La bici è il mio mezzo di trasporto preferito. Ci vado tutto l’anno e ogni giorno se non diluvia. E non la uso solo perché non inquina, è ecologica, è silenziosa, fa bene. Vado in bici perché pedalare mi mette di ottimo umore. Per il resto non sono una grande sportiva: al di là di un po' di ginnastica, faccio soltanto del ciclismo urbano.
Le persone si muovono se si divertono. A Stoccolma hanno fatto un esperimento: in una stazione della metropolitana hanno installato una specie di scala musicale accanto alle scale mobili e poi sono stati a guardare. Alla fine dell’esperimento la scala-pianoforte è stata scelta il 66% di volte in più, rispetto alla scala mobile, di quando era una scala normale, non musicale.
Voi usate l’ascensore? Nel mio ufficio sembra un obbligo anche per un solo piano di scale. Quattro ascensori lustri lustri invitano a una comoda ascesa verso l’alto, mentre le scale sono nascoste, un po’ buie e il percorso per arrivarci è tortuoso. Poi per un po' si potevano usare solo in discesa (la porta di servizio si apriva soltanto dall’interno), mentre adesso anche la salita è fattibile.
La gente sceglie l’opzione meno ovvia se è pratica, veloce, invitante. Ma i vantaggi si possono creare, progettando gli edifici in modo che le scale siano un’opzione attraente almeno per chi è in grado di usarle. Scelte della vita quotidiana come queste non vanno sottovalutate perché possono fare una differenza sostanziale per la salute.
Mentre leggete queste cinque parole, almeno due persone sono morte di una malattia cardiovascolare nel mondo, una ogni due secondi, 33 al minuto. E per una che muore, ce ne sono molte altre che sopravvivono in condizioni precarie, con bisogni di cura e assistenza pesanti e costose.
Queste statistiche da mal di cuore mettono in ginocchio ogni sistema sanitario nazionale, con costi esorbitanti che nell’80% dei casi si potrebbero evitare con pochissima prevenzione. Basta sottrarsi ai soliti noti, l’alta pressione, l’eccesso di colesterolo, una dieta sbilanciata con troppo sale, zuccheri e grassi, fumo, alcol e poco movimento.
Mezz’ora al giorno è più che sufficiente per quanto riguarda il moto. Se uno va in giro in bici anche solo in città, è bella e fatta. Ma tanti hanno paura del traffico e dello smog, tanti abitano fuori, e come fanno a lasciare la macchina? Difficile non vedere la ragione di ognuno.
Sappiamo ben di più sui benefici dell’attività fisica sulla salute, che sugli effetti, incoraggianti o scoraggianti, del nostro habitat sull’attività fisica. Il modo in cui gli edifici, i quartieri, le città sono progettati (o non progettati) può avere un impatto notevolissimo sulla salute cardiovascolare. Nel numero di Lancet di dicembre 2012, dedicato a quanto pesano globalmente le malattie, Stephen Lim e colleghi hanno dimostrato che l’inattività conta per circa un terzo degli anni di disabilità vissute da persone colpite da ischemia.
Un’altra tattica per migliorare la salute cardiovascolare è incoraggiare i pendolari a usare i mezzi pubblici, che fanno camminare e andare in bicicletta più della macchina. Ma prendete una persona che abita fuori da una grande città. Se il trasporto pubblico non è vicino, comodo, accogliente; se per salire sul treno bisogna fare pugni con i compagni di viaggio; se le carrozze sono luride e fredde; se la puntualità è un optional… Anche l’individuo più motivato, prima o poi cede all’auto e smette di muoversi. Ma il prezzo da pagare in salute potrebbe essere più alto dei disagi.
L’anno scorso a gennaio mi hanno rubato la bici. Ho scacciato rabbia e frustrazione comprandomene subito una nuova, rossa fiammante. Poi un po’ per scherzo ho cominciato a tenere una statistica dei miei spostamenti su due ruote. Volevo vedere se la bici sarebbe durata a sufficienza per “ripagarmi” il costo, rispetto al prezzo dei biglietti del bus. Fino al furto successivo, naturalmente.
La bici c’è ancora. Sono andata “in pari” il 20 settembre, dopo 106 giorni non consecutivi vissuti sulle due ruote. Adesso viaggio gratis o, per meglio dire, accumulo credito in caso di futura rapina, e continuo a tenere i miei conti. In 378 percorsi urbani ho macinato finora 897 km, 2,3 km circa a percorso, pedalando in media per due percorsi al giorno.
Mi sono anche abbonata a BikeMI, il sistema di bici pubbliche, e da quando il servizio è arrivato vicino a casa uso le due ruote ancora di più, in modi per cui la bici personale è un limite. Come andare in stazione (lasciare il “cavallo” per giorni e notti davanti alla stazione non è un’opzione); la sera a teatro (in bici all’andata, al ritorno, se è tardi, in taxi); per pezzi di percorsi molto lunghi (un pezzo in bici, il resto in metrò); quando il mattino è asciutto e la sera piove o viceversa (un tratto con BikeMI, l’altro in bus). E con la bike in affitto evito pure la scocciatura di legare la bici.
Le bici pubbliche sono un ottimo esempio di servizio utile, a buon mercato, divertente, ed è probabilmente per questo che hanno successo. Ne avrebbero ancora di più se i percorsi – per ciclisti e pedoni – diventassero più sicuri.
“Il costo a lungo termine degli stili di vita sedentari si misurerà in miliardi di dollari”, ha dichiarato Bengt Keyser, Direttore dell’Istituto della Scienza del Movimento e della Medicina dello Sport dell’Università di Ginevra in Svizzera, in un’intervista a Nature.
La gente, soprattutto adulta, tende a mantenere le proprie abitudini. Cambiare è difficile non per pigrizia, ma per inesperienza. Imparare a usare qualunque mezzo di locomozione che richieda un coordinamento fra il cervello e i muscoli prende tempo. E l'esperienza si vede e si misura: ci sono esperimenti in cui degli scienziati hanno guardato l'area cerebrale che si attiva per esempio in ciclisti più esperti rispetto ai neofiti, come potete vedere in questo video girato in all'Università di Cape Town in Sudafrica:
Imparare ad andare in bici in città, sviluppare i giusti riflessi, sentirsi a proprio agio nel traffico richiede del tempo. Io vado in bici da sola da quando avevo undici o dodici anni e prima con mio papà, fin da quando ero piccolissima. Capisco che per chi non ha maturato una lunga familiarità con le pedalate in città, il pavé e gli altri pericoli della strada siano fonte di ansia, di stress, in una parola un disincentivo. Oggi pochi ragazzini vanno in bici perché i genitori considerano il traffico un grande pericolo, e come dar loro torto? Se però non si impara da giovani, dopo è più difficile prendere un'abitudine quotidiana come questa.
Non è però necessario andare in bici per tenere il cuore in salute, l’importante è trovare il modo di muoversi tutti i giorni all’interno delle proprie attività regolari. Il mio capo è una signora brillante e molto in gamba per la sua età. Quando abbiamo cambiato ufficio le hanno offerto di venire al lavoro in taxi, perché la distanza da casa era aumentata (vive appena fuori Milano). Lei ha rifiutato categoricamente e credo che abbia fatto bene. Venire tutti i giorni in autobus significa per lei camminare da casa alla fermata e poi dalla fermata all’ufficio e viceversa: una garanzia di movimento, necessaria a tenersi in forma.
Anche in ufficio ci si può muovere ogni tanto. Alzarsi per parlare con un collega, anziché attaccarsi al telefono; staccare gli occhi dal computer e sgranchirsi le gambe (non per andare a fumare!); fare due passi prima e dopo pranzo, sono tutti modi per evitare di accumulare troppe ore di fila fermi davanti al computer (magari sgranocchiando snack).
“Se la gente camminasse solo per mezz’ora al giorno, i benefici per la loro salute e per l’economia nazionale sarebbero straordinari”, ha detto ancora Keyser. Potremmo riipagarci il debito senza accorgercene, in risparmi di salute pubblica? Pensate come sarebbe bello.
Perciò riflettete, cari architetti: nel prossimo edificio, quartiere, città che progettate, disegnate scale splendide e in bella vista, e percorsi piacevoli, sicuri, illuminati per pedoni e ciclisti, ché magari qualcuno vi verrà a chiedere il rapporto di impatto sulla salute.
Pensate anche voi, cari amministratori, quanti soldi potremmo risparmiare in salute pubblica con un po’ di piste ciclabili in più e un ambiente che faccia venire voglia di muoversi (e per fare piste ciclabili non c’è bisogno di doppi sensi e segnaletiche da Formula uno: basta dipingere tante pragmatiche righe per terra).
Riflettete pure voi, cari concittadini, prima di lasciare la città per una casetta fuori porta. Quella casina col giardino potrebbe costare cara al vostro cuore (oltre al vostro portafoglio, in benzina) se vi incollerà al sedile della macchina e vi impedirà di camminare e pedalare a vita perché tutto è troppo lontano.
Piove da cinque giorni e sono in astinenza da bici. Sono convinta che il piacere di pedalare è un’addiction, ma almeno non fa male.
Ho tratto molte informazioni per questo post da Public planning: Designs fit for purpose di Duncan Graham-Rowe, Nature, January 31 2013, da riflessioni personali dopo decine di migliaia di chilometri di ciclismo urbano e da scambi con i miei colleghi. La foto di apertura è tratta da Bycicle Tipogram di Aaron Kuehn, mentre la foto di BikeMI proviene dal sito di ATM.