni che possono essere più o meno importanti. Eppure, un po’ incuranti di questa verità, i biologi nella loro pratica quotidiana leggono, per così dire, le lettere del nostro patrimonio genetico estraendo il DNA di qualche milione di cellule e dandolo tutto insieme in pasto a una macchina che opera un sequenziamento in massa.

Il risultato è una sorta di lettura consensuale di un ipotetico DNA medio. La sequenza riporta infatti tutte le lettere che sono più rappresentate nel DNA di quel milione di cellule, ma non include le tante piccole differenze che ci possono essere fra una cellula e l’altra (le minoranze, si sa, sono sempre trascurate!).
 
È un po’ come se facessimo una lettura corale delle diverse versioni dell’Ulisse di Joyce e decidessimo che la versione che fa fede è quella che riporta soltanto le parole comuni a tutte le edizioni, e nessuna differenza.
 
Capite bene che non sempre la sequenza del DNA medio è sufficiente, e infatti i biologi sono sempre più interessati alle variazioni fra una cellula e l’altra, soprattutto in casi dove le variazioni contano. Per esempio in un tumore, dove il DNA di una cellula può essersi evoluto da quello di un’altra, e proprio quell’evoluzione può determinare il successo o l’insuccesso di una terapia.
 
Ormai sappiamo che le cellule di un individuo non sono tutte uguali, dal punto di vista genomico. Fra loro ci sono molte differenze, ma non sappiamo di preciso quali sono e quali sono importanti. Prendendo le cellule una a una è possibile individuare specifiche mutazioni che per esempio permettono a una cellula tumorale, e non alle altre, di resistere a un farmaco.
 
Anche gli spermatozoi non sono tutti uguali: sequenziando il DNA di ogni cellula spermatica è possibile vedere dove ciascun cromosoma si è incrociato con il suo omologo durante la meiosi e individuare così la frequenza con cui appaiono nuove mutazioni (se volete approfondire, ho già parlato di questo argomento nel post La mamma per una volta c’entra poco).
 
Il disegno di uno spermatozoo (da Shutterstock).
 
L’idea è affascinante, ma in pratica come si fa a isolare una singola cellula? È un lavoro cinese, e non vorrei essere fra quelli che ci hanno provato per primi. Attorno al 2010 mettere le mani, per così dire, su una singola cellula umana, ed essere certi di averne ottenuto una e soltanto una, era un’impresa mostruosa. Se non altro perché le cellule tendono a stare attaccate l’una all’altra, e quando uno pensa di averne isolata una, ce n’è quasi sempre un’altra infilata nella pipetta. Per fortuna hanno inventato i cosiddetti cell sorter: macchine automatiche in cui le cellule passano in tubicini di plastica sottilissimi e cadono una per volta in un pozzetto di plastica, in piastre da centinaia di pozzetti.
 
Una piastra da 96 pozzetti in cui si possono isolare singole cellule
(da Wikipedia).
 
Da ogni singola cellula bisogna poi estrarre e leggere il DNA. Anche questa è un’impresa non da poco, perché la quantità di DNA per cellula è piccolissima e va riprodotta molte volte prima di ottenere la sequenza. La replica del DNA in tante copie, che i biologi chiamano amplificazione, di per sé può introdurre un mucchio di errori. Perciò c’è bisogno di parecchia tecnologia che analizzi e interpreti i dati che vengono fuori dal DNA amplificato e sequenziato, per essere certi che la sequenza sia reale e non un artificio prodotto dall’esperimento.
 
Vale la pena fare tutto questo sforzo? Ci sono davvero tutte queste differenze fra il DNA di una singola cellula e le sequenze ottenute dal DNA letto in massa dall’insieme di tante cellule? Sì, le differenze sono notevoli. Nicholas Navin, che è stato il pioniere di questi studi e oggi ha il suo laboratorio al MD Anderson Cancer Center di Houston, in Texas, ha preso alcuni pezzi di tumore del seno e fra le singole cellule ha trovato variazioni che vanno da 12 a 20.000 mutazioni, impossibili da rilevare con i metodi tradizionali.
 
Nello schema, tratto da Nature, è illustrata la differenza
fra il sequenziamento del genoma di molte cellule (in alto)
e quello di una singola cellula (in basso).
Cliccando sull'immagine si ingrandisce.
 
Una volta individuate le differenze, occorre stabilire quali sono importanti e quali si possono ignorare. Anche questo non è un obiettivo banale, soprattutto perché la singola cellula è ormai distrutta. Per questo non si sequenzia mai il DNA di una cellula sola, ma almeno quello – separato – di qualche migliaio di cellule, in modo da poter fare dei paragoni fra loro e ottenere un’idea almeno statistica della varietà.
 
Quanto costa sequenziare il DNA di una cellula? All’inizio il prezzo era proibitivo: circa 1000 dollari, quanto quello del genoma di un intero individuo, sequenziato in massa da milioni di cellule. Adesso, dopo circa due anni di tentativi, il costo per cellula è sceso attorno ai 60 dollari. È sempre tanto, pensando ai trilioni di cellule cha popolano il nostro corpo, ma è già meglio del prezzo degli esordi. E può valerne la pena, se trovare una mutazione rara, in una popolazione di cellule, può permettere di capire che cosa sta succedendo in una malattia.
 
Continueremo a leggere il DNA in blocco o faremo più sequenze di singole cellule? È probabile che continueremo a mantenere una sequenza di riferimento per specie (il genoma umano, del topo, della banana ecc.), annotata con le molte variazioni possibili. Ma se vorremo avviarci sulla strada della medicina personalizzata, dovremo certamente sequenziare tante singole cellule, in tempi diversi, per individuare le mutazioni che possono insorgere fra una cellula e l’altra e fare la differenza fra una terapia che funziona e una che fallisce.
 
Ho trovato l’ispirazione per questo post nel bel reportage di Brian Owens, The single life, pubblicato su Nature il primo novembre 2012 e nell’intervista a Brian Owens da parte di Geoff Brumfiel, sempre pubblicata sul sito di Nature (minuto 12.35 del podcast). L’immagine di apertura e quella dello spermatozzo appartengono all’archivio Shutterstock; l’immagine della piastra viene da Wikipedia; lo schema del sequenziamento da molte cellule o da una sola cellula è tratta da Nature.

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