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Quanto deve pensare un atleta?

Per diventare un grande atleta servono talento, esercizio, sudore e rispetto delle regole. Ma serve anche distacco, capacità di dominare tutto questo in modo automatico e quasi incosciente, liberandosi dell'autocontrollo, come racconta Giovanni Boniolo nel suo libro Le regole e il sudore.
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«Camminare è cadere a ogni passo e tirarsi su», sembrano dire Manoj Srinivasan e Yang Wang, due ricercatori che studiano i nostri passi millimetro per millimetro presso il Movement Lab alla Ohio State University. Camminare su due zampe è una ricetta per l’instabilità. L’evoluzione l’ha selezionata qualche volta per i suoi vantaggi: mani libere di fare cose diverse dallo spostarsi, testa in alto, campo visivo più ampio, accesso a fonti di cibo più elevate. Ma passare da un piede all’altro mantenendo equilibrio e fluidità richiede continue, piccole correzioni per non cadere. Quando la metà superiore del corpo comincia a puntare a sinistra, impostiamo il nostro prossimo passo un po’ più a sinistra ancora, per spingerci indietro. Quando vacilliamo a destra, facciamo un passo più ampio in quella direzione. A metà strada fra un passo e l’altro il bacino, e non il piede, sa dove cadrà il piede stesso pochi secondi più tardi. Tutto questo avviene in automatico, senza che ne dobbiamo avere alcuna coscienza, per fortuna. Sì, perché non c’è niente di peggio che guidare i nostri passi come se stessimo seguendo un manuale di istruzioni. È la ricetta per sbagliare, cadere, farsi del male. Un ex atleta conferma. Giovanni Boniolo, nel suo piccolo libro epistolare, Le regole e il sudore (Raffaello Cortina 2013), dedica forse il capitolo più bello a quei rari attimi in cui i movimenti appresi con migliaia di ore di allenamento e sudore diventano finalmente perfetti. Fluidi e automatici come il camminare o condurre un auto: azioni per cui è meglio lasciarsi guidare dagli automatismi piuttosto che pensare alla teoria.

Gli esempio di Boniolo sono belli e colti. Sono automatici i movimenti dei braccianti di Levin, il proprietario terriero che in Anna Karenina vuole provare l’ebbrezza della falciatura. Ma a lui mancano la tecnica e le migliaia di ore di esercizio, come ci fa capire Tolstoj. Però Levin è tenace e si applica: imitando e seguendo i consigli dei suoi migliori braccianti ripete l’atto del falciare finché arriva a farlo senza auto-controllo e senza pensarci. Come un bambino che comincia a camminare, migliaia di tentativi e di errori sono necessari prima di arrivare a un movimento fluido e non più incerto. Intendiamoci, la tecnica conta come contano pure il talento e le regole, oltre alle infinite ore di sudore. Ma non bastano, altrimenti accade come a un famoso professore tedesco che vorrebbe arrivare alla perfezione nel tiro con l’arco senza mai mollare l’attenzione dalla teoria. Per arrivare al massimo della prestazione, alla cosiddetta peak experience, bisogna staccare il neurone dall’auto-controllo (e mi viene da pensare che in tante altre cose, dalla scrittura alla chirurgia, la faccenda sia simile, tutto sommato). Il libro di Boniolo parla anche di regole. Anzi, inizia dalle regole. Quelle regole condivise da una comunità di sportivi che vanno rispettate non perché siano di per sé giuste o sensate, ma perché sono alla base di una convivenza civile. Ogni regola ha qualcosa di logico e di illogico, quando uno le analizza nei dettagli. Ma nell’insieme le regole sono al cuore di un patto di correttezza e lealtà che un gruppo di persone si è dato. Un patto che si rinnova all’inizio di ogni gara, quando ci si stringe la mano. Intendiamoci, le regole non sono fisse, si possono cambiare. Basta che siamo tutti d’accordo. E non devono essere viste come una camicia di forza. Rappresentano piuttosto i limiti, temporanei e ampi, del campo in cui ci può essere libertà, fantasia, azione, innovazione e vittoria. Giovanni Boniolo ha lasciato il suo passato di atleta ai ricordi di gioventù, anche se continua a praticare sport e a farsi domande sullo sport, suo e dei figli ai quali ha dedicato il suo libro. Con due lauree in tasca, fisica e filosofia, oggi insegna filosofia della scienza all’Università Statale di Milano e si occupa delle conseguenze etiche della ricerca biomedica. Capirsi sulle regole sembra facile, ma non lo è. Ieri mi è capitata sotto gli occhi una frase che mi ha colpito, di Luigi Meneghello nel suo I piccoli maestri (Rizzoli 1976). Siamo sopra Asiago in piena guerra partigiana, nel 1944. Da giovane studente universitario, Luigi Meneghello si chiede quali regole, quale “ethos” condividano le persone che si trovano lassù. Contadini, studenti, sbandati, persone comuni, di ogni origine e ceto sociale, confluiti sull’Altipiano per combattere gli orrori dell’ultima coda del fascismo.

«Volevo anche informarmi un po' sul loro ethos, - scrive Meneghello – ma naturalmente c'è lo svantaggio che in dialetto un termine così è sconosciuto. Non si può domandare: "Ciò, che ethos gavìo vialtri?". Non è che manchi una parola per caso, per una svista dei nostri progenitori che hanno fabbricato il dialetto. Tu puoi voltarlo e girarlo, quel concetto lì, volendolo dire in dialetto, non troverai mai un modo di dirlo che non significhi qualcosa del tutto diverso; anzi mi viene in mente che la deficienza non sta nel dialetto ma proprio nell'ethos, che è una gran bella parola per fare dei discorsi profondi, ma cosa voglia dire di preciso non si sa, e forse la sua funzione è proprio questa, di non dir niente, ma in modo profondo». Si può parlare di regole e di etica in modo che capiamo tutti la stessa cosa, perfino in dialetto, e che quella cosa siamo poi capaci di metterla in pratica e rispettarla? Per scrivere questo post ho letto Walking Really Is Just Falling and Catching Yourself di Elizabeth Preston, pubblicato sul sito di Discover Magazine il 26 settembre 2014. L’articolo scientifico sulle continue correzioni della camminata è questo: Wang, Y., & Srinivasan, M. (2014). Stepping in the direction of the fall: the next foot placement can be predicted from current upper body state in steady-state walking Biology Letters, 10 (9), 20140405-20140405 DOI: 10.1098/rsbl.2014.0405. Consiglio la lettura del libro di Giovanni Boniolo, Le regole e il sudore (Raffaello Cortina 2013). Fra l’altro il libro ha vinto il premio del 48° concorso letterario del CONI, insieme a Sportivi ad alta tecnologia di Nunzio Lanotte e Sophie Lem (Chiavi di lettura Zanichelli 2013). Se non lo avete ancora letto, I piccoli maestri di Luigi Meneghello (Rizzoli 1976) è un capolavoro poetico di anti-retorica sulla Resistenza.
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