Finisce una storia d’amore e i ricordi bruciano. Un tempo bastava svuotare un cassetto per fare piazza pulita di ricordi ingombranti. Oggi, fra sms, email, video, facebook (la lista è lunga...), disinstallare un amore è un lavoro da specialisti (parole di Riccardo Staglianò, giornalista di Repubblica).
E se le tracce le distruggessimo alla radice, nella memoria cerebrale?Su questo tema Hollywood ha già prodotto un film, “Se mi lasci ti cancello”:
Fantascienza? Forse non troppo. Avevo accennato in un post agli studi di Cristina Alberini, neurobiologa italiana trapiantata a New York, che nel suo laboratorio alla Mount Sinai School of Medicine cerca terapie per chi soffre di memorie post-traumatiche, come i veterani di guerra, che sono dominati da ricordi invadenti e pervasivi. Ci torno sopra perché merita un approfondimento (e perché nel frattempo lei ha vinto il premio Golgi edizione 2009).
L’idea alla base di questi studi è semplice. Gran parte di ciò che osserviamo, vediamo, leggiamo si ferma solo brevemente nella nostra memoria (una fortuna, altrimenti il cervello potrebbe esplodere). Soltanto le esperienze che sono associate a un’emozione, una passione, un interesse, a qualcosa che cattura almeno per un po’ la nostra attenzione diventano solide e sono ritenute nel tempo.
Come si fissa un ricordo? Dev’essere codificato dalla formazione di connessioni fra neuroni, un processo che richiede l’espressione di diversi geni. Nel corso di questo processo, che gli scienziati chiamano consolidamento, la memoria è fragile. Come pure è labile il processo di riconsolidamento in cui un ricordo archiviato da tempo riaffiora. Ricordate la canzone di Battisti? Nel momento in cui qualcuno o qualcosa ci ritorna in mente, il ricordo può modificarsi: rafforzarsi, indebolirsi, cambiare.
Ora il laboratorio di Cristina Alberini studia gli eventi molecolari che guidano il consolidamento e il riconsolidamento dei ricordi, con l’idea di riuscire a ridurre l’intensità dei ricordi più sgradevoli e insistenti, sfruttando la fragilità molecolare del ricordo nel momento in cui riaffiora.
Anche le memorie indotte dall’uso di droghe sono un obiettivo di questi studi. Sembra infatti che uno dei meccanismi con cui queste sostanze possano creare dipendenza sia attraverso la formazione di memorie particolarmente profonde e durature di esperienze fuori dall’ordinario. Indebolire queste memorie potrebbe ridurre il desiderio a ripetere l’esperienza e quindi la dipendenza.
Ma è facile immaginare anche altre applicazioni per questi studi, come il rafforzamento dei ricordi per chi impara e per chi studia o per le persone anziane che hanno difficoltà a ricordare.