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Quanti astemi!

Gli individui che non bevono alcolici nel mondo sono circa uno su due. Ecco cosa la scienza medica ci dice oggi di una vita con o senza alcol

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Vi sfido a trovare un astemio piacevole tra i personaggi di un film o di un romanzo. Delle femmine poi è meglio non parlare: una donna che declina gli alcolici, che non sia anche una zitella inacidita, un’anziana bisbetica o una moralista fanatica, nella finzione probabilmente non si è mai vista.

Non che la nemesi, gli ubriaconi di fantasia, facciano sempre bella figura. Sono però un ingrediente perfetto di ogni narrazione: l’eloquio impastato è esilarante e la vita irregolare produce un mucchio di situazioni assurde. Le perdute inibizioni permettono agli autori di mettere loro in bocca cose indicibili per gli altri personaggi. Fanno ridere, ma fanno anche piangere, quando si mettono nei guai o vanno incontro a una brutta fine.

Eppure gli assai più noiosi astemi nella realtà sono davvero numerosi. Nel 2019 erano ben il 56% della popolazione mondiale dai 15 anni in su, il 65% delle femmine e il 48% dei maschi, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). La percentuale, piuttosto sorprendente, sembra essere relativamente stabile nel tempo.

Per capire di chi stiamo parlando, conviene partire dalle definizioni ufficiali. Per l’Oms tra gli astemi ci sono quelli a vita, ossia persone che non hanno mai consumato alcol lungo l’intera esistenza; e gli ex bevitori, ovvero coloro che avendo consumato alcolici in passato, non ne hanno più toccato neanche una goccia negli ultimi 12 mesi. Tutti gli altri sono considerati non astemi: anche chi, per dire, ha bevuto appena una lattina di birra o un bicchiere di vino nell’ultimo anno.

Per bevanda alcolica si intende qualunque alimento liquido che contenga etanolo, la sostanza chimica prodotta dalla fermentazione di zuccheri e amidi da parte di microrganismi come per esempio il lievito di birra. La quantità di alcol è misurata in unità alcoliche (UA), corrispondenti a 12 grammi di etanolo, ossia il contenuto approssimativo di una lattina di birra (330 ml), un bicchiere di vino (125 ml) o un bicchierino di liquore (40 ml), alle gradazioni tipiche di queste bevande.

L’associazione tra alcol, malattie e mortalità è complessa. Il consumo di alcol è responsabile, secondo l’Oms, di circa 2,6 milioni di decessi all’anno, corrispondenti al 4,7% di tutte le morti nel mondo. Curiosamente per chi beve alcolici sembra che vi sia un modesto effetto protettivo, in paragone agli astemi a vita, contro le cardiopatie, gli ictus ischemici e il diabete. Soltanto però per chi consuma bassi volumi di alcol e non lo fa mai in modo eccessivo. In compenso le bevande alcoliche sono un importante fattore di rischio sia cardiovascolare, sia tumorale, causano depressione e altri importanti problemi neurologici e psichici, e sono inoltre all’origine di innumerevoli incidenti e infortuni mortali. Per quanto riguarda il cancro, sappiamo che l’alcol aumenta l’incidenza di tumori della mammella, del colon-retto, della cavità orale, della faringe, della laringe, dell’esofago e del fegato (e probabilmente di stomaco, pancreas e prostata). Come per il tabacco, non esiste una soglia minima di alcol considerata sicura.

L’etanolo è la sostanza psicoattiva più utilizzata al mondo. Campagne di salute pubblica cercano di contrastarne i noti effetti tossici, insieme ai problemi sanitari e sociali che ne derivano. Si cerca di evitare che i ragazzi comincino a bere e che le persone che fanno un importante uso di alcolici riducano le quantità o smettano del tutto. Tuttavia l’ampia accettazione sociale di vino, birra e altri alcolici fa sì che i messaggi per un uso moderato non siano molto ascoltati.

Se decidete di smettere di bere, non aspettatevi grandi segnali di simpatia. La scrittrice inglese Clare Pooley ha dichiarato, a questo proposito, in un programma della BBC nel 2018:

Se smettete di fumare la gente vi tratta da eroi: vi danno un sacco di pacche sulle spalle e vi dicono che siete intelligenti e coraggiosi. Se evitate lo zucchero o il glutine o i latticini, potete fare dei post su Instagram e ottenere un sacco di ‘like’. Se smetteste di bere acqua, nessuno alzerebbe un sopracciglio. Ma se andate a una festa e dite che avete smesso di bere alcolici, prima di tutto vi guardano con orrore e poi vogliono sapere perché. Vogliono conoscere la storia cruenta e piena di emozioni che deve avere motivato la vostra scelta. Vogliono sapere se vi hanno fermato per guida in stato di ebbrezza o se avete avuto rapporti sessuali sconvenienti con persone sconvenienti. Vogliono sapere se siete svenuta, ubriaca, davanti ai vostri figli. L’alcol è l'unica droga per cui vi dovete giustificare se non ne fate uso.

In effetti vino, birra, grappini sono spesso considerati un lubrificante sociale, oltre che l’accompagnamento perfetto per pasti e cibarie varie. Almeno nelle società dove gli alcolici sono una tradizione comunemente accettata. In quantità moderate sciolgono conversazioni impacciate, disinibiscono e mettono a proprio agio le persone, contribuendo a un’atmosfera piacevole e allegra. E chi proprio non beve neanche un goccio sembra incarnare un rimprovero vivente ad abitudini millenarie e gioiose. Mettendo involontariamente a disagio chi si versa un bicchiere, gli astemi sono percepiti un po’ come dei guastafeste.

Dove si beve di più e di meno nel mondo? Sempre secondo i dati dell’Oms, il consumo è maggiore nelle regioni ad alto reddito dell’Australasia e dell’Europa, dove più di tre adulti su quattro consumano alcolici, mentre è più basso nei Paesi a maggioranza musulmana che si estendono dal Nord Africa al Medio Oriente, fino al Pakistan e all’Indonesia. A fare la differenza sembrano essere fattori culturali, soprattutto religiosi.

E in Italia? Nel biennio 2022-23 meno della metà degli adulti (42%) di età compresa tra i 18 e i 69 anni ha dichiarato di non consumare bevande alcoliche, mentre una persona su sei (18%) ha detto di farne un consumo a maggior rischio per la salute, sia per le quantità sia per le modalità di assunzione, secondo i dati della sorveglianza Passi dell’Istituto superiore di sanità. Preoccupa parecchio gli esperti il consumo di questo tipo fra i giovani e in particolar modo fra i giovanissimi: fra i 18 e i 24 anni la quota sfiora il 36%.

Il consumo di alcol a maggior rischio è più diffuso nel Nord Italia, con una tendenza all’aumento, in particolare in Valle d’Aosta, nella provincia autonoma di Bolzano, quindi in quella di Trento, nel Veneto e in Friuli Venezia Giulia. Tra le regioni del Sud, il Molise ha la percentuale di consumatori di alcol a maggior rischio più alta della media nazionale, sempre secondo i dati della sorveglianza Passi.

Quando l’astinenza è la norma, come nei Paesi musulmani, potrebbe valere il pregiudizio opposto rispetto ai Paesi in cui l’alcol è ampiamente accettato. Le persone potrebbero non ammettere facilmente di farne uso e per questo è probabile che vi sia una sottostima del numero di bevitori.

Gran parte dei dati sul consumo vengono da indagini effettuate con questionari, basati su autodichiarazioni delle persone. Il metodo è notoriamente poco attendibile, perché la gente tende a non ricordare precisamente e a non dire sempre la verità. Ciò risulta anche da una cospicua discrepanza tra le cifre di consumo, stimate su tali sondaggi, e la reale offerta di alcolici in commercio, più alta di circa il 40-60%.

Tra le persone che non bevono, ce ne sono parecchie a cui il sapore dell’alcol semplicemente non piace. Io – confesso – sono fra queste, insieme a un numero significativo di parenti piuttosto stretti (almeno due zii, una nonna, più di un cugino). Dato che non siamo una famiglia moralista né particolarmente religiosa, mi ha sempre colpito l’alto numero di astemi. Una possibile spiegazione potrebbe essere una variante genica individuata da David Mangelsdorf, ricercatore del Southwestern Medical Center presso l’Università del Texas. I risultati sono stati pubblicati nel 2016 sulla rivista PNAS.

Il gene beta-Klotho sembra agire come un freno sul consumo di alcol. In un’indagine di popolazione su oltre 100.000 persone di origine europea, i ricercatori hanno osservato che le persone con una particolare versione di beta-Klotho riferivano di bere meno, in media, rispetto alle persone con altre varianti dello stesso gene. Topi geneticamente modificati, in modo da non avere del tutto questo gene, paiono gradire molto di più gli alcolici e bere maggiori quantità rispetto a topi che lo posseggono. Se i risultati saranno confermati in studi più ampi, il prodotto proteico della variante “pro astemia” di beta-Klotho potrebbe essere utilizzato in terapie utili a curare gli eccessi di alcol o l’alcolismo, inibendo il desiderio per queste bevande.

L’aspirante astemio più simpatico della letteratura? Senza dubbio la spugna Visko, inventata da Alessandro Boffa in Sei una bestia, Viskovitz (Quodlibet, 2021).
«Papà, voglio smettere di bere.»
«Non dire sciocchezze, Visko, sei una spugna.»
«Che significa! Che dovrei stare tutta la vita appeso a questo scoglio a filtrare e vorticare acqua, come un vegetale?»
«Tu sei un vegetale, Visko, o comunque uno zoofita. Che discorsi...»

Per approfondire ecco le pagine web dedicate a prevenzione ed effetti dell’uso/abuso di alcol di alcuni istituti di ricerca e istituzioni internazionali che si occupano di salute:
- CDC
- Cancer Research UK
- National Cancer Institute-1
National Cancer Institute-2
- National Cancer Institute-3
- WHO-1
- WHO-2

Immagine di apertura: Carl Heinrich Bloch, In un'osteria romana (1866, Wikipedia, Statens Museum for Kunst, Danimarca)

Share_of_population_who_never_drink_alcohol,_OWID.svg.png
Percentuale della popolazione mondiale che non beve mai alcolici (Wikipedia, Oms, 2010)
Ethanol-3D-balls.png
Una molecola di etanolo, CH3-CH2-OH (Wikipedia)
Alcohol_diagram.png
Gli effetti dell’alcol sull’organismo femminile (Wikipedia, US Office on Women’s Health)