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Geni e ribelli

Alfred Wallace e l'evoluzione dei viventi per selezione naturale

Durante il suo lungo viaggio nelle Indie Orientali Wallace arriva alle stesse conclusioni di Charles Darwin: è la selezione naturale il motoro dell'evoluzione. Storia dell'esploratore e naturalista che non voleva oscurare il primato del suo modello di ispirazione
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«Non ho mai visto una coincidenza più sorprendente: se Wallace avesse avuto la mia bozza scritta nel 1842 non avrebbe potuto farne un riassunto migliore!». A scrivere queste parole è Charles Darwin in una lettera datata 18 giugno 1858 indirizzata a Charles Lyell (1797-1875), il principale fondatore della geologia moderna e corrispondente abituale del padre della teoria dell’evoluzione. A farglielo esclamare è l’arrivo a Down House, la casa dove ha lavorato per quasi tutta la vita, di un’altra lettera speditagli dalle Indie Occidentali, per la precisione da Ternate, una delle mitiche “isole delle spezie”, gli unici luoghi al mondo dove fino al Cinquecento si produceva la noce moscata. Da quando è partito quattro anni prima, non è la prima volta che Alfred Wallace gli scrive. Si sono spesso scambiati lettere: l’uno raccontava degli esemplari raccolti durante il viaggio, l’altro aiutava a collocarli nella tassonomia o dava suggerimenti. Ma allegato alla lettera dell’estate del 1858 c’è anche un breve trattato, un articolo scientifico diremmo oggi, intitolato On the Tendency of Varieties to Depart Indefinitely From the Original Type (Sulla tendenza delle varietà ad allontanarsi indefinitamente dal tipo originario) la cui idea, a sentire lo stesso autore, gli è venuta come un’epifania mentre è costretto a fermarsi a causa della malaria: il motore dell’evoluzione, argomento principale di tutte le loro discussioni, deve essere la selezione naturale. È la stessa conclusione a cui è arrivato il più anziano Charles Darwin, ed è un’idea su cui sta lavorando da vent’anni; da quando, cioè, è tornato dal suo viaggio intorno al mondo a raccogliere esemplari e a compiere osservazioni. Ora che anche Alfred Wallace è arrivato alla stessa conclusione è l’ora di uscire allo scoperto. Nel 1859, infatti, uscirà L’origine delle specie e il mondo della filosofia naturale non sarà mai più lo stesso.  

Chi è Wallace?

Alfred Russel Wallace nasce in Galles, a Usk, l’8 gennaio del 1823. La sua è una famiglia umile e lui, ottavo di nove fratelli, non può permettersi di studiare. Legge, però, tutto quello che può, soprattutto sulla filosofia naturale. È un grande ammiratore di Charles Darwin, già famoso per i suoi resoconti di viaggio a bordo del Beagle, e ha una grandissima passione per le osservazioni sul campo. L’incontro decisivo è del 1844, quando viene assunto come insegnante a Leicester, in Inghilterra, la città di un grande scienziato come Henry Bates, che diverrà famoso per i suoi studi sul mimetismo. E Bates è la miccia che fa iniziare a Wallace la collezione di api che arriverà a superare gli 80 mila esemplari.
Ritratto di Alfred Russel Wallace ca 1895
Nel 1848 i due partono per una spedizione scientifica che risale il Rio della Amazzoni, con lo scopo preciso di osservare la più grande varietà possibile di specie, raccogliere esemplari (che, venduti, servono anche a finanziare il viaggio) e scoprire l’origine delle specie stesse. Purtroppo, durante il viaggio di ritorno la nave prende fuoco: il personale e i passeggeri vengono tratti in salvo, ma non le collezioni dei due naturalisti e i loro appunti sul campo. La spedizione, però, serve a dare a Wallace la prima vera credibilità scientifica, sufficiente a permettergli di raccogliere abbastanza denaro da partire nuovamente, questa volta verso le Indie Occidentali. Il viaggio, iniziato nel 1854 durerà più di otto anni, ma permetterà a Wallace di raccogliere oltre 126 mila specimen, di cui 5 mila appartenenti a specie mai viste prima in Europa.  

Perché non è famoso come Darwin?

La lettera del 1858 e il saggio allegato avrebbero potuto allarmare chi, come Darwin, stava lavorando alle stesse idee da molti anni. È lo stesso padre dell’evoluzionismo, come si è detto, che riconosce al collega di essere arrivato alle stesse conclusioni, ovvero che la selezione naturale deve essere il meccanismo alla base dell’evoluzione dei viventi. Wallace osserva che all’interno degli strati geologici c’è una distribuzione ben precisa dei fossili: specie simili si trovano negli stessi strati. Quindi, il passaggio da una specie a un’altra deve essere stato graduale. Lo stesso si può dire per la distribuzione geografica delle specie. Il gallese fonde le due osservazioni nella seguente legge generale: «Ogni specie ha iniziato la sua esistenza in coincidenza sia spaziale che temporale con una specie preesistente ad essa strettamente affine». Ma al mutare dell’ambiente, solo gli esemplari che erano più adatti alla sopravvivenza sarebbero sopravvissuti.
Fotografia del 1859 di un casa nativa a Wokan, nelle Aru Islands, dove Wallace visse per qualche settimana durante il suo viaggio nell'arcipelago malese (Immagine: Wellcome Collection Library CC BY 4.0)
Darwin riconosce l’accuratezza delle conclusioni di Wallace, ma è preoccupato di veder compromesso il proprio lavoro ventennale, superato sul finale dal più giovane collega. A risolvere la situazione intervengono due fattori. Il primo è una proposta dello stesso Charles Lyell, il quale suggerisce che il saggio di Wallace e alcuni estratti del lavoro di Darwin vengano letti contemporaneamente alla Società Linneiana di Londra - cosa che avviene il primo luglio del 1858. Il secondo fattore è il carattere di Wallace stesso. Sebbene in vita sia stato anche più famoso di Darwin, raccogliendo onori ufficiali e diventando un vivace commentatore politico, Wallace ha sempre attribuito solamente a Darwin la paternità dell’evoluzione. Al punto che lo stesso Darwin gli rimprovera di essere autolesionista: «Lei è l’unico uomo che abbia mai conosciuto che persistentemente fa un’ingiustizia a se stesso e non domanda mai giustizia» (dalla lettera del 14 luglio del 1869). Certo, i due hanno idee contrastanti su alcuni punti, come per esempio sul primato della posizione eretta rispetto all’uso degli utensili in Homo sapiens, ma i concetti di base sono sostanzialmente gli stessi. Dal punto di vista storico, c’è un terzo fattore che deve essere considerato. Se fino alla morte, avvenuta nel 1917, Wallace continua a perorare la causa di Darwin (che scompare nel 1882), nella comunità scientifica c’è una specie di oblio attorno alla teoria dell’evoluzione. Ci sono state alcune resistenze, alcune cattive interpretazioni e ci si è messa di mezzo anche la crisi dell’Europa che porta alla Prima Guerra mondiale. È solo dagli anni Trenta del Novecento che si assiste a una ripresa di interesse per la teoria dell’evoluzione, e a quel punto la fama di Wallace era scemata, mentre rimaneva come pietra miliare L’origine delle specie, con il suo argomentare preciso e raffinato.  

L’eredità di Wallace

Oggi c’è un recupero di Alfred Wallace e del suo pensiero nel campo dell’evoluzione dei viventi, con gli storici della scienza che gli attribuiscono il giusto peso. Non è però così nell’ambito più popolare, dove invece Darwin rimane un’icona, come quella di Albert Einstein e pochi altri. Ma il nome di Wallace è legato a una sua scoperta originale, avvenuta proprio durante il celebre viaggio nelle Indie Orientali. Spostandosi di isola in isola nell’arcipelago malese, Wallace aveva notato una particolare distribuzione delle specie. Esisteva una netta demarcazione tra la presenza di specie “asiatiche”, che non si trovavano a est di una certa longitudine, e specie “australi” (soprattutto i marsupiali, endemici del subcontinente australiano) che, viceversa, non si trovano a ovest di un dato punto.
Mappa dell'arcipelago malese curata dallo stesso Wallace con in evidenza la "linea di Wallace" in una traduzione tedesca del 1870-71.
Ne esce una sorta di linea di demarcazione di due “mondi” molto diversi tra loro dal punto di vista della fauna che oggi si chiama appunto Linea di Wallace. Lo stesso scopritore nota come questa distribuzione valga anche per quasi tutte le specie che possono volare, anche dove la distanza tra le terre emerse di qua e di là della linea sia minima, come nel caso dei soli 35 kilometri che separano nell’attuale Indonesia l’isola di Bali dall’isola di Lombok. Oggi sappiamo che la causa di questa distribuzione particolare è da ricercarsi nella deriva dei continenti ipotizzata da Alfred Wegener all’inizio del Novecento e confermata nel Secondo Dopoguerra da Marie Tharp, l’oceanografa americana che ha scoperto l’esistenza della dorsale atlantica, prima prova diretta dello spostamento delle placche continentali. Ma le osservazioni di Wallace sulla “sua” linea ne fanno uno dei padri nobili della biogeografia.  
Per approfondire Il trattato che Wallace spedì a Darwin è facilmente reperibile in rete (in inglese), per esempio qui. In occasione del centesimo anniversario della sua scomparsa, tutte le lettere di Wallace sono state messe a disposizione gratuitamente online dal Natural History Museum grazie al progetto Wallace Letters Online. Su Alfred Wallace si può vedere online un filmato realizzato da Rai Scuola: Alfred Russel Wallace e la teoria evoluzionista Su Alfred Wegener e la deriva dei continenti puoi leggere l'articolo dell'Aula di Scienza a lui dedicato: Alfred Wegener, il meteorologo che scoprì la deriva dei continenti  
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